Se Dino Giarrusso si scusasse, potrebbe avere la tessera del Partito democratico. Non sarebbe in fondo una condizione pesante per l’ex Iena. Alla fine del 1500, Enrico di Navarra abbandonò la sua fede protestante per quella cattolica e ottenne il trono di Francia. “Parigi val bene una messa”. Qui ci troviamo di fronte a vicende ben più modeste e, in una certa misura, anche esilaranti. Giarrusso ha più volte insultato il Partito democratico, lo ha ritenuto “morto”, lo ha paragonato a un’organizzazione criminale. Ha fatto in fondo la stessa parte dei suoi compagni di partito, da Grillo a Di Maio, dando un contributo alla demonizzazione dell’avversario. Adesso esprime “molta gioia ed orgoglio” per “entrare in una casa che esiste da tempo e col rispetto per chi l’ha costruita”. Va bene così. Si può sempre cambiare opinione, e il nostro di opinioni ne ha avute diverse, come tanti, del resto. Ora, probabilmente, potrebbe essere stato spinto a quest’ultima scelta, anch’essa transitoria, magari, dall’approssimarsi delle elezioni europee. L’ex Iena è parlamentare a Strasburgo, eletto nella circoscrizione della Sicilia e della Sardegna, e se prendesse la tessera del Pd potrebbe essere ricandidato. Non avrà la silente coerenza dei due parlamentari in carica Bartòlo e Chinnici, che danno l’impressione di essere lì a fare un lavoro al quale non sono vocati, in nome di elettori che non conoscono e non hanno fatto nulla per conoscere. Giarrusso, è un paradosso, si capisce, potrebbe dare effervescenza ad un partito moscio e abbastanza defilato nel panorama politico isolano. Può darsi che il riferimento alla prossima scadenza elettorale sia solo un cattivo pensiero, forse la sua richiesta di adesione indica che il Partito democratico è diventato attrattivo e chi ha militato per decenni in una forza – la Democrazia cristiana – che era molto inclusiva e qualche volta, in Sicilia particolarmente, finì per includere qualcuno che sarebbe stato opportuno lasciar fuori, può apprezzare il cambio di passo e invitare insieme alla prudenza.
Per tornare a questa vicenda, può essere utile qualche riflessione. Sarebbe stato facile prevedere che l’annuncio di Giarrusso avrebbe fatto rumore, deviando e sovrapponendosi al difficile dibattito sulla identità, sul programma e sulle alleanze che accompagna la battaglia per le primarie. Si sarebbe potuto immaginare che, includendo un tale personaggio, non pochi si sarebbero chiesti quanto egli fosse compatibile con chi ha militato tra i democratici, ingoiando bocconi amari, prendendosi insulti, resistendo alle sconfitte. Ai tempi di Renzi il partito, soprattutto in Sicilia, imbarcò personaggi con storie diverse, tutte comunque prive del rilievo di Giarrusso. Poi tutti, alle prime difficoltà, tornarono a vagare in cerca di fortuna. Bonaccini e gli altri competitori delle primarie hanno il compito di rianimare, costruire una forza della sinistra riformista con una identità definita e, non guasterebbe, con severità e rigore per essere credibile, non andando alla ricerca di improbabili personaggi. Forse Giarrusso ne resterà fuori, non dovrà scusarsi, potrà continuare, come è normale per un uomo dell’intrattenimento, a mettere in scena copioni diversi e a interpretare parti contraddittorie. Il Partito democratico dovrebbe diventare attrattivo, per la gente comune, per gli elettori che restano lontani, estranei ed ostili, che non trovano una rappresentanza.
Questa storia è stato un vero e proprio incidente di percorso di Bonaccini e sarebbe bene chiuderla al più presto, per tornare a discutere di problemi concreti. Alla Sicilia non serve la prospettiva di essere rappresentata a Strasburgo da Giarrusso. Serve semmai che trovi, insieme a tutto il Mezzogiorno, l’attenzione ai suoi drammatici problemi, a cominciare da quelli del lavoro, o meglio dell’assenza del lavoro e della legalità.