Una riffa da 160 milioni

Gaetano Galvagno, presidente dell'Ars

Prima di andare via Marco Falcone ha fatto sapere ai deputati che il bottino a loro disposizione con la manovra-ter non è più di 100 milioni, come annunciato qualche giorno fa da Renato Schifani, ma di circa 160, frutto dell’aumento del gettito fiscale in questa prima parte dell’anno. Dei cinquecento milioni riscossi dalla Regione, una grossa fetta è stata utilizzata per la manovra correttiva approvata qualche settimana fa, che ha avuto effetti salvifici per l’Ast, oltre a destinare 50 milioni ai comuni per contenere gli extra costi dovuti al trasporto dei rifiuti all’estero. Ma una parte del malloppo, per la gioia dei 70 parlamentari, sarà utilizzabile per le mance di fine estate, grazie alle quali sarà possibile coprire i costi di sagre e riparazioni: cioè l’unico modo che la politica siciliana conosce per “riscattare” il consenso degli elettori e ottenere il favore delle amministrazioni locali.

Le variazioni di bilancio sono approdate ieri in commissione e arriveranno in aula fra qualche giorno, dopo che Marco Falcone avrà dismesso il proprio seggio in favore di Salvo Tomarchio, primo dei non eletti di Forza Italia nel Catanese. Ma è possibile che a intestarsi la manovrina possa essere il nuovo assessore all’Economia, che Schifani non ha ancora scelto: il nome più quotato è quello di Totò Sammartano, attuale capo di gabinetto del presidente della Regione. Che vorrebbe occupare gli uffici di via Notarbartolo con un altro tecnico (dopo aver piantonato la Volo alla Sanità). Sulla manovra-ter, però, il governo non avrà alcuna influenza: si tratta di un giocattolino nelle mani di maggioranza e opposizione, che tenteranno di spartirsi la cifra in base a un gentleman agreement: bisogna soltanto stabilire le cifre a disposizione di ogni deputato.

Funziona esattamente così, e non c’è emergenza che tenga. Poco importa dei problemi della siccità, che sta mandando sul lastrico famiglie di agricoltori e allevatori privati del bene più importante (l’acqua). Notizia di ieri: solo il 17% degli interventi previsti dal Piano d’emergenza predisposto da Roma è stato completato. E non c’è spazio per la prevenzione degli incendi: la campagna è iniziata il 15 maggio, con lo stesso personale di sempre e i soliti mezzi vetusti. Ci si affida alla sorte, sperando che vada un po’ meglio dell’anno scorso e qualche piromane si sia convertito. Forse ci sarà qualcosa da ritagliare per i Comuni: in queste ore l’Anci è tornata a chiedere con insistenza un altro pacchetto da cinquanta milioni – oltre a quelli già stanziati a giugno – per contrastare l’aumento delle bollette della Tari, su cui continuerà a incidere il costo dello smaltimento all’estero (e, si teme, il rischio di chiusura della discarica di Lentini, dove i rifiuti vengono trattati prima del trasferimento in altri impianti).

I Comuni non potranno tendere i muscoli più di tanto. Nella bozza che ha iniziato a circolare in questi giorni, infatti, ci sono risorse aggiuntive per quelli in pre-dissesto (15 milioni) e per quelli con popolazione inferiore a 15 mila abitanti per “il pagamento delle masse passive e dei servizi essenziali” (10 milioni). Anche se Falcone ha raccomandato di non lasciarli soli: “Bisogna ancora dare qualcosa altrimenti li costringeremmo ad aumentare le tasse per i loro servizi oppure a utilizzare gli autovelox come cassa”, ha detto l’assessore uscente all’Economia al Giornale di Sicilia. Schifani potrà sempre sconfessarlo come ha fatto col sindaco di Lagalla – che auspicava la conferma di Marco Betta ai vertici del Teatro Massimo – andando avanti per la propria strada. Si vedrà. Anche perché di questi 160 milioni (ipotetici), ce ne sono almeno un centinaio che ballano. Una dozzina dovrebbero finire ai Consorzi di Bonifica di Palermo ed Enna per il pagamento degli stipendi arretrati e poi non mancheranno le proposte degli assessori per provare a rimpinguare i propri capitoli di spesa.

L’ultimo passaggio sarà fatto coi deputati, che però non godono di chissà quali aspettative: si accontenteranno, come sempre, di rifilare una festa o una sagra al sindaco amico; di riparare una chiesa o riqualificare un campo sportivo, per collocarvi una tabella all’entrata: “Questo intervento è stato realizzato grazie ai fondi destinati dall’on. Tal dei Tali”. Insomma, saranno preoccupati di garantirsi le cosiddette “mance” per sfamare i territori, come se non l’avessero fatto abbastanza con la Finanziaria di inizio anno, e ottenerne in cambio gratitudine. Il presidente della commissione Bilancio, Dario Daidone (Fratelli d’Italia) dovrà cercare di fare sintesi fra le richieste del governo e quelle del parlamento, mentre al presidente dell’Ars, patriota anche lui, spetterebbe il compito di vigilare sulla parcellizzazione della spesa, per evitare che troppi denari si (dis)perdano in iniziative inutili ed estemporanee.

Falcone, nel suo “testamento” amministrativo (si trasferirà prestissimo a Bruxelles), ha già avvertito che “ci sono le condizioni per spostare gli investimenti contro la siccità e per la riqualificazione delle città sui programmi di spesa dei fondi europei e nazionali”, anche se in questo modo si rischia di rendere il bilancio regionale una facile preda per gli “accattoni” di tutti gli schieramenti. Le emergenze verrebbero dirottate su canali di spesa extraregionali, come gli Fsc (non è un caso che da quel capitolo dovrebbero arrivare i 90 milioni per riattivare i tre dissalatori); mentre coi soldi in dotazione a Palazzo d’Orleans ci si fanno le feste. Raro esempio di lungimiranza politica.

Resta un punto interrogativo enorme, infine, sui dieci milioni di buco lasciati in eredità da SeeSicily, il programma fallimentare di Manlio Messina adottato in epoca Covid, per i quali l’Europa non ha previsto apposita copertura finanziaria. Prima o poi l’Assemblea regionale dovrà pronunciarsi, anche a costo di provocare l’orticaria al partito di maggioranza relativa e all’ex assessore al Turismo: come si fa a coprire la voragine? Si produce un debito fuori bilancio, si inserisce una specifica voce in questa manovrina, o si tenta l’ennesima gabola nei confronti di Mamma Europa, rimodulando qualche voce dell’Accordo di Coesione? Il dibattito terrà banco e sarà oggetto di feroce contrapposizione tra fratellini e fratellastri dell’Ars; le opposizioni saranno in trincea; il governo non ammetterà passi falsi. Credeteci: andrà proprio così.

Alberto Paternò :

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