Vaccini, un augurio siciliano

Andrea Carfì, professione ricercatore, ha guidato il team di Moderna che ha sperimentato uno dei vaccini anti-Covid

A volte si avverte il bisogno di sentirsi rassicurati. Specie in un anno del genere, giunto al capolinea con decine di migliaia di morti, e qualche passaggio di inaudita ferocia anche in Sicilia, durante la seconda ondata. Il regalo che tutti ci saremmo aspettati di trovare sotto l’albero è il vaccino anti-Covid che, al di là delle teorie complottiste (che sanno di muffa e confusione), somiglia a un panno bagnato al termine di una salita sconnessa. Una liberazione a tratti irraggiungibile, ma annunciata. Ma per sentirci rassicurati, non basta conoscere il numero delle dosi o la data della prima somministrazione. Aiuta, certo. Ma è più utile toccare con mano la speranza, abbracciare con forza la visione rivoluzionaria di uomini che hanno dovuto riscrivere la storia di questo tempo infame. Andrea Carfì è uno scienziato originario di Vittoria che dallo scorso gennaio, a Boston (Massachusetts), lavora alla sperimentazione di un vaccino anti-Covid, su cui si attende il via libera dell’Ema (agenzia europea del farmaco) il prossimo 6 gennaio: è quello di Moderna, una società americana che negli Usa l’ha già messo in commercio.

Non è quello che il neo presidente in pectore, Joe Biden, si è fatto iniettare in tv. Ma poco importa. Secondo Carfì è efficace al 95%. Il vittoriese è un giramondo di 51 anni, che ha abbandonato i sogni da adolescente dopo aver raggiunto la maggiore età. A 19 anni, influenzato dal fratello e dalla chimica, si è iscritto all’Università di Pavia. Poi ha cominciato a girare il mondo grazie alle possibilità di Erasmus, che all’inizio non conosceva neanche: prima in Inghilterra, poi in Spagna. Infine il dottorato in Francia. Era il perfetto anello di congiunzione con la terza fase della sua vita: “Il dottorato è andato bene, con un supervisor che mi ha insegnato molto e mi ha trasmesso la passione per la ricerca – ha detto qualche settimana fa a Repubblica -. Da lì i laboratori degli Usa mi sono sembrati il passo successivo. Quando è arrivata l’offerta di un post dottorato in uno dei migliori laboratori al mondo nel campo della biologia strutturale dei virus e del sistema immunitario non ho esitato un secondo. Se sono dove sono, lo devo molto a questa esperienza”.

Nella storia di Carfì il legame con la terra natìa non si spezza. Andrea torna in Italia per sette anni, alla Irmb di Pomezia. Cioè l’azienda che, dopo Pfizer e Moderna, si sta occupando di un terzo vaccino anti-Covid con l’università di Oxford e Astrazeneca. Ma le visite nella sua Vittoria sono sempre più rare. Al massimo qualche estate a Scoglitti, frazione marittima del comune ipparino, dove ha trascorso l’estate scorsa in compagnia della moglie, una biologa di origini campane, e le figlie. I genitori sono morti. Il nonno, ovviamente, pure. Filippo Traina è stato più volte sindaco della città e parlamentare della Repubblica del Partito Comunista. Oggi c’è una scuola che porta il suo nome. Anche la madre è stata un assessore. Ma fra politica e ricerca, Andrea non ha avuto dubbi, e ha scelto la seconda. Di questo lembo di Sicilia orientale, Carfì ricorda benissimo i campi in cui raccoglieva le arance col padre, un banchiere. E le sere d’estate trascorse a tavola con la famiglia. Occasioni di gioioso assembramento che (anche) grazie a lui, i siciliani, potranno riscoprire presto.

Carfì è uno che ce l’ha fatta. Ed è bello sentire dalle sue parole come sia stato possibile scoprire un antidoto al nemico invisibile. La cui mutazione è già “registrata”, e non lo preoccupa: “Ci aspettiamo che le risposte procurate dal nostro vaccino siano ugualmente protettive. Pensiamo che gli anticorpi possano bloccare anche la variante. Non è la prima mutazione né sarà l’ultima. Questo virus cambierà continuamente, ma non rapidamente come succede ai virus influenzali, diversi ogni anno”.

L’esperienza con Moderna inizia quattro anni fa all’università di Cambridge (“Era ancora una piccola azienda”), ma nello scorso gennaio è arrivata la parte dura del lavoro: “Abbiamo cominciato la sperimentazione dopo aver sentito di casi di polmonite virale in Cina. Non si poteva sapere quanto la situazione sarebbe diventata grave – ha raccontato Carfì in una delle numerose interviste rilasciate di recente – ma ci siamo impegnati dall’inizio e abbiamo coinvolto da subito i nostri collaboratori al National Institutes of Health (Nih) con i quali avevamo lavorato in precedenza su un vaccino contro un virus della stessa famiglia del Sars-Cov2, il Mers. In 42 giorni avevamo il vaccino pronto per lo studio clinico. In 63 giorni è iniziato il primo studio clinico condotto da Nih. Da allora abbiamo generato dati in modelli animali e allo stesso tempo abbiamo condotto gli studi clinici di fase avanzata”.

“Ha un’alta efficacia anche sugli anziani – garantisce Carfì – e previene le forme più gravi di malattia. Se difende anche dall’infezione? Già dopo la prima iniezione, al momento della seconda i due terzi in meno delle persone risultavano contagiate il che suggerisce che il vaccino possa prevenire infezioni asintomatiche”. Le buone novelle si scagliano come saette su un universo frastornato. L’invito a reagire è più forte delle polemiche insulse generate dal caos. E voci come quelle di Andrea sono un ottimo lenitivo di fronte alla sfiducia. Altri siciliani come lui – a partire dalla dottoressa Concetta Castilletti, anche lei di Ragusa, che allo Spallanzani di Roma è stata la prima a isolare il virus – rendono questa fase della vita meno amara: “Ci sono tantissimi italiani che si sono distinti molto più di me – ammette Carfì con un filo esagerato di umiltà – Ho avuto l’opportunità di lavorare con gente incredibile. Sono contento di quello che abbiamo fatto, anche se sembra sempre un nuovo punto di partenza. Una rivoluzione con una tecnologia che ha un grande potenziale”.

Per il mondo normale è senz’altro un punto di partenza. L’Ema autorizzerà il vaccino di Moderna il prossimo 6 gennaio, con una seduta straordinaria. Su quello di Pfizer-Biontech, invece, il sigillo è arrivato qualche giorno fa. Oggi le prime dosi sono approdate a Roma per la distribuzione in tutta Italia (a Palermo è già attrezzata la aerostazione militare di Boccadifalco). Saranno 685 in Sicilia le persone coinvolte nella fase iniziale della campagna. Il vaccine-day, domenica 27 dicembre, è in programma all’ospedale Civico di Palermo: nel padiglione 24, dalle 11.30, verranno vaccinate fra 50 e 70 persone. E uno dei primi ad aderire sarà Massimo Geraci, il responsabile del pronto soccorso, da sempre in prima linea in questi mesi dannati. Nello stesso giorno, i medici dell’Asp proseguiranno con operatori e pazienti della Rsa di via La Loggia. Da lunedì 28, al Civico si uniranno Villa Sofia e Policlinico, dove verranno accolte (e vaccinate) le delegazioni provenienti dalle altre province dell’Isola che giungeranno nel capoluogo siciliano. Anche se le adesioni degli operatori sanitari sul sito messo a disposizione dalla Regione siciliana sono poche: 18 mila su 70 mila potenziali. Della serie: prima vediamo che effetto fa…

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