La prima risposta di Matteo Salvini a Mario Draghi è l’approvazione del regolamento del Recovery Fund, a Strasburgo, da parte dei 28 europarlamentari della Lega, che a dicembre, sul pacchetto economico anti-Covid (che conteneva pure le risorse del NextGen EU), si erano astenuti. Annalisa Tardino è fra questi. Ma odia che le si parli di “svolta europeista”: “Non amiamo le etichette. E’ un’espressione coniata dal Pd per denigrarci e fare polemiche strumentali – esordisce l’europarlamentare di Licata –. Non siamo innamorati di quest’Europa e di quello che è diventata; ma della visione primordiale dei suoi padri fondatori”. Al contrario, “chi dice che ci siamo discostati rispetto alle posizioni assunte nell’ultimo anno e mezzo, evidentemente, non ha seguito il nostro percorso. Noi siamo qui per cambiare ciò che non funziona in Ue, per un’Europa più vicina alle esigenze dei cittadini”.
Onorevole, è un dato di fatto che abbiate votato in disaccordo col gruppo di Identità e Democrazia, di cui fate parte.
“Noi votiamo sempre nell’interesse del nostro Paese, così come ogni altra delegazione che fa parte del gruppo, da sempre. E in nessun gruppo europeo c’è unità di voto su tutti i provvedimenti, è normale che le dinamiche nazionali abbiano la priorità. Lo abbiamo fatto con i colleghi di ID, quando abbiamo ritenuto i provvedimenti adottati utili all’Italia. In caso contrario ne abbiamo preso le distanze. Ma nel rispetto di tutti, coordinandoci col nostro capogruppo e col nostro capodelegazione”.
Perché a dicembre astenuti e a febbraio favorevoli?
“Il Recovery Fund non è una pioggia di banconote lanciate dall’Europa sugli Stati membri, ma un piano strategico con cui l’Unione impone delle condizionalità e l’attuazione di alcune riforme, come quella del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione o del sistema pensionistico. Con il governo espresso da Partito Democratico e Cinque Stelle non eravamo certi di poter dare alcuna garanzia di modifica delle regole che abbiamo sempre criticato. Il Governo Conte era assente dai tavoli che contano in Europa, non c’erano garanzie e non c’era alcuna autorevolezza. Con il professor Draghi è diverso”.
Come fa a dirlo?
“Salvini è stato l’unico, al tavolo delle consultazioni, a porre temi riguardanti l’Europa: la direttiva Bolkestein, il regolamento di Dublino, le politiche di austerity. Il premier incaricato, a differenza del suo predecessore, ci ha garantito di onorare gli impegni. Finalmente c’è la possibilità di difendere gli interessi degli italiani a testa alta in Europa. Per questo abbiamo convintamente votato a favore. La nostra non è una svolta europeista, ma nazionalista. Siamo contenti di metterci la faccia e contribuire al cambiamento. Non siamo demolitori, ma costruttori”.
Prime impressioni su Draghi.
“A me basta il fatto che durante il suo periodo da governatore delle Bce abbia ricevuto le critiche più aspre dalle banche e dalla stampa tedesca. Come ad esempio nel 2012, quando applicò il taglio dei tassi d’interesse. L’hanno definito l’apostolo delle élite, il rappresentante dei banchieri… Per me, oltre a essere una persona seria e competente, è anche un sovranista”.
Sovranista Draghi?
“Sovranista nell’accezione più letterale e più pura, senza i connotati negativi che, in maniera strumentale, vengono dati a questo aggettivo”.
Cos’avete fatto in Europa in questo anno e mezzo?
“Opposizione costruttiva e mai preconcetta. E’ stato grazie alla nostra astensione sul Recovery, a dicembre, che gli italiani si sono resi conto di cosa parlassimo. Che non si trattava di un semplice regalo dell’Europa, ma di un piano soggetto a molte restrizioni. In quest’anno e mezzo abbiamo lavorato con coerenza. Io, in commissione Libe, mi sono battuta per un’immigrazione controllata e regolare, non per lasciar morire i migranti nel Mediterraneo. Mi sono impegnata anche a difesa di agricoltura e pesca. Sul nostro operato ci sono molte rappresentazioni distorte. Ma noi siamo persone serie”.
Berlusconi vorrebbe accompagnarvi verso il Partito popolare europeo, anche se Salvini dice che non è il momento di “cambiare maglia”.
“Infatti non è all’ordine del giorno. Nel corso dell’ultimo incontro, il segretario ha ribadito che i rapporti con la Le Pen e gli alleati sono buoni. Non c’è alcuna volontà di andare altrove”.
In Italia il Pd ha fatto cadere il veto sulla vostra presenza in Consiglio dei Ministri. Il M5s un po’ meno. Non teme che una maggioranza così variopinta possa incappare in qualche incidente di percorso?
“Se parliamo di temi seri che servono al Paese, no. Bisogna partire dal fisco, dalla giustizia, dalla scuola. Se qualcuno decidesse di tirar fuori la legge elettorale o sostenere battaglie ideologiche, sarebbero problemi. Il professor Draghi è lì per scongiurarlo”.
La giustizia è un tema divisivo.
“Io mi riferisco alle assunzioni: nei tribunali mancano giudici, cancellieri, funzionari, che darebbero un input alla velocizzazione dei processi. Specie quello civile, che affonda le sue radici in secoli di cultura giuridica. Per questo non va smantellato, ma preservato”.
Cos’altro serve all’Italia?
“Provvedimenti per i cittadini, le imprese e la scuola. Mettendo sul tavolo gli argomenti giusti, la maggioranza non subirà contraccolpi. Viceversa, l’irresponsabilità di oggi potremmo pagarla domani”.
Anche la Lega siciliana, dall’avvento del segretario Minardo, è diventata un partito moderato e a trazione sicilianista.
“Io sono siciliana. E sono sempre stata una moderata, mai un’esaltata. Questi cliché ci sono stati affibbiati dai nostri detrattori. Il nostro ex segretario, Stefano Candiani, è lombardo, ma è stato una guida autorevole, che ha permesso a una classe dirigente locale di affermarsi e di crescere. Per questo, la nomina dell’onorevole Minardo rappresenta un continuum. Non vedo nessun nuovo corso sicilianista”.
E’ favorevole a una federazione con Diventerà Bellissima? Pare che l’interesse da parte della Lega Sicilia si sia un po’ raffreddato…
“Si tratta di un tema delicato, ma sono testimone del fatto che Salvini ha grande stima di Musumeci e auspica alla federazione col suo movimento. Ho assistito a un incontro molto cordiale fra i due, all’Albergo delle Povere, durante l’ultima visita del nostro segretario a Palermo. Da parte della Lega credo non ci sia alcun veto”.
La Regione è stata costretta a riscrivere il Recovery Plan. E pure la Lega, nel dossier Sicilia, ha rivelato le sue priorità: creazione di lavoro, infrastrutture, fiscalità di vantaggio. Si sente di dare un contributo?
“Bisogna fare poche cose ma buone: investimenti strutturali e infrastrutturali, penso innanzitutto all’alta velocità e ai collegamenti ferroviari e stradali; risoluzione dell’annoso problema dei rifiuti; assunzione di medici e infermieri; miglioramento della rete ospedaliera; investimenti nell’università e ricerca, rendendoli poli attrattivi per i nostri giovani; senza dimenticarci delle politiche demografiche. Lascerei perdere acquari e opere similari. Non si può mettere la ciliegina quando manca la torta”.