C’è un enigma lungo quarantanove anni nella storia cupa e inestricabile dei misteri d’Italia. Comincia nella notte piovosa del 17 ottobre 1969 all’oratorio di San Lorenzo di Palermo quando quattro ladri si portano via, arrotolandola come un modesto tappeto, la tela della natività con San Lorenzo e San Francesco, una delle opere più preziose del Caravaggio. Dopo quasi mezzo secolo, non si sa ancora che fine abbia fatto; ma attorno a quel colpo clamoroso si sono snocciolate le versioni più disparate di pentiti diversi, tutti concordi nell’attribuirlo a Cosa Nostra, ma ognuno ha favoleggiato sulla sua sorte.
C’è chi dice sia stata seppellita nelle campagne palermitane insieme a cinque chili di cocaina e milioni di dollari; chi, come Giovanni Brusca, il boia di Capaci, sostiene che sia stata rubata per barattare un alleggerimento del carcere duro che lo stato avrebbe rifiutato; chi invece, come Gaspare Spatuzza, ha raccontato che i boss Pullarà la nascosero in una stalla dove topi e maiali l’hanno rovinata tanto da essere poi bruciata; e chi, più recentemente, come il mafioso Gaetano Grado, dice che nel 1970 il boss Badalamenti l’ha venduta a un antiquario svizzero.
Versione questa che riaccende speranze e alimenta nuove ricerche tanto da far scendere in campo il Vaticano che con la commissione antimafia e il nucleo specializzato dei carabinieri, ne hanno parlato agli studenti presentando la “Natività” come un’opera fortemente simbolica per far comprendere alle generazioni future quanto sia importante diffondere la cultura della tutela del nostro patrimonio artistico. E così, come un pericoloso latitante, la Natività è la ricercata numero uno in tutto il mondo. Peccato che, a sentire gli storici, ammesso che si riesca a ritrovarla, sarà difficile che sia ancora integra, convinti come sono che quei ladri fossero così ignoranti da non rendersi conto di cosa stessero rubando.