Verrebbe da dire che non va bene un Cas: finiremmo per essere scontati, irriverenti il giusto, ma senz’altro realistici. La riforma del Consorzio Autostrade Siciliane – che prevede il passaggio da ente non economico a ente economico – non ha portato con sé (altre) buone notizie. Anzi, tutto è rimasto fermo come prima e i sindacati, impegnati come non mai nelle trattative con l’azienda, controllata dalla Regione, non hanno ancora ottenuto rassicurazioni sui pagamenti arretrati, sulla ricollocazione dei precari stagionali e sulla trasformazione dei contratti da part-time in full-time degli oltre 300 dipendenti, con un programma di assunzione e riqualificazione del personale. Tutta una serie di ‘pretese’ che Cgil, Cisl, Uil e Cisal (del settore trasporti) hanno portato all’attenzione del presidente Francesco Restuccia, nelle stesse ore in cui il direttore generale Minaldi, assieme all’assessore alle Infrastrutture Falcone, ottenevano rassicurazioni su un “regalino” proveniente da Roma.
Prima di abbandonare la mera teoria e capire come stanno (per davvero) le nostre autostrade, vale la pena ricordare che il Consorzio e le sigle dei lavoratori sono fermi a un difetto interpretativo della norma: secondo Restuccia, infatti, per decretare il passaggio al nuovo status di ‘ente economico’ occorre l’approvazione dello Statuto, che è in fase di completamento ma – poi – deve essere vidimato dalla giunta regionale. Mentre secondo i sindacati, l’efficacia del contratto nazionale andrebbe aggiornata al 6 marzo, giorno in cui la legge è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale, e con esso gli adeguamenti economici previsti. Insomma, tutto è rimasto fermo nella trappola della burocrazia. Che poi, per vedere la resa del Cas e della sua nuova governance, non serviva una riforma. Bastava guardare la condizione pietosa in cui versano le autostrade gestite dal consorzio: ossia la A20 Palermo-Messina e la A18 Catania-Messina, oltre (ormai) alla malinconica Siracusa-Gela, che in anni e anni di gestazione non è ancora giunta a Ispica, nel Ragusano (per il completamento del tratto fino a Modica se ne riparla a settembre 2022).
Ma è vero anche il contrario: non si può rimproverare alla governance attuale le carenze croniche del Consorzio. E l’infaticabile assessore Falcone lo ha fatto presente nella nota in cui comunicava il traguardo ambizioso dei 60 milioni ottenuti dal Ministero per i Trasporti allo scopo di “dare respiro a cantieri vitali come la Siracusa-Gela e alle imprese impegnate sul campo. Lo sblocco di queste somme – ha aggiunto Falcone – è diventato possibile grazie al risanamento del Cas voluto dal presidente Nello Musumeci. È stata molto apprezzata l’attività di riordino dei conti dell’ente, un’azione che portiamo avanti da tre anni e che ha reso il Cas finalmente credibile, affidabile e più efficiente”. Falcone avrà senz’altro ragione, ma in meno di 24 ore il Mims (Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile) ha precisato che “non c’è alcun accordo specifico” con la Regione per il riconoscimento di questo ‘premio’: “Nelle interlocuzioni che si sono svolte in questi giorni – si legge nella nota – il ministero ha ribadito l’impegno a versare al Cas contributi previsti per legge a fronte di investimenti realizzati con spese documentate. Il pagamento dei contributi avverrà previa presentazione da parte dello stesso consorzio di tutta la documentazione relativa ad investimenti effettuati e l’espletamento delle successive attività istruttorie da parte del ministero”.
Per avere i 60 milioni, che in parte sarebbero serviti a ripianare un passivo con l’Anas (35 milioni), e in parte “per il completamento della Maremonti, della Noto-Pachino nonché per i lavori della Rosolini-Modica”, bisogna attendere. E così le stasi diventeranno due: per l’entrata a regime della riforma e per avere in dote questa cifra. Il Movimento 5 Stelle, qualche giorno fa, ci aveva visto lungo: “Da mesi assistiamo ad uno stucchevole tentativo del governo regionale di attribuire al Ministero la responsabilità del mancato avanzamento dei lavori della Siracusa-Gela – avevano denunciato i deputati Stefania Campo, Giorgio Pasqua, Stefano Zito, Nuccio Di Paola e Ketty Damante insieme ai Portavoce nazionali Paolo Ficara, Marialucia Lorefice e Pino Pisani –. Ebbene, occorre specificare che se le aziende non vengono pagate è solo responsabilità del CAS che anziché inviare a Roma la dettagliata istruttoria di ogni singola opera, pretende i trasferimenti sulla base di un foglio di carta dove in maniera approssimativa ci sono un elenco di opere fatte e quelle da realizzare. Il CAS rendiconti al Ministero dei trasporti quanto richiesto in termini di legge mentre Falcone e Musumeci smettano di fare disinformazione sulle spalle dei lavoratori”.
Niente di nuovo (e di buono) sotto il sole. L’unica nota lieta è che da un po’ di mesi a questa parte non si parli più di revoca della concessione. Uno spauracchio agitato a più riprese dal leader siciliano del M5s, Giancarlo Cancelleri, che è diventato persino più severo da quando occupa il ruolo di sottosegretario (alle Infrastrutture). Sin dal primo istante ha segnalato che il CAS “infrange 800 volte codice di sicurezza stradale e non assicura assistenza. Insomma una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Credo che sia arrivato il momento di avviare un’operazione verità – sottolineava a giugno dello scorso anno – e prendere in serio esame la revoca della concessione: i cittadini hanno il diritto di percorrere strade sicure e lo Stato ha il dovere di non permettere a nessuno di lucrare impunemente sui beni dello Stato e del popolo”. E ancora, a proposito della Siracusa-Gela: “In caso di revoca subentrerà Aca, la collegata di Anas. I lotti fino a Modica non si fermeranno, cambierà soltanto la stazione appaltante”. Cancelleri, inoltre, rimarcava i “buchi neri” del concessionario: “Livelli minimi di sicurezza e manutenzione. Su alcuni tratti mancano i catarifrangenti, come sono carenti i guardrail. La Messina-Palermo e la Messina-Catania sono praticamente delle piste, non delle autostrade, e ci sono tratti dove non è garantito nemmeno l’Abc”.
Una sfiducia acuita da alcune inchieste, come quella del marzo 2021, che ha portato al sequestro di 22 viadotti a rischio crollo, e la denuncia di quattro persone (fra cui il direttore Minaldi e il capo della segreteria tecnica del presidente Musumeci, Alessia Trombino) per omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina. Mancata manutenzione, in sostanza. “Il Consorzio paga il prezzo di lunghi anni senza bussola – chiarì subito Falcone, svicolando sulle responsabilità della Regione, cioè l’ente controllore – Oggi però il raffronto con l’eredità del passato di consente di apprezzare appieno l’inversione di tendenza, sia sul piano gestionale che infrastrutturale”.
Il 26 giugno 2020, a seguito di un’operazione della Dia di Messina, furono posti sotto la lente d’ingrandimento alcuni dei principali appalti degli ultimi anni, e vennero adottate tre misure cautelari nei confronti di due funzionari del consorzio e di un imprenditore milanese per un giro di mazzette. In quella occasione, al di là della piega giudiziaria della vicenda (corruzione e turbativa d’asta compaiono fra le accuse della Procura), il Gip si affrettò a sostenere che l’asse viario di riferimento – A18 e A20 – “è già drammaticamente e notoriamente afflitto da gravi carenze strutturali e lungo il quale frequenti sono stati gli incidenti, anche mortali”. Ma i siciliani meritano questa insicurezza e approssimazione? Meritano che una frana, provocata da uno smottamento, continui a interrompere la Catania-Messina all’altezza di Letojanni dopo sei anni? Meritano gallerie pericolanti, asfalto ammalorato, barriere di sicurezza danneggiate e viadotti senza alcun collaudo statico (come nel caso del viadotto Pollina, sull’A20) che il Ministero chiede di interdire? Meritano di viaggiare su autostrade di Serie B o di rischiare la vita? Per rispondere a un quesito talmente banale non serve una riforma.
Il Pd segnala altri disservizi sulla Catania-Messina
“Come se non bastassero i ritardi nella campagna di vaccinazione e una Sicilia ultima in tutte le classifiche, con l’approssimarsi della stagione estiva puntualmente arrivano anche i cantieri sulle autostrade. Con conseguente traffico, code chilometriche e automobilisti imbottigliati nel traffico sotto il sole cocente e fino a notte fonda. Ieri è successo lungo l’autostrada Catania-Messina, all’altezza di Fiumefreddo ma anche di Giardini Naxos e Taormina”. Lo afferma il deputato e segretario regionale del PD Sicilia, Anthony Barbagallo.
“La mancata programmazione da parte del Consorzio Autostrade Siciliane – afferma – riflette, anche in questo caso, l’assoluta inadeguatezza del governo Musumeci, da cui il Cas dipende. Sarebbe stato logico e previdente avviare i cantieri per le manutenzioni e i lavori di discerbamento delle autostrade gestite dal Cas nei messi di bassa stagione e durante i periodi comunque a bassa frequentazione delle località più gettonate. E invece no: nello scorso weekend raggiungere Taormina, la perla del turismo siciliano, era praticamente impossibile – prosegue – a meno di non essere disponibili a friggere sotto il sole, in coda. Non solo il governo non ha approntato nessuna misura per rilanciare il settore ma per giunta gli operatori turistici sono danneggiati dalle folli scelte del Cas. Infine, vedere sfrecciare le autoblù presidenziali in corsia di emergenza – conclude Barbagallo – per consentire le consueta passerella del governo regionale all’hub vaccinale di Taormina, mentre i gli automobilisti sono incolonnati in autostrada, aumenta l’amarezza da parte dei cittadini comuni e rispettosi delle regole”.