Un dirigibile, un aeroplano, un bastimento, una locomotiva. Raffigurata così sulla locandina, con una grafica primo Novecento, la nuova stagione del Teatro Biondo – primo anno della direzione Pamela Villoresi allo Stabile di Palermo – sembra consegnata ad un’iconografia del passato. Ma ieri è come oggi e forse come domani e quei mezzi di locomozione ed il titolo del cartellone stesso, “Traghetti”, stanno ad indicare il viaggio come cifra, come leit-motiv. Detta il titolo del tema la neo-direttrice: “Un’umanità in movimento per fame, per paura, verso la pace, la dignità; per sapere, per conoscere, per crescere, per non morire. Le culture come veicoli, strumenti, motori, ponti: traghetti. Noi partiamo da Palermo… noi approdiamo a Palermo”. Plaudono il sindaco Leoluca Orlando e il presidente della Regione Nello Musumeci, i due maggiori azionisti della fabbrica culturale di via Roma, ognuno con la sua “magnifica ossessione”. Orlando: “Una stagione che affonda le sue radici nella città e nella sua dimensione interculturale” ma non dimentica l’obiettivo finora mai centrato del riconoscimento del Biondo a “teatro nazionale”. Musumeci rilancia l’inclusione e l’ascolto “nei confronti di realtà sconosciute” ovvero “il progetto di una rete con i teatri minori dell’isola” su cui la Regione ha investito e investirà. Lontano da ossessioni che siano solo terrene il presidente dello Stabile, Gianni Puglisi, con aria pacificatrice dopo i turbolenti mesi del post-Alajmo, invita a salire sul palcoscenico-traghetto “quanti con spirito libero e critico vogliano cogliere il senso del viaggio e attenderne la fine prima di alzare o capovolgere il pollice”, insomma non disturbare la conducente.
Ma veniamo alle tappe piuttosto variegate del viaggio proposto dalla Villoresi che parte dalle due banchine della Sala Grande e della Sala Strehler che si divideranno ben 11 produzioni e 5 coproduzioni. Dal primo molo, il maggiore, si salpa con Emma Dante che inaugura il 25 ottobre con la sua rilettura dell’“Edipo re” che vedrà la luce già i primi di luglio a Spoleto (“Esodo”). A novembre torna Davide Enia con “L’abisso” proposto lo scorso anno e fresco di Premio Hystrio. Poi ci sono i “Sei personaggi in cerca d’autore” rivisitati da Spiro Scimone (“Sei” è la fulminea sintesi del titolo) con la regia del sodale artistico da una vita Francesco Sframeli. Un classico come il “Finale di partita” beckettiano di Glauco Mauri e Roberto Sturno è di scena tra novembre e dicembre. Il 2019 si chiude con un altro “Sei personaggi”, quello diretto e interpretato da Gabriele Lavia, e un classico d’oltreoceano, “Anna dei miracoli” di Gibson, con Mascia Musy protagonista nei panni dell’insegnante della bambina sorda e cieca, regia di Emanuela Giordano. Sotto le feste di Natale si celebra Leonardo da Vinci, nel 500° anniversario della morte con “Leonardo” di Emiliano Pellissari, su coreografie di Mariana Porceddu, che omaggia attraverso sei danzatori la visionaria inventiva del genio.
Il 2020 si apre con le ore disperate del tracollo di Gheddafi ne “L’ultima notte del Raìs” di Yasmina Khadra, regia e adattamento drammaturgico Daniele Salvo, scene di Michele Ciacciofera, prodotto dallo Stabile. A fine gennaio il ritorno, tra virtuosismo e ironia, di “PaGAGnini”, con gli straordinari musicisti-comici che ne sono il moto perpetuo. A febbraio altro classico, “I miserabili” di Hugo con l’adattamento teatrale di Luca Doninelli e la regia di Franco Però, Franco Branciaroli nei panni di Jean Valjean. Tra febbraio e marzo, prodotto dal Biondo, “Marat Sade” di Peter Weiss con due palermitani in scena Claudio Gioè e Dario Aita, regia di Gioè, scene e costumi di Enzo Venezia.
A marzo, omaggio a Jan Fabre con una sorta di baedeker nell’universo dell’artista visionario che ha lasciato un segno profondo e interdisciplinare: si intitola “The night writer-Giornale notturno”, scritto e diretto dallo stesso Fabre, con Lino Musella che si cala nel suo spirito. A seguire, altro classico americano, “Erano tutti miei figli” di Artur Miller con Mariano Rigillo protagonista, regia di Giuseppe Dipasquale del catanese Teatro della Città. Poi il classico tra i classici del Piccolo di Milano, il goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni” nell’allestimento storico di Giorgio Strehler e, per la prima volta a Palermo, Enrico Bonavera, erede designato da Ferruccio Soleri poco più di un anno fa per succedergli nell’indossare la maschera. A fine aprile “La classe” di Vincenzo Manna, regia di Giuseppe Marini, un esperimento tra psicologia sociale e drammaturgia, una cronaca inquietante del disagio giovanile. Dal 4 al 6 maggio “Swayambhu” con le coreografie e l’interpretazione di Shantala Shivalingappa, tra le più famose performer di “kuchipudi”, la danza indiana classica, che si innerva però in contaminazioni europee, da Béjart a Bartabas, da Peter Brook a Pina Bausch, è probabilmente il giusto viatico per l’ultima proposta del cartellone, “Bengala a Palermo” di Daniela Morelli, regia Marco Carniti, con la quale il Biondo rende omaggio alle storie, ai mestieri, ai costumi e ai saperi della comunità bengalese, una delle più numerose tra quelle straniere che vivono a Palermo.
Altrettanto articolato è il percorso che si fa in Sala Strehler, dedicato soprattutto alla drammaturgia siciliana, al teatro da camera, alle storie, ai personaggi, ai temi sociali. Produzioni e coproduzioni del Biondo partono in quarta per lo start a fine ottobre: “To play or to die – That is the question… today”, scritto e diretto da Giuseppe Provinzano (con Babel Crew), e “Nel nome del padre” di Luigi Lunari, regia di Alfio Scuderi con Paolo Briguglia e Silvia Ajelli. Da Catania a fine novembre arriva “La creatura del desiderio” per il quale Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale si sono ispirati alla storia di Oscar Kokoschka e Alma Mahler (David Coco e Valeria Contadino protagonisti), dicembre è dedicato ai più piccoli con “Il gatto con gli stivali” riletto e intepretato da Silvia Ajelli. A gennaio è in scena la drammaturgia napoletana con “Scannasurice” di Enzo Moscato, con Imma Villa già pluripremiata protagonista. Sorella umanista e fratello scienziato si confrontano in “Infinito tra parentesi” di Marco Malvaldi con Maddalena e Giovanni Crippa, regia di Piero Maccarinelli. E’ ancora il Biondo che produce un classico contemporaneo, “Il contrabbasso” di Patrick Süskind con la regia di Henning Brockhaus. Scontro tra generazioni con humor anglosassone nella commedia “Apologia” di Alexi Kaye Campbell che vede Elisabetta Pozzi protagonista diretta da Andrea Chiodi. Vincenzo Pirrotta torna al Ridotto con “Storia di un oblio” storia di una brutale detenzione raccontata da Laurent Mauvignier e diretta da Roberto Andò (produce lo Stabile di Catania).
Ancora quattro produzioni del Biondo, la prima dedicata a tre donne “martiri” per vari eventi (Pippa Bacca, Ilaria Alpi e Palmira Martinelli): le racconta lo scrittore Aldo Nove, la regia è di Carla Chiarelli; la seconda vede Pamela Villoresi lasciare per alcune sere il ruolo di direttrice per tornare in scena nei panni di Frida Khalo in “Viva la vida” tratto dal romanzo di Pino Cacucci, regia di Gigi Di Luca; la terza è firmata da Martino Lo Cascio che ne “Il giardino della memoria”, attraverso Fabrizio Falco e il piccolo Davide Parisi, racconta la tragedia di Giuseppe Di Matteo, il ragazzino sciolto nell’acido dalla mafia dopo oltre due anni di prigionia; l’ultima, infine, è un divertissement del musicologo Massimo Nunzi, “Giocajazz”, rigorosamente vietato ai maggiori di anni 15.