La diffidenza è un sentimento quasi prevedibile di fronte a un “carrozzone” che durante il crocettismo ha prodotto più inchieste che posti di lavoro. Ma oggi la formazione professionale, in Sicilia, riparte. E’ ancora presto per esprimere un giudizio di merito (sono appena terminate le pre-iscrizioni). Ma il professor Roberto Lagalla, assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione Professionale, è un fiume in piena e fatica a contenere dentro gli argini la soddisfazione per questa inversione di rotta.
Ma cosa cambia davvero rispetto a prima? Lagalla ne fa innanzi tutto una questione di metodo: “Abbiamo rimesso in moto un percorso che si era bloccato tre anni fa, producendo effetti negativi sia a carico degli operatori che dei formandi. Con l’introduzione del catalogo regionale dell’offerta formativa, sono i ragazzi, gli aspiranti allievi, a poter scegliere i loro corsi di riferimento – spiega l’assessore –. Tanto più un ente si è dimostrato attrattivo, più studenti è riuscito a reclutare”. La formazione funziona così: gli enti si accreditano al catalogo regionale, gli allievi si iscrivono ai corsi (fino ad un massimo di cinque) e vengono selezionati e inseriti nelle classi. Che, verosimilmente – sono previsti anche degli stage in azienda oltre alla parte teorica – hanno il compito di formare i ragazzi e rilasciare un attestato di competenza spendibile ovunque.
E sta qui l’innovazione. Per impedire che gli enti di formazione provvedano solo a spartirsi la torta dei finanziamenti previsti (a bando sono andati 125 milioni) senza offrire nulla in cambio – leggasi prospettiva “reale” di occupazione – la Regione “ha modificato fortemente le modalità di individuazione delle qualifiche e dei profitti – annuncia Lagalla –. Oggi, a fronte di corsi che venivano denominati e intitolati alle forme di qualifica più disparate, e del tutto potenziali, abbiamo seguito un modello nazionale ed europeo. Ciò vuol dire che ogni titolo conseguito al termine del percorso formativo sarà spendibile in tutti i paesi d’Europa. Il metodo con cui abbiamo operato, di per sé, introduce un elemento di innovazione. Ma è solo l’inizio: vogliamo intervenire sulla qualità della didattica, sul livello dei controlli e sulla verifica della competenza specifica dei docenti. Non si abbia più a dire che la formazione è un carrozzone… In passato, magari, non ha fatto nulla per dimostrare il contrario. Ora va ricondotta alla sua funzione e alla sua dimensione”.
Competenze specifiche dei docenti, si diceva. Perché l’altra faccia della medaglia della formazione professionale – oltre agli allievi (27mila hanno chiesto di preiscriversi) – sono proprio i formatori. Quelli iscritti all’albo professionale, compresi gli sportellisti, sono 8300.
“Alla nostra richiesta di aggiornamento del censimento – rivela Lagalla – hanno risposto in poco più di 5500. Non tutti, però, potranno lavorare perché le risorse a disposizione non consentono di assorbire una platea così vasta. Occorre pensare a misure di riconversione per alcuni e ad un sistema di pre-pensionamento per altri. Rispetto a un’eventuale quota residuale, vedremo come comportarci”.
Tornando ai ragazzi, che in Sicilia toccano un livello di disoccupazione sconosciuto altrove, occorre un’azione seria da parte della politica. A prescindere dall’applicazione di misure di sostegno come il reddito di cittadinanza: “Sarebbe una grande iattura abituare i giovani, sin da subito, a essere percettori di sussidi pubblici – argomenta l’assessore –. Per troppo tempo, in questa regione, abbiamo confuso welfare e lavoro, e viceversa. Ora dobbiamo creare posizioni reali. Questo si ottiene se curiamo la filiera scuola-università-formazione e determiniamo vere condizioni di sviluppo. Come? Attraendo investimenti e mettendo a sistema la capacità produttiva e competitiva della regione. Non possiamo continuare ad assistere a una fuga di cervelli e competenze di questo genere, perché non saremo più in grado di sopperirvi. E’ la peggiore delle emorragie siciliane in corso”.
Il binario in partenza appare affollato e la formazione un buon vagone su cui accomodarsi: “Il prossimo passo è verificare la congruenza dei documenti presentati dagli enti all’atto della prenotazione dei corsi. Se questa verifica dà esito favorevole, si procede al decreto di finanziamento. A luglio potrebbero partire i primi corsi. Ma la nostra visione va oltre: bisogna modificare la legge 24/1976, ormai obsoleta – conclude Lagalla –. E ricondurre la formazione professionale a norme più flessibili, che rendano il sistema più efficace ed efficiente”. Il treno è appena partito.