Il Covid doveva essere una grande opportunità, ma si sta rivelando l’ennesima occasione persa. Almeno per la sanità siciliana. Che dei 75 macro progetti utili a creare nuovi posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva, o tirare su interi Pronto soccorso, ne ha visti completare solo un terzo. Nonostante gli investimenti massicci garantiti dallo Stato e nonostante la presenza di una struttura commissariale ad hoc, che di recente è stata smantellata da Schifani: via l’ex soggetto attuatore e responsabile del potenziamento della rete ospedaliera, Tuccio D’Urso; dentro il capo del dipartimento tecnico regionale, Salvatore Lizzio. Un altro super burocrate. Anche se in un paio di settimane (dall’avvicendamento) non si possono pretendere miracoli.
Però la situazione non decolla. La rappresentazione plastica è un’inchiesta di Repubblica che ha passato al setaccio tutti i reparti, uno ad uno. Ad esempio, all’ospedale dei bambini di Palermo, il “Di Cristina”, sono inagibili i 9 posti letto di terapia sub-intensiva – pur essendo pronti da settimane – perché mancano mobili e certificazioni. Al “Sant’Elia” di Caltanissetta, i 30 posti di rianimazione sono rimasti incellofanati perché non c’è il generatore elettrico utile a illuminare il reparto (costato, per la cronaca, 5 milioni). Al “Guzzardi” di Vittoria, in provincia di Ragusa, restano al palo i 16 posti letto di Terapia intensiva, costati 2,8 milioni. Anche all’ospedale “Cervello” di Palermo – situazione già rappresentata alcuni mesi fa dai media nazionale – non ha mai aperto il nuovo reparto di Terapia intensiva, che occupa il quarto piano del nosocomio. L’impianto dei gas medicali non è supportato dalla centrale tecnologica, che va sostituita: l’installazione dovrebbe terminare entro un mese.
Qualche spiraglio, invece, al Policlinico, dove sorgerà il nuovo Pronto soccorso, con quattro sale operatorie e un reparto di degenza post-operatoria: la consegna dei lavori, dopo ritardi pesantissimi, è prevista solo per martedì prossimo. Il sopralluogo del deputato dem Antonello Cracolici, qualche settimana addietro, ha stimolato la curiosità di Schifani, che al termine di un’ispezione ha deciso di revocare a Tuccio D’Urso l’incarico assegnatogli in piena pandemia da Musumeci, e conservato a cavallo tra i due governi. L’ex dirigente all’Energia, che ha un’elevata considerazione del suo lavoro (e ha da sempre imputato i ritardi ai mancati pagamenti dello Stato nei confronti delle imprese appaltanti), ha denunciato, invece, lo scandalo del Policlinico di Messina, dove i lavori per il nuovo Pronto soccorso procedono a rilento, mentre i 16 posti di Terapia intensiva non sono mai stati attivati perché manca l’allaccio alla cabina elettrica.
“Con i poteri speciali concessi al presidente Musumeci – ha provato a difendersi D’Urso dai detrattori -, in ventiquattro mesi sono stati realizzati 200 posti letto di terapia intensiva, altri 200 sono in corso di ultimazione o di costruzione, e sono stati potenziati o costruiti ex novo 18 Pronto soccorso. Risultato conseguito riscrivendo integralmente il piano originario, impegnando 140 milioni di euro, avendo progetti pronti per ulteriori 100 milioni di euro, già presenti nel bilancio della Regione”, ma il cui utilizzo è ostacolato dall’inerzia del dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute. “Sono infatti progettati e finanziati ulteriori 171 posti di terapia intensiva e altri 11 Pronto soccorso – continua D’Urso -. È un risultato straordinario ottenuto in forza di una normativa approvativa semplificata, di una contabilità speciale che ha superato i lacci del bilancio regionale, di un unico centro di decisione, sottoposta ad un controllo serrato effettuato in tempo reale da parte delle autorità romane. Al di là delle decisioni prese dal presidente Schifani di riportare ad una presunta normalità queste attività, i risultati conseguiti parlano chiaro”.
Ma di chiaro in questa vicenda c’è veramente poco. A Catania, per proseguire nel lungo elenco, sono pronti (ma chiusi) il reparto di terapia sub-intensiva, con dieci posti letto, dell’ospedale “Garibaldi Nesima” e il Pronto soccorso del Garibaldi centro. Si attendono i documenti che certifichino il buon esito dei collaudi funzionali. In generale mancano all’appello 50 progetti. Che corrispondono a una vagonata di milioni. “Abbiamo nominato i nuovi responsabili dei procedimenti, individuandoli fra i tecnici degli uffici provinciali del Genio civile o fra i dipendenti delle stesse aziende ospedaliere – ha detto Lizzio a Repubblica, confermando la rivoluzione in atto -. Questo per riportare nell’ambito della gestione ordinaria le attività finora gestite in emergenza”.
L’obiettivo, infatti, è andare oltre. Uscire dalla gestione clientelare di alcune dinamiche, immaginando la sanità come il bancomat della politica, e intervenire sulle cose concrete e utili. Che non riguardino soltanto l’edilizia, ma anche la gestione pratica dei reparti (vuol dire, fondamentalmente, nuovo personale e strumentazioni all’avanguardia), la riduzione delle liste d’attesa, la soddisfazione dei pazienti. Il nuovo corso, rappresentato dal presidente Schifani, ha ratificato l’accordo col gruppo San Donato di Alfano, che s’è aggiudicato l’appalto per riportare il reparto di Cardiochirurgia infantile all’ospedale Civico di Palermo, dove è assente da dodici anni.
Ma al netto di questo, e dell’integrazione fra pubblico e privato, resa sempre più necessaria dalla carenza di personale medico e infermieristico, ci sono mille cose da fare. A partire da una scelta cruciale: quella del prossimo assessore. A rimpiazzare Ruggero Razza sul trono di piazza Ottavio Ziino, dovrebbe essere quasi certamente Giovanna Volo, ex direttore sanitario del Policlinico Giaccone di Palermo. Schifani l’ha scelta perché “è stata manager competente, apprezzata da tutto il mondo della sanità pubblica e non ha mai fatto politica”. E anche perché sarebbe un nome che placherebbe (in parte) l’ira di Gianfranco Micciché, che della famiglia Volo è un amico storico. “Ritengo possa dare il proprio contributo al nostro governo – ha continuato il presidente della Regione – e una forte spinta ai temi delicati della sanità pubblica, dalle liste d’attesa alle aree d’emergenza”.
Il governatore si è soffermato anche sulle priorità dell’azione di governo: “Occorre dare attenzione a quegli aspetti privati della diagnostica strumentale che potrebbero, se finanziati, ridurre le liste d’attesa degli ospedali. Non voglio che nella sanità ci siano scontri tra pubblico e privato, che devono integrarsi tra di loro. Non ci devono mai essere steccati quando si parla della salute dei cittadini”. In precedenza aveva affermato che “la sanità, in particolare nella logica del pronto soccorso, ha bisogno di cura, di attenzione e di sensibilità”. Bisognerà tradurre le parole in fatti. Perché i siciliani sono stanchi di aspettare, specie negli ospedali.