“Nessun impero violento durò a lungo: solo quello che è moderato resiste al tempo”. Così ammoniva Lucio Anneo Seneca. E in effetti l’impero del moderato, di democristianissima scuola, Vito Riggio, per durare è durato. Tantissimo. Prima o poi doveva pur accadere che terminasse. E ormai quasi ci siamo. Il siciliano presidente dell’Enac è in scadenza, lascerà a ottobre, dopo quindici, dicansi quindici anni al vertice dell’Ente nazionale dell’aviazione civile.
Di boiardi talmente longevi su una poltrona strategica non se ne contano tanti. Ma Riggio, già cislino, già democristiano di sinistra, già professore universitario di diritto amministrativo, già pattista con Mariotto Segni, già sottosegretario con Ciampi, già consigliere Cnel, ha resistito strenuamente dai tempi in cui Lunardi lo scelse come commissario dell’Enac. Erano i giorni in cui Michael Jordan si ritirava dal basket e Arafat passava il testimone ad Abu Mazen. L’ex ragazzo del Garibaldi era allora a metà dei suoi 50.
Oggi, a 71 anni, si avvia a godersi il meritato riposo. Ma non senza qualche bordatina delle sue, di quelle che in questi anni ha dispensato a destra e manca con il suo bell’eloquio che stregava l’uditorio ai tempi dei comizi sindacali. Moderato sì, ma con juicio, Vito da Barrafranca. Che ha punzecchiato negli anni lunghe schiere di bersagli, si ricordano certi screzi al vetriolo con le compagnie low cost o con l’ex amico e compagno d’avventura politica Leoluca Orlando. Pungente fino alla fine Riggio. Il Fatto quotidiano riporta qualche sua dichiarazione, ammonizioni al ministro Toninelli: “Ha annunciato alcune revisioni. Io gli ho detto che revisioni senza l’Enac non ne può fare”. Perché, dice Riggio, non si deve “tornare indietro” rispetto al lavoro fatto. “Oppure si cambiano le leggi”, spiega con piglio professorale. Toninelli prenderà appunti?