Gli zii di Sicilia, come li ha ribattezzati Pietrangelo Buttafuoco, non hanno tradito le attese. Al Barbablù Fest di Morgantina, Totò Cuffaro e Mirello Crisafulli sono stati protagonisti di una lectio magistralis sui valori “alti” della politica, che i social drammaticamente hanno rimesso in discussione e strappato alla vita reale, agli incontri in piazza, ai dibattiti pubblici. L’incontro, moderato da Giuseppe Sottile, è avvenuto a pochi passi dal Museo di Aidone, che – grazie al ritorno della Testa di Ade dal lungo esilio a Malibù – simbolicamente è la dimora della prima edizione del Festival, infarcito di cultura, teatro, musica e, grazie ai due zii, di impegno civico. Ma anche di racconti, narrazioni, aneddoti, prospettive. E di ipotesi poco credibili, ma dalla grande suggestione: “Facciamo un’unica grande coalizione – il messaggio di Crisafulli – purché restino fuori gli incapaci”.
Non si fatica a capire lo spirito. E’ un’ora di dibattito in cui si respira aria buona. Talmente vintage da diventare prevalente rispetto allo spirito dei tempi. Sferzante nei confronti del partito dell’onestà-tà-tà, nato da un blog (il Movimento 5 Stelle); ma anche di quelle “anime belle”, per citare Sottile, “che sono in crisi perché non si rendono conto del motivo di questo dibattito. A loro appare come una bestemmia, la profanazione di un tempio, una fogna a cielo aperto”. Basta una risposta, quella di Cuffaro, per fugare i dubbi dei più scettici: “Da cosa siamo uniti io e il mio amico Mirello? Dai nostri sogni. Dalle cose in cui abbiamo creduto e in cui non riusciamo a rinunciare”. Non c’entrano le disavventure giudiziarie, di cui si parla approfonditamente. Non c’entrano le bandiere, diverse da sempre. C’entra il senso delle istituzioni, del fare le cose. E qui i complimenti sono reciproci. “Dall’elezione diretta del presidente della Regione – è lo slancio buono di Crisafulli – quello di Totò è l’unico governo che ha avuto senso. Dopo di lui ci sono state delle controfigure in mano ad alcuni comitati d’affari che hanno condizionato le scelte della politica. Sapete che sono stato costretto a costituirmi parte civile nel processo Montante? Circolava un dossier anche su di me…”.
Da imputati a vittime (non tanto della malagiustizia, ma del retropensiero) è un attimo. All’inizio, senza sottrarsi, Crisafulli e Cuffaro parlano dei rispettivi inciampi giudiziari. Di gran lunga più estenuante quello dell’ex governatore, che gli ha procurato “grande sofferenza”. “Come diceva Orwell, c’è stato un animale un po’ più uguale degli altri. Forse – ipotizza Totò Vasa Vasa – voleva essere il segnale che anche il potere poteva andare in carcere. Di fronte alla sentenza non ho mai protestato, pur ritenendola ingiusta”. Ma dietro le sbarre “la mia vita è stata produttiva, ho avuto grandi segnali di solidarietà. Ne ho fatto tesoro”. Anche se “il carcere ti ruba tutte le libertà. In questo Paese, purtroppo, si rimane detenuti per sempre. Lo Stato invece dovrebbe essere il padre di tutti, specie di chi sbaglia”. La politica non se ne occupa abbastanza “perché non è utile da un punto di vista elettorale”. Il riverbero della prigione ti condiziona anche dopo: “Ho un’ostinata fiducia nella giustizia – conferma Cuffaro – e mai avrei potuto pensare che si arrivasse a tanto. La Sicilia è cambiata – ognuno può giudicare se in meglio o in peggio – grazie a quelli che ci hanno fatto la morale. Fino al paradosso di convincere l’opinione pubblica che fosse giusto che noi sparissimo”.
Non sono spariti, soprattutto l’ex presidente. Che nell’ultimo periodo è tornato sulla scena grazie vecchio sogno di una Dc nuova. L’interdizione dai pubblici uffici, però, non gli dà pace. “Ho sbagliato tanto, ma non ho mai favorito la mafia. Ho commesso altri errori, per i quali non sono stato punito” ammette candidamente. Ma poi c’è un momento in cui la ruota torna a girare. In cui la passione per la politica fa riemergere dagli inferi più sconfinati: “Sono orgogliosamente amico di Totò – spiega Crisafulli – E mi hanno indagato per essere andato a trovarlo in carcere. Quando ti trattano come un appestato, è normale rimanerci male. Si crea un clima di difficoltà soggettiva. Ma abbiamo una vocazione politica talmente radicata che ci siamo messi in condizione di tirare avanti, di non appesantire il nostro modo di essere. E poi quelli che spingevano per la mia condanna, vent’anni fa, oggi sono tutti sotto inchiesta”. Il Barone Rosso fu sfiorato da un’inchiesta per mafia a causa dei contatti col boss Raffaele Bevilacqua.
Quando si parla di politica i toni si fanno più lievi. Ma non troppo: “Mi dovetti incatenare in autostrada per costringere il governo nazionale a firmare il decreto di riconoscimento dell’università Kore di Enna – ricorda Crisafulli –. Mi hanno ostacolato in ogni modo e non ne capisco il motivo. Mi dissero ‘no’ anche quando proposi di creare al suo interno la facoltà di Medicina. Fui costretto a fare una convenzione con una università straniera e impiantare la sede a Enna: il 26 di questo mese ci saranno i primi tredici laureati…”. L’ex senatore, che non ha mai cambiato schieramento, fatica a parlare dei voltagabbana, di chi è capace di saltare dal Pd alla Lega in un nano secondo: “Questo fa capire quanto ci sia bisogno di rigore. Se la gente – come oggi – viene ad ascoltarci, vuol dire che ci riconosce almeno la coerenza. Quello che vedo è triste: c’è una classe dirigente che non ha idea di come si governa il territorio, di come si costruisce la Sicilia di oggi e di domani. L’unica cosa che sanno fare è lamentarsi col governo nazionale. Magari non ci sono più i comitati d’affari, ma semu ammenzu a na strata…”. “Serve una coalizione che metta fuori gli incapaci – rimarca Mirello –. L’alternativa è tirare a campare”.
Cuffaro: “Io sono democristiano: più che incapaci li definirei inadeguati. Chi è arrivato dopo di me ha rivalutato la mia presidenza – si compiace -. Io sto tentando di riprendere il filo della mia storia. Mirello è stato fortunato, perché la sua ha cambiato un po’ di simboli, ma è rimasta più o meno uguale. La mia invece era sparita: mentre in Europa trionfava l’idea sturziana, in Italia moriva. Sarà anacronistica? Forse… Ma so che emoziona ancora molte persone. Parlare di Dc infiamma i sentimenti. Io e Mirello battagliavamo, litigavamo, ci infervoravamo per un’idea. Chi usciva di casa per andare a votare, lo faceva seguendo un’idea. Oggi non succede”. Sarebbe bello che ricapitasse. Cuffaro – sarà pure un ingenuo – è in campo per quello: “La Dc conta già 90 mila iscritti”. Sono numeri che misurano la capacità di coinvolgere, ma soprattutto la capacità e l’onestà nel saper ascoltare. Una delle tante che accomuna i due zii: “Non sono loro che parlano alla Sicilia – chiude il cerchio Sottile -, ma è la Sicilia che continua a parlare di loro”.