“In pochi giorni, a Partinico, che è la seconda città della provincia di Palermo, sono successi due episodi gravi: prima hanno incendiato un pulmino che serviva al trasporto scolastico dei ragazzini disabili, poi hanno dato fuoco a un albero di Natale realizzato dagli stessi ragazzini. Un buon ministro dell’Interno si sarebbe dovuto precipitare. Tra gli obblighi della sicurezza non rientra quello di non avere neri. Ma di non avere mafiosi, quello sì”. Il tono di Gianfranco Micciché è duro. E’ stata una settimana intensa sul fronte migranti. Dalla disobbedienza civile di Orlando alle repliche di Salvini. Tutto e il contrario di tutto. Il presidente dell’Ars ha assistito da spettatore interessato, forte di una posizione consolidata: acerrimo avversario del capo del Viminale. Che adesso invita a recarsi in Sicilia, ma per un altro genere di questioni: “A Partinico è necessario un intervento dello Stato. Salvini si disconnetta dal suo profilo Facebook e si connetta al Ministero dell’Interno. Lasci perdere il suo “decreto dell’odio” e venga a risolvere il problema. O crede che a bruciare il pulmino e l’albero siano stati dei neri?”.
Se Lei fosse stato sindaco, avrebbe partecipato a questo ammutinamento? Avrebbe sospeso anche Lei gli effetti del decreto?
“Non sono mai stato sindaco e non so quale sarebbe stata la mia reazione. Orlando, che lo è da tempo, è molto più abituato. Ha tutte le ragioni del mondo a comportarsi in questo modo, perché il decreto sicurezza è davvero tremendo”.
Perché tremendo?
“Perché qui in molti non hanno preso consapevolezza di che cosa sia il razzismo. Non voglio speculare sul passato: ma quando in Italia vennero introdotte le leggi razziali, nessuno immaginava che sarebbe finita con le camere a gas…”.
Presidente, il decreto sicurezza è paragonabile alle leggi razziali o la sua è soltanto una provocazione?
“Nasceva come una provocazione, ma non lo è più. Stiamo parlando di norme ad hoc contro “certi tipi” di stranieri. Se gli immigrati fossero svedesi, questo decreto non li coinvolgerebbe”.
E’ tornata la paura dell’uomo nero?
“Così pare. Il decreto è rivolto a persone che si trovano in Italia da tempo e che vorrebbero soltanto regolarizzare la propria posizione. Che in qualche maniera sono già stati accolti. Se si facesse una regola generale che non ammette stranieri in Italia, sia che arrivino da Londra che dal Burkina Faso, la cosa avrebbe senso. Ma qui sono i “neri” che danno fastidio”.
Quindi è una questione razziale…
“Quando il vicesindaco di una città come Trieste butta nel cassonetto della spazzatura i vestiti di un senzatetto, vuol dire che siamo a un punto di non ritorno”.
Salvini sospetta che quella dei sindaci sia soltanto una manovra elettorale, e che non avrebbero nemmeno letto il testo del decreto.
“In Italia ci sono 70 posti da parlamentare europeo, i sindaci che se la prendono con Salvini sono più o meno tanti. E non mi sembra che tutti ambiscano a una poltrona a Bruxelles”.
E Orlando, a settant’anni suonati, tornerebbe buono per l’Europa?
“E’ al secondo anno del suo mandato… Ammesso e non concesso che voglia candidarsi, non avrebbe dove farlo. E sicuramente non avrebbe alcuna possibilità di essere eletto”.
Il sindaco di Palermo è quello che va più di moda. Ma Lei è il precursore di questa insurrezione anti-populista. Da quel giorno sulla Diciotti è cambiato il mondo…
“Il fronte anti-populista non nasce sulla nave Diciotti. Lì prendo consapevolezza, e l’amarezza è profonda, che anch’io ho sottovalutato a lungo il disagio e il malessere di queste popolazioni. L’anti-populismo si sviluppa per la prima volta a Cefalù (al vertice del centrodestra organizzato dal Cantiere Popolare). Ora più che mai è necessario un moto di reazione al governo gialloverde, i cui atteggiamenti stanno velocizzando il processo. Vede, finché si parla di reddito di cittadinanza o di patrimoniale, si reagisce a una politica sbagliata del governo. Ma quando entra in ballo il colore della pelle dei migranti, il loro respingimento, la mancata accoglienza, allora la sostanza cambia”.
Come si concretizzerà questo fronte moderato che spazia dal Pd a Forza Italia?
“I processi politici non partono mai con la precisa consapevolezza di dove potranno arrivare. In questo momento c’è un forte disagio nei confronti del governo. Ma è più facile che la soluzione finale arrivi da Roma e non da Palermo. Siamo felici di avere un fronte siciliano, ma il problema è soprattutto italiano. Anche se non mi pare che al di là dello Stretto siano in tanti ad averne preso consapevolezza”.
A proposito di Sicilia. Il presidente Musumeci, sulla questione, ha mantenuto un profilo molto basso. E’ giusto, data la posizione che ricopre, o questioni così delicate non ammettono alcun tipo di opportunismo politico?
“Non è lui, in questa fase, che deve alzare la voce. Anzi, io sono contento che mantenga questa prudenza, è giusto così. Io, dalla mia posizione di presidente dell’Assemblea, non devo dare conto e ragione a nessuno. Devo soltanto garantire la gestione dell’aula. Musumeci, invece, ha bisogno dei finanziamenti che arrivano da Roma e, non dimentichiamocene, della sua coalizione fa parte anche la Lega”.
Ma è vero che assieme al presidente dell’Antimafia, Claudio Fava, porterete a Palazzo dei Normanni una discussione sul fenomeno immigrazione?
“Io credo che Orlando abbia fatto bene a provocare una discussione. Ora bisogna affrontare l’argomento e credo che il parlamento sia il luogo più adatto. Vede, sul web vince chi lo sa usare meglio e non chi ha ragione. All’Ars cercheremo di andare un passo oltre, perché al momento anche in Sicilia regna troppa confusione. Mezza Forza Italia è a favore e metà contro, il Pd è contro, la Lega sta in silenzio. Uno strano silenzio, invece, arriva dal partito della Meloni. Credo sia un sintomo del fatto che neanche a destra siano contenti. Ma la cosa che mi dispiace è che molti stiano zitti. Quelli che stavano zitti prima del ventennio fascista, o non avevano consapevolezza di ciò che stava per succedere, o avevano paura di reagire o avevano interesse a non reagire. Queste tre forme – diverse – di atteggiamento sono tutte pericolose. Il dibattito all’Ars servirà a fare chiarezza”.
Anche la cultura è una potente arma per arginare il fenomeno razziale. La Fondazione Federico II, che Lei presiede, ha portato avanti molte iniziative nel solco dell’uguaglianza e dell’accoglienza.
“La cultura non è mai fine a se stessa, ma segue delle logiche. Credo che la Federico II stia esprimendo al meglio la cultura d’accoglienza. Ad esempio, lo abbiamo fatto con Santa Rosalia e il richiamo alla nuova peste del razzismo. Il palazzo Reale, quello in cui si sviluppa la vita politica della Regione, ha ospitato diverse religioni, tradizioni, popoli. In occasione dell’ottocentesimo anniversario dell’incoronazione di Federico II, verrà allestito un calendario di iniziative che punterà sul valore dell’integrazione. Con un direttore generale come Patrizia Monterosso, che è bravissima, posso aspettarmi di tutto”.
Tornando a Salvini. Ha visto che un addetto stampa del Comune di Palermo ha replicato con un “suca” a un post del leader della Lega e adesso rischia un provvedimento disciplinare?
“Meraviglioso… Non lo conosco, ma vorrei tanto. Suca è una parola che ha un’importanza fondamentale. Contiene rabbia, voglia di mandare a quel paese… E’ vita. A Cefalù, dove io vivo, la sucalora per annaffiare le piante la chiamiamo suca. E’ una delle parole più belle del vocabolario siciliano, è tranchant, non dà spazio a repliche”.
Il Ministro ha annunciato che a breve verrà a Palermo per consegnare alla città un bene confiscato alla mafia. Se ci fosse l’occasione, le andrebbe di incontrarlo?
“Assolutamente no”.