Esco di prima mattina sotto una pioggia insistente che bagna Roma e crea quelle pozzanghere enormi, segno che la pulizia dei canali di gronda non funziona al meglio. Ma è inutile lamentarsi.
Arrivo all’edicola aperta, ci conosciamo, saluto e prendo i giornali della domenica, ci sono gli inserti letterari e Repubblica omaggia l’Espresso di Marco Damilano.
Poi una call per preparare la bella iniziativa di domenica prossima (ci torneremo sopra) e finalmente scorro titoli e articoli, recensioni e statistiche.
Guardo le ultime, mi garbano da sempre, per curiosità e perché aiutano a capire l’umore lì fuori, cosa va per la maggiore, cosa acquistano i pochi (o tanti) che ancora si mettono in coda alla cassa per tornare a casa con un libro da gustare.
E così vedo che in cima, sulla vetta, della saggistica c’è il Giornalista, il più televisivo tra tutti, ha appena scritto il suo titolo annuale, stavolta tributo alle ragioni che spinsero gli italiani (vasta definizione) a “amare” (sic) Mussolini. Giorni fa in uno studio tivù lo aveva argomentato spiegando che il Duce aveva “creato i contratti nazionali, l’Inps, la settimana di 40 ore”.
Vabbè, poteva dire che nel ’33 era nato l’Iri di Beneduce, e ci avrebbe preso, invece per quanto attiene all’Inps, l’istituto nasce nel 1898 con la Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai. Quanto alle 40 ore si tratta di conquista dei sindacati introdotta con una legge (la n. 196 del 1977) approvata mezzo secolo dopo la fine del regime.
Ma che conta?
Boh, poco o nulla.
Il titolo funziona (posso dedurlo) e il Giornalista, voglia o meno, si iscrive al partito del “però il fascismo fece anche cose buone”.
Che abbia ammazzato gli oppositori, li abbia carcerati, esiliati, torturati, che conta?
Quel regime ha (avrebbe, perché non è vero neppure quello) creato l’Inps e abbassato l’orario di lavoro.
E tanto basta.
Poi, se ha trascinato l’Italia di fianco alla bestia nazista e ha fatto morire 440mila italiani, per lo più civili, che volete….non state lì a sottilizzare.
È un bel titolo no? E sta persino in cima alla classifica dei libri più venduti.
E che volete, a me basta questo per capire perché a sedici anni ho scelto senza neppure saper bene il perché di stare da una parte, lì sono rimasto, e li resterò.
E vaffanculo le classifiche.

(tratto da Facebook)