Una Regione disperata

L'assessore all'Economia e vice-governatore, Gaetano Armao. E' responsabile della vigilanza sulle partecipate

Del doman non v’è certezza. E anche il Bilancio della Regione resta aggrappato a un filo. Ma stavolta non dipende da Roma (non solo). Bensì da Bruxelles, dove in queste ore va in scena una drammatica riunione dell’Eurogruppo – i ministri delle Finanze dei paesi dell’Ue – che decideranno le misure di contrasto all’emergenza Coronavirus. Dal fatto che l’Italia potrà sforare (o meno) il deficit, ed eventualmente di quanto, dipendono anche le sorti della Sicilia, che non ha soldi per chiudere la Legge di Bilancio e di Stabilità, e che pertanto dovrà “elemosinare” delle risorse aggiuntive che il Ministero dell’Economia, in quasi due anni di negoziato, non ci ha mai riconosciuto. Quella del Covid-19, però, è una parentesi epocale che qualche beneficio potrebbe portarlo pure a palazzo d’Orleans, dove non sono bastate dieci ore di riunione-fiume – martedì pomeriggio – a dare forma alla prossima “manovra di guerra”.

Dalla seduta di questa mattina a Palazzo dei Normanni è emersa una sola parola d’ordine: “attesa”. Armao ha messo le cose in chiaro: “In relazione alle indiscrezioni di stampa sull’approvazione della legge finanziaria, si precisa che non è stato approvato alcun testo. Il governo ha lungamente lavorato, per quasi dieci ore, sulle proposte elaborate dagli assessori e dai capigruppo di tutte le forze politiche del Parlamento, al fine di tradurre gli impegni per il rilancio economico dell’Isola in norme che possano essere condivise in modo ampio. Resta centrale sul piano finanziario l’impiego del contributo al risanamento della finanza pubblica, attendiamo, quindi, gli esiti dell’Eurogruppo per concordare i margini di flessibilità con lo Stato”. Il sunto, per i non addetti ai lavori, è che si è solo parlato. E immaginato una serie di misure che potessero dare ossigeno a imprese e famiglie: tra i pacchetti previsti dalla Finanziaria, ce ne sono alcuni che riguardano il sostegno alle imprese turistiche in difficoltà, detassazione del lavoro, incentivi per le assunzioni, garanzie per i teatri. Ma non si può procedere senza il placet da parte dello Stato.

Tra ieri e oggi il Ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, avrebbe dovuto convocare un tavolo con le Regioni a statuto speciale, fra cui la Sicilia, per affrontare la questione economico-finanziaria. Ma fin qui non è stato possibile onorare l’impegno, per il protrarsi dei lavori a Bruxelles. Slitta tutto. E slitta pure l’approvazione del Bilancio regionale, che nella sua prima bozza prevede una spesa prossima ai due miliardi, che però nelle casse asfittiche dell’ente non si trovano. Si tratta, quindi, di semplici previsioni, per di più ottimistiche, che dovranno passare al vaglio di Roma. Armao, dopo aver spiegato che “noi in questa fase avremo una crescita esponenziale di bisogni finanziari, di fronte una contrazione delle entrate”,  ha passato in rassegna, di fronte a un’aula spiazzata, le richieste sul piatto del governo nazionale: in primis, quella di non partecipare per quest’anno al contributo di finanza pubblica, che costa a Palazzo d’Orleans un miliardo. “Chiederemo di utilizzarlo tutto, o almeno 700 milioni” ha detto l’assessore all’Economia.

Ma ci sono altri bei verdoni in bilico: Palermo, con una norma da inserire nel decreto di conversione del “Cura Italia”, proporrà la moratoria e il differimento dei mutui nei confronti del Mef (il Ministero dell’Economia) per un equivalente di 170 milioni di euro. Inoltre, chiederà di posticipare la rata da 142 milioni dello “split payment”, ossia il meccanismo per la scissione dei pagamenti della pubblica Amministrazione che prevede nuove regole per la liquidazione dell’Iva (la cifra forfettaria pattuita con lo Stato si aggirava sui 600 milioni complessivi). Ultima richiesta, non in termini d’importanza, è quella relativa alla quota di disavanzo che la Regione avrebbe dovuto compensare nel 2020 e che Armao, adesso, chiede di poter “liberare”: vale 421 milioni. In totale fa oltre un miliardo e settecento mila euro. “Noi abbiamo chiesto più che si poteva – ha ammesso candidamente il vicegovernatore – ma sarà difficile ottenere tutto. Abbiamo voluto offrire allo Stato situazioni non onerose, perché siamo consapevoli della fase complessa che stiamo attraversando. Però non si può bloccare il sistema finanziario della Regione, che oggi rappresenta il motore dell’economia dell’Isola”.

Con un livore trattenuto a fatica, Armao ha spiegato che il negoziato con Roma – allo scopo di chiudere un accordo di finanza pubblica e liberare risorse aggiuntive per la Sicilia, con un minor contributo al prelievo forzoso da parte dello Stato – va avanti da oltre due anni (“E’ iniziato il primo agosto 2018”), ma non ha ancora portato a nulla. E che questa è una fase eccezionale, in cui Roma deve dare un segnale concreto: “Mettere in coda la questione risanamento, produrrebbe effetti economici non tanto per lo Stato, ma per i nostri figli. Sappiamo di correre un rischio, ma è un’operazione che va fatta adesso: la mancanza di risorse – adesso – rischia di bruciare le imprese”.

Il lavoro svolto in questi giorni, però, resta sub judice. E soprattutto è legato alla forma d’accordo che l’Italia troverà in campo europeo: “Dobbiamo conoscere il perimetro economico-finanziario dentro il quale muoverci” ha sospirato Armao. Fino ad allora sarà pressoché impossibile mettere la Finanziaria nero su bianco, tanto che il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché si è limitato a convocare una nuova seduta d’aula per mercoledì prossimo, consapevole che sarà molto difficile parlare di Bilancio: “Noi possiamo lavorare solo in presenza di carte certe. Capisco i tempi dell’Eurogruppo, ma lei, assessore, deve mettersi anche nei panni dell’Assemblea regionale. E capire i problemi che abbiamo noi”. Non si può approvare una manovra senza soldi: la questione è tutta qui.

Il rischio, ormai contemplato a queste latitudini, è di ritrovarsi una Finanziaria bell’e impiattata, difficile da emendare e da migliorare, e per di più da approvare in fretta e furia, dato che il 30 aprile scadono i termini dell’esercizio provvisorio. E potrebbe andare persino peggio: “Se Roma riesce a ottenere quello che tutti auspichiamo, ci saranno dei margini di negoziato – ha spiegato Armao –. Se l’esito sarà negativo, ci troveremmo di fronte a margini molto più ristretti”. Bisognerà cancellare e rifare tutto daccapo, e i due miliardi potrebbero diventare soltanto un’illusione.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie