Non finirà al Tar ma potrebbe finire in tribunale a colpi di querele la “querelle” sulla demolizione di Villa Abela a Siracusa. Caso che segue quello del “bar Astronave” nella piazza d’armi davanti al duecentesco Castello Maniace e che precede quello, già annunciato, del faro di Capo Murro di Porco concesso a un privato per farci un resort di lusso (prima si scriveva “a 5 stelle” ma adesso si rischia il fraintendimento).
Breve riassunto delle puntate precedenti. La villetta in questione, con relativo giardino, è stata venduta dai proprietari, eredi di Ciccio Abela, benestante siracusano che la fece costruire fra le due guerre, ad un costruttore molto noto in città, Massimo Riili, per farci delle palazzine. Sulla villa, che si trovava fra le Latomie dei Cappuccini e il mare (ma non a ridosso né delle latomie, né del mare), si è aperta una polemicona fra pezzi della società civile e giunta cittadina, con in testa l’assessore alla cultura Fabio Granata e l’imprenditore stesso con altra parte della società civile rimasta molto tiepida non annettendo alla villa un particolare valore artistico-monumentale e criticando il fatto che i “talebani” pro-Abela fossero in gran parte gli stessi che avevano difeso l’astronave del Maniace. Le ruspe sono state bloccate brevissimamente dalla neo-Soprintendente Donatella Aprile ma tosto sbloccate visto che la questione era stata già delibata da ben due soprintendenti (Giuseppe Voza e Bice Basile) che non avevano trovato elementi per vincolare la villa. E così la demolizione è cominciata.
Fabio Granata che non le manda mai a dire ha tuonato su Repubblica: “Sono indignato per la ferita vergognosa inferta a un luogo dell’anima, parte integrante di un paesaggio unico al mondo e sbigottito dal clima di omertà generale in cui tale vicenda si è consumata a differenza del clamore per il bar di piazza d’Armi al Castello Maniace. Denuncio pubblicamente l’atteggiamento ondivago e contraddittorio degli enti preposti alla tutela del patrimonio, che hanno solo saputo “tutelare” le responsabilità pregresse e interne ai loro uffici”.
Ilare e provocatorio l’ingegner Riili che ha filmato il momento dell’abbattimento della torretta della villa l’ha postato su Facebook con sarcasmo: “Crolla Villa Abela… è scoppiata una Granata”. Con annesso emoticon raffigurante uno sberleffo.
Sui social imperversano i due partiti – pro e contro ruspe – che sulle macerie fumanti si insultano senza risparmio di lessico triviale. Granata afferma che Riili avrebbe addirittura chiesto la sua testa al sindaco. E, insomma, grande teatro fra chi sostiene che è stato inferto un vulnus all’anima della città e chi accusa la giunta di aver usato il caso di villa Abela come “arma di distrazione di massa” per far dimenticare il caso Maniace e, soprattutto, la spazzatura che invade ogni angolo della città. Ancora una volta al centro della polemica anche la Soprintendenza presente e quelle passate per la salvaguardia negata a suo tempo e tentata in extremis.
Il tutto attendendo ancora una volta il TAR di Catania che ha fissato per il 13 dicembre (festa di Santa Lucia, patrona di Siracusa) l’udienza per il ricorso del candidato Paolo Reale che ha chiesto l’annullamento del risultato delle amministrative per presunti errori/brogli nel conteggio dei voti. Quel giorno appresso alla Santa, in un blasfemo parallelo con la Boccadirosa del Faber, ci saranno il sindaco sacro e quello profano. Il TAR assegnerà poi gli aggettivi.