Una tragica estate siciliana

Non gli è bastato istituire una cabina di regia per risolvere il problema della siccità; né “minacciare” i neo direttori generali della sanità per invertire il trend delle liste d’attesa. L’estate infelice di Schifani e del suo governo, culminata con il concerto di Natale de Il Volo alla Valle dei Templi, s’è chiusa nell’assedio politico della sua maggioranza e nei problemi -atavici- che non abbandonano la Sicilia, apparsa irredimibile come la sua classe politica. Il presidente credeva di averla sfangata con le mancette inserite in Finanziaria (80 milioni perfettamente suddivisi fra deputati di maggioranza e opposizione, per l’organizzazione di feste e sagre) e con alcune misure a sostegno delle attività produttive, sponsorizzate dall’assessore Tamajo, spesso a valere su fondi comunitari (come il programma Step, finanziato grazie a una rimodulazione del Fesr).

Ma dietro l’operato di questo governo non c’è alcuna riforma. Zero pianificazione. Nessun provvedimento che aiuti a lasciarsi alle spalle un’estate drammatica dove – l’ha ammesso Palazzo d’Orleans – si registrano danni alle produzioni ordinarie per 313 milioni di euro (pari al 74% delle colture da seme). Legumi, cereali, foraggio: è un disastro al quale la Regione non ha trovato un antidoto, al netto di qualche misura spot, peraltro fallita, come la nave-cisterna della Marina militare che avrebbe dovuto rifornire d’acqua la provincia di Agrigento. Invece in alcune contrade – di Agrigento e di Caltanissetta – il prezioso liquido è mancato per settimane. Gli spot no, quelli ci sono tuttora: solo qualche giorno fa Schifani ha annunciato 40 milioni a sostegno delle attività agricole, di cui 15 finanziati dallo Stato e altri dieci già previsti dalla Legge Finanziaria votata all’Ars prima della pausa estiva (la stessa delle mance). In più ci sono 15 milioni erogati con un bando del commissario delegato per l’emergenza idrica, di cui l’80% destinati agli agricoltori (e il 20 ai comuni).

In precedenza, grazie alla dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale da parte della Protezione civile, erano arrivati altri 20 milioni – briciole – che erano serviti a stento a ripristinare qualche pozzo e ad acquistare delle autobotti (già usate). Da quando Schifani, lo scorso 19 maggio, è stato nominato commissario per l’emergenza, fa notare Cateno De Luca, “aveva l’obbligo, tra le altre cose, di garantire l’approvvigionamento idropotabile della popolazione” ed “evitare l’interruzione del servizio idropotabile e garantirne la piena funzionalità, anche attraverso la creazione di serbatoi temporanei, punti di ricarica delle falde, impianti di pompaggio supplementari, rigenerazione o realizzazione di nuovi pozzi, e interconnessioni tra le reti idriche esistenti. Schifani, invece di affrontare l’emergenza idrica come gli era stato chiesto, ha preferito istituire una cabina di regia, scaricandosi delle sue responsabilità e lavandosene le mani”.

Anche la firma dell’Accordo di Coesione da oltre sei miliardi con la Meloni (1,3 miliardi vincolati per il co-finanziamento del Ponte sullo Stretto e 800 mila euro per i termovalorizzatori), è stata un’occasione persa, giacché una minima parte dei fondi a disposizione della Sicilia (90 milioni) sono stati impegnati per la riattivazione dei dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle (ma quando?). Insomma, per placare la disperazione della siccità, sono “bastate” le prime piogge. La politica, invece, non ha dato segnali: era impegnata a discutere su altri temi di interesse generale, come l’organizzazione di una campagna mediatica che rassicurasse i turisti e li invitasse a venire in Sicilia nonostante i problemi rappresentati dai grandi media internazionali (bollati come “fake news”).

Il metodo Balilla, apprezzato ex assessore al Turismo di questa regione, è stato adottato anche per l’organizzazione del concerto di Natale de Il Volo alla Valle dei Templi: nel giro di pochissimi giorni la Regione ha dato il via libera a un finanziamento da 900 mila euro per un paio di esibizioni del trio – una serata destinata a Mediaset, l’altra ai network americani – di fronte a un pubblico imbaccuccato nonostante la calura. Schifani, che ha evitato di presenziare all’iniziativa per schivare le polemiche, ha parlato di un “successo che conferma la bontà delle scelte” del suo governo. Eppure non sono mancate le critiche, anche dai fedelissimi: “So quale importanza mediatica e d’immagine possa rivestire un concerto organizzato nella Valle dei Templi, ma, in questo periodo, la scelta del luogo è stata inopportuna”, ha detto il capogruppo dei cuffariani all’Ars, Marcello Pace.

L’estate infelice di Sicilia è proseguita nel solco della sanità. Proprio alla vigilia delle ultime, tiratissime nomine dei direttori sanitari e amministrativi delle Asp, la Federconsumatori ha fatto notare come servano oltre 600 giorni di attesa (quasi due anni, ndr) per una visita endocrinologica a Tortorici, nel Messinese, 354 per una pneumologica a Messina, 545 per un’ecografia all’addome a Milazzo. Un’analisi impietosa e parzialmente incompleta, mancando un sistema di monitoraggio aggregato che metta insieme i numeri del pubblico e del convenzionato: “La Sicilia ha uno dei tassi di rinuncia alle prestazioni sanitarie, a causa degli eccessivi tempi d’attesa, tra i più alti in Italia: 7,2 per cento”, ha detto il presidente La Rosa. La situazione è un disastro nonostante gli appelli (e le minacce) di Schifani, che all’abbattimento delle liste d’attesa non ha legato il suo destino e quello dell’assessore Volo, bensì quello dei vertici di Asp e ospedali, appena nominati.

Nei contratti dei manager, ma anche in quelli di direttori sanitari e amministrativi, è contemplato un monitoraggio trimestrale degli obiettivi e la decadenza a un anno dalla nomina nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal governo. Si fatica a capire la ratio, ma soprattutto il tempismo: perché a Schifani ci sono voluti due anni per stabilire che bisognasse raggiungere dei risultati, dato che il problema delle liste d’attesa non è certo nato oggi? E quelli che hanno ricoperto il ruolo di manager fino a ieri, perché non sono tenuti a rispondere di numeri così allucinanti? La risposta è facile: non possono. Altrimenti sarebbe stato impossibile per la politica rinominarli. Facciamo che era tutto uno scherzo (sulla pelle dei pazienti), e si ricomincia daccapo.

Per Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil, è “scontato prevedere di rimuovere chi non porta avanti i piani della regione”, però “ci piacerebbe sapere di quali piani si tratta. Noi continuiamo a rivendicare un piano sanitario regionale – afferma – incentrato sul riordino della rete ospedaliera, sul rafforzamento della medicina territoriale, dei servizi di emergenza e urgenza, dei consultori. Che preveda il rafforzamento degli organici, cominciando col colmare le carenze del personale medico e paramedico. Forse così – sottolinea il segretario della Cgil – il problema delle liste d’attesa può effettivamente andare e soluzione e non, come sta accadendo, costringendo i cittadini a rivolgersi ai privati. Non è così che si accorciano le liste d’attesa”.

Le nomine della sanità (più che la sanità vera e propria) hanno costituito una burrasca di fine estate per il governatore, che ancora una volta ha anteposto i propri appetiti a quelli degli alleati: dalle minuziose cronache di questi giorni, emerge come Schifani abbia stoppato (di nuovo) le ambizioni della cordata Tamajo-Cardinale e abbia ostacolato Raffaele Lombardo, reo di aver siglato un patto politico con Micciché. Situazioni che non potranno non avere strascichi nei prossimi appuntamenti d’aula. Dove il presidente della Regione si guarderà bene dal proporre leggi o riforme dense di significato: rischierebbe di farsele bocciare con il voto segreto. Al netto dell’apertura mostrata a Giusy Savarino sui Forestali, non ci sono altre proposte in agenda. Mentre si polarizza lo scontro per la prossima nomination del centrodestra – fra Galvagno e Tamajo – Schifani resta ancorato al sollazzo del suo “cerchio magico” e ai metodi del Balilla: spargere moneta, rappresentando la Sicilia come un bancomat di opportunità e denaro, è il modo migliore per ingraziarsi amici ed elettori. Ed è anche il modo più semplice per continuare a sopravvivere in questo limbo dannato.

Alberto Paternò :

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