“Quello dei rifiuti è un settore a rischio: bisogna intervenire subito. Non farlo sarebbe da delinquenti”. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, fa risuonare un alert dopo l’ultima inchiesta della magistratura che ha riguardato la Sicula Trasporti di Nino Leonardi e la gestione della discarica di Grotte San Giorgio, fra i comuni di Catania e Lentini. Cinque arresti, nove misure cautelari e l’ennesimo coinvolgimento di alcuni funzionari (del Libero Consorzio di Siracusa e dell’Arpa), hanno risvegliato dal torpore la politica siciliana e riacceso il dibattito sull’utilità di approvare, in tempi celeri, la riforma sulla governance dei rifiuti. “La politica non può essere complice – incalza Micciché -. Dopo la relazione della commissione Antimafia a Sala d’Ercole, avvenuta qualche giorno fa, ho studiato molto le carte e mi sono fatto un’idea più chiara”.
Quale?
“Non esiste cosa peggiore delle discariche. Quando a Napoli scoppiò l’emergenza rifiuti, con un termovalorizzatore risolvemmo il problema nel giro di sei mesi. Da quell’intervento del presidente Berlusconi, nella doppia veste di grande politico e imprenditore, non ho più letto sui giornali dell’emergenza monnezza in Campania. Potrei anche capire che i termovalorizzatori sono superati da un punto di vista tecnologico, ma è incredibile e intollerabile che si parli ancora di discariche a cielo aperto. Oggi dai rifiuti si ottiene un guadagno, sia sotto il profilo economico, che di energia, che di materie prime: bisogna agire in fretta”.
Trova un nesso tra l’inchiesta di Lentini e la politica regionale?
“Da presidente dell’Ars, spero sempre che i problemi restino alla larga dalla Regione. Ma è inevitabile che il nesso esista. Non tanto per i fatti delittuosi in sé; quanto per la responsabilità legislativa. Bisogna approvare delle leggi per fare in modo che queste cose non accadano”.
Riporterà in aula la riforma sulla governance dei rifiuti?
“Mi sono già ripromesso di incontrare i capigruppo questa settimana. Voglio capire cosa pensano, se ci sono i margini per trovare un accordo e arrivare in tempi celeri all’approvazione. Ma non voglio più sentir parlare di contrapposizioni di natura ideologica”.
Per intaccare il dominio delle discariche private e rilanciare il piano degli investimenti pubblici su un modello di economia circolare, serve il piano dei rifiuti che però è dormiente da un anno.
“Al termine di questa riunione voglio avere un quadro chiaro. Capire cosa è successo, cosa non è successo e le cause. Poi mi comporterò di conseguenza”.
La politica ha gli anticorpi per contrastare il virus della corruzione?
“Se tanti funzionari sono coinvolti in fatti delittuosi, è perché esistono troppi passaggi amministrativi. Se fosse possibile esercitare un controllo “ex post” anziché imporre le autorizzazioni preventive, tanti di questi episodi non accadrebbero. Non capisco perché alcuni dei miei colleghi insistano nel non voler portare a casa la riforma sulla sburocratizzazione. E’ logico che i funzionari contrastino questo meccanismo: perderebbero una fetta enorme di potere. Ma che la politica tentenni è inspiegabile. Così rischia di diventare complice. Sa che l’amministrazione siciliana non ha un ufficio di controllo?”.
Si spieghi.
“Negli assessorati, compreso quello ai Rifiuti, non ne esiste uno. Il punto è che non si può immaginare una struttura amministrativa che preveda soltanto l’autorizzazione e mai il controllo. Non controlla nessuno finché non c’è una denuncia. Il sistema delle autorizzazioni preventive è il cancro di questa Regione. Ne sono diventato consapevole col tempo. Un nuovo sistema sarebbe un deterrente per la corruttela, permetterebbe alla gente di non impazzire e agli investitori di non scappare”.
Le dinamiche che attanagliano il mondo dei rifiuti sono molto simili a quelle che riguardano la sanità. Lei, qualche settimana fa, si arrabbiò tantissimo quando accostarono il suo nome a quello di un arrestato, Fabio Damiani (ex manager dell’Asp di Trapani).
“Io questo Damiani non lo conoscevo prima e non lo conosco neanche adesso. Diversa è la storia di Candela. All’inizio della legislatura dissi a Musumeci che non avrei voluto vederlo alla Regione: non perché fosse biondo o bruno, alto o basso, ma in tanti mi confermavano che facesse parte del cosiddetto sistema Montante. Il presidente era stato avvertito di chi fosse questa persona. Non basta essere premiato con la medaglia d’argento dal presidente della Repubblica, perché ogni tanto può sbagliare anche il Quirinale… Pure in altre occasioni si è parlato di eroi che non si sono rivelati tali”.
Qual è il suo giudizio sui professionisti dell’antimafia?
“Gentaglia che dovrebbe solo vergognarsi. Invece trova il coraggio di andare in giro. Tra questi ci sono anche alcuni giudici. Quando ero sotto scorta, tantissimi anni fa, un poliziotto mi rivelò che un procuratore non si dava pace e doveva continuare a cercare notizie su Micciché, perché ‘non è possibile che non ci sia niente, è solo più furbo degli altri’. Ho assistito anche a un’altra scena: durante un’udienza, un avvocato va dall’imputato e gli comunica fra le carte del processo è finito un foglio in cui il Gip chiede al pm di scrivergli l’atto di rinvio a giudizio perché aveva altro da fare… Ma le pare normale? Eppure quando succedono queste cose, tutto rimane impunito”.
Da tempo un forzista non si accaniva sui temi della giustizia.
“Abbiamo combattuto le nostre battaglie in Parlamento, ma oggi mi occupo della Regione e questa incombenza non mi riguarda. Però mi lasci dire l’ultima cosa: la costruzione dell’impianto giudiziario, in Italia, è concentrato sul fatto che il pm dovrebbe cercare anche le prove a discolpa, motivo per cui ha molto più potere dell’avvocato difensore. E motivo per cui non si chiama avvocato accusatore, ma giudice. Purtroppo non sempre avviene e la confusione prevale”.
Con la legge sulla sburocratizzazione che oggi sarà incardinata all’Ars, crede – un giorno – di poter costruire il ponte sullo Stretto utilizzando il modello Genova?
“Credo che questa legge prescinda dalle emergenze. Deve essere il sistema naturale, ovvio, da usare per tutto. Riguardo al ponte sullo Stretto, non troverete una persona al mondo che lo desideri più di me. Ma su questa cosa sono state dette troppe minchiate: persino che ostacolava il flusso degli uccelli… Certo, della legge sulla semplificazione amministrativa potrebbe beneficiarne anche il ponte. Ammesso che si possa fare”.
Notizie della Finanziaria? E’ passato oltre un mese dall’approvazione, e ancora non si muove nulla.
“Non ne ho idea. Ho già prenotato una puntata di “Chi l’ha visto”. Dalle informazioni in mio possesso, non mi risulta nemmeno che sia arrivata a Roma. Se non fosse che c’è un mare di gente in attesa e che al termine del Coronavirus il danno – per la Sicilia – sarà bestiale, ci sarebbe da ridere… Se non ci attiviamo subito, però, la situazione non potrà che peggiorare. Alcuni deputati hanno chiesto l’audizione del presidente della Regione all’Ars: secondo me è giusto, in questa fase, informare. Anche se per il momento hanno privilegiato la riservatezza”.
Siamo ancora in attesa del disegno di legge sulla ricostruzione, che sarebbe dovuto approdare a palazzo dei Normanni una settimana dopo la Finanziaria.
“Non sappiamo se abbiamo i soldi per la prima, figurarsi per la seconda. Qualcuno però deve assumersi la responsabilità: è un momento troppo difficile per continuare a fare giochetti politici”.
Forza Italia numericamente perde pezzi. Qual è il suo stato di salute?
“Io ho avuto un mandato da parte del presidente Berlusconi: modernizzare il partito. Non appena qualcuno ha capito l’antifona, ha preferito cambiare casacca. Ci sono persone giunte alla sesta, settima, ottava legislatura, che dovranno – prima o poi – rendere conto agli elettori. E l’unico modo è il sistema delle preferenze: se hanno lavorato bene verranno confermati, altrimenti no. Nel frattempo devo fare delle scelte e permettere ad altri amministratori locali di farsi largo. Credo che Forza Italia, in Sicilia, non sia mai stata così bene”.
Addirittura…
“Intanto, l’atteggiamento degli ultimi mesi del presidente Berlusconi ha creato le condizioni favorevoli per ricreare consenso attorno al partito. Dopo di che, in Sicilia, abbiamo superato i 700 amministratori locali. Capisce? Per 3-4 deputati-nominati che escono, ci sono decine di sindaci e consiglieri – eletti – che entrano. Il triplo o il quadruplo rispetto a regioni come il Veneto o la Lombardia. Immaginare che il problema di Forza Italia sia la Sicilia, francamente mi fa sorridere”.