Ci sono voluti 5 anni di lavoro e 8 telescopi per raccogliere una massa enorme di dati: ma alla fine il “buco nero” è venuto alla luce. Sta nella galassia M87, a 55 milioni di anni luce dalla Terra. Dietro la fotografia che ha impressionato il mondo, e che ha dato ragione alle teorie di Albert Einstein, si nasconde un volto siciliano. Quello di Violette Impellizzeri, scienziata di fama mondiale, alcamese di nascita. Ha 41 anni e lavora nel Sud del Cile al servizio, però, degli Stati Uniti. La sua realtà si chiama Alma, un osservatorio internazionale che ha contribuito al completamento del progetto finanziato da Event Horizone Telescope. “Noi abbiamo un sistema di 66 antenne radiotelescopiche – ha detto la Impellizzeri all’Huffington Post – Gli altri 7 radiotelescopi che hanno contribuito, invece, sono formati da un solo telescopio. Unire tutte le antenne è stato molto difficile, ma abbiamo fornito dei dati fondamentali nella definizione di quella immagine”.
Un’immagine che Violette ha visionato in anteprima tre mesi fa. E che, a causa di un accordo di riservatezza, non poteva mostrare a nessuno. Però non è riuscita a resistere. E la foto, un po’ sfuocata per la verità (“Alcuni colleghi erano un po’ delusi, ma non era più una simulazione. A me è venuta la pelle d’oca”), è finita in pasto al figlioletto di quattro anni: “Quando sono tornata a casa, l’ho fatta vedere a mio figlio e gli ho detto: ‘Guarda, questo è un buco nero. Non lo dire a papà, non lo dire a nessuno’. Mio figlio ha notato la mia emozione e mi ha detto: ‘Bello mamma, proprio figo!”. È molto più facile spiegare un buco nero ai bambini che ad un adulto: gli dici tre parole e loro hanno capito tutto”.
La Impellizzeri è cresciuta ad Alcamo, dove ha frequentato la scuola Bagolino. Poi si è scritta al liceo Scientifico. Ma per la sua formazione sono stati fondamentali la laurea conseguita all’Università di Bonn e il trasferimento in Virginia, negli Usa, per un post-dottorato. E’ lì, che all’ultimo giorno di corso, ha conosciuto “un francese niente male”, il collega Eric Villard, diventato suo marito. Infine si è stabilita in Cile dove oggi ha contribuito a un’impresa che tutti ricorderanno: “Non so se sono un cervello, in ogni caso sì: sono in fuga. Mi sarebbe piaciuto tornare in Italia, ma da noi c’è la fila – spiega Violette -. Gli scienziati bravi non hanno un posto fisso: ci sono pochi posti destinati alla scienza e sono quasi tutti precari”. E’ forte la consapevolezza di aver fatto una cosa grande. “Fino a ieri i buchi neri erano una teoria, un disegno, una storiella, un mito, un mostro, una cosa immaginata. Adesso abbiamo scoperto che esistono davvero! Per arrivare a un successo del genere è stata fondamentale la collaborazione da parte dei gruppi di tutto il mondo”. Anche la Sicilia ha dato una bella mano.