E’ stata una domenica nera per tutti, anche per i detenuti (e gli agenti della Penitenziaria) di mezza Italia. Prima Salermo, poi Modena, Napoli, Pavia e Frosinone, ma anche Vercelli, Alessandria, Foggia. E infine il “Pagliarelli” di Palermo. L’onda lunga del Coronavirus arriva nelle carceri e si trasforma in rivolta.

Il fatto più grave è accaduto a Modena, dove tre detenuti sono morti in circostanze da chiarire. In tarda mattinata alcuni di loro avevano preso in ostaggio una dottoressa e un paio di agenti (poi rilasciati), bruciato materassi e uffici, distrutto mobili, fino a impossessarsi dell’intera struttura. Due agenti sono rimasti lievemente feriti nelle fasi più concitate, prima che il personale del carcere – una ventina tra poliziotti e sanitari – fosse fatto uscire. Solo l’intervento massiccio di polizia e carabinieri, e lunghe fasi di trattativa, hanno impedito un’evasione di massa che stava per materializzarsi intorno alle 14, quando a dividere i detenuti dalla fuga era rimasto soltanto il portone d’ingresso.

In serata i reparti speciali si sono ripresi il penitenziario. Hanno trovato l’infermeria devastata, l’ufficio matricole distrutto e sangue sparso in molti ambienti. Pare che i tre morti siano stati provocati da un mix di farmaci ingeriti, ma non è escluso un regolamento di conti. Secondo fonti della Questura modenese, confermate dal sindacato della polizia penitenziaria (Sappe), ci sarebbero però altri tre morti: tutti nelle strutture dove i detenuti di Modena, a causa della devastazione, erano stati trasferiti.

La sospensione dei colloqui, prevista dalle misure anti-Coronavirus, è stata alla base della protesta nel carcere napoletano di Poggioreale, dove alcuni detenuti sarebbero saliti sui muri del cosiddetto ‘passeggio’, nella zona interna del penitenziario. Mentre altri hanno cominciato a sbattere le stoviglie sulle grate, urlando “rivolta”. Parallelamente, al di fuori del carcere, c’è stata la protesta dei parenti dei carcerati. Indulto, amnistia o arresti domiciliari ciò che hanno chiesto per i loro familiari reclusi, bloccando anche il passaggio dei tram. Anche a San Vittore, a Milano, alcuni detenuti sono saliti sui tetti. Mentre a Pavia due agenti sono stati presi in ostaggio e picchiati violentemente. A Foggia, secondo una prima stima, una ventina di detenuti sarebbe evasa dal carcere nel corso della rivolta di lunedì mattina. Nel corso della protesta, circa cinquanta detenuti sono riusciti a scappare, ma una trentina di loro è stata bloccata nelle immediate vicinanze dalle forze di polizia. I commercianti che si trovano nelle vicinanze della casa circondariale sono stati invitati a chiudere i locali.

Anche a Palermo, al “Pagliarelli”, la protesta si è sviluppata all’interno del carcere, dove i detenuti hanno bruciato lenzuola, cuscini e carta, iniziando a battere contro le sbarre delle celle per attirare l’attenzione delle guardie. E all’esterno, in viale Regione siciliana, dove si è radunato un gruppo di parenti, oltre a numerosi automobilisti, che si sono accorti del fumo e di ciò che stava succedendo dentro. Il traffico è stato paralizzato.

Già: ma che succede se s’infetta un detenuto? Come sarà possibile contenere gli effetti del virus e salvaguardare la salute di tutti gli altri? Lunedì mattina un tentativo di evasione si è registrato anche all’Ucciardone, l’altro carcere palermitano. Alcuni detenuti per protesta hanno tentato di divellere la recinzione dell’istituto di pena per fuggire. Uno è riuscito a raggiungere una garitta e ha provato a danneggiarla. L’edificio è stato circondato da carabinieri e polizia in tenuta antisommossa. Le strade attorno al vecchio carcere borbonico sono state chiuse. “Aumenteremo le chiamate via Skype e le telefonate ai parenti – dice la direttrice Giovanna Re – secondo quanto previsto dal decreto. Grazie al dialogo si è riusciti a far comprendere che le misure attuate dal governo sono indispensabili per prevenire il contagio all’interno degli istituti”.

La rivolta è comunque ricominciata in serata, dopo l’annuncio del nuovo decreto da parte del governo. Dall’ex fortezza borbonica si sono sollevate grida di protesta e un continuo martellare di oggetti metallici. Le urla e i fischi si sentivano in tutta la zona attorno al carcere. “Cercano di attirare l’attenzione dei familiari che si trovano assembrati fuori”, ha confermato la direttrice della casa circondariale Giovanna Re. Nel pomeriggio anche i familiari dei detenuti del Pagliarelli hanno protestato davanti ai cancelli d’ingresso bloccando più volte il traffico. Circa 700 detenuti hanno cominciato lo sciopero della fame.