Gli sport nazionali di Maurizio Zamparini sono due, e il calcio non è tra questi: il primo è far fuori una valanga di allenatori (chissà quanti ne saranno passati in 16 anni di Palermo); il secondo, ben più recente, è attrarre nella sua rete a strascico una marea di potenziali compratori, salvo rilasciarli in mare quando la partita si fa seria. E’ quanto successo anche stavolta: entro il 24 ottobre, stando al pre-contratto firmato a inizio ottobre con l’imprenditore foggiano Raffaello Follieri, doveva concretizzarsi il tanto discusso passaggio di consegne. Ma la trattativa, anche stavolta, si è arenata sul più bello. E Follieri, già amico di Bill Clinton, ha deciso di tirarsi fuori.
La data del closing, termine inglese che sta per “chiusura dell’affare”, scadeva oggi. Sembrava che l’accordo potesse solamente slittare – a causa del posticiparsi della relazione di una società di revisione che doveva certificare i debiti del club rosanero – ma c’è dell’altro. E l’altro è costituito dalle continue insistenze di Zamparini (pubbliche) che chiedeva ai potenziali acquirenti ulteriori garanzie. Tutto normale, se non ci fosse Zamparini di mezzo.
Così, per evitare lungaggini e squagliare l’imbarazzo, Follieri è entrato a gamba tesa sul imprenditore friulano, spiegando la sua di verità: “Follieri Capital Limited – si legge in un comunicato – non ritiene tollerabile il comportamento finora tenuto dall’azionista di maggioranza, Maurizio Zamparini, che ha ripetutamente messo in discussione la solidità del gruppo acquirente nonostante l’evidenza fondi più volte documentata (…) I legali di Maurizio Zamparini si sono fatti interpreti di un comportamento altalenante, incomprensibile e contradditorio dello stesso, che ha più volte confermato la propria disponibilità alla trattativa senza dare corso, tuttavia, agli impegni assunti durante gli innumerevoli confronti fra le parti”.
La danza e la contraddanza del patron ha rischiato di far fare una cattiva figura anche ai giornali, che da anni raccontano (invano) del passo di lato che mai si concretizza. Zamparini, nella sua storia palermitana (prelevò il club nel 2002), ha più volte esposto il suo giocattolo in vetrina e minacciato di venderlo al miglior acquirente. Lo ha fatto, quasi sempre, quando le acque attorno al Palermo erano diventate torbide, a causa di risultati sportivi poco consoni alla piazza, e i tifosi inviperiti (oggi dalle parti del “Barbera” non si vede più nessuno) ne chiedevano la testa. Lui, il patron, aveva esternato la volontà di mandare tutto all’aria. Non per evidenziare un fallimento reale, ma per spedire un messaggio al popolo rosanero: “Se io vado, come farete senza di me?”.
Atteggiamento guascone e un po’ narciso che nel tifo palermitano non ha mai prodotto l’effetto sperato. Mai nessuno, in realtà, si è stracciato le vesti per Zamparini che così, dovendo abdicare alla sua missione da leader maximo e osannato, ha sempre portato la storia per le lunghe. E per un bambino che solo in questi anni si è affezionato al Palermo, e ne ha visto la genesi, sarà complicatissimo spiegarsi perché quel signore burbero, al netto di tutti i direttori sportivi e i mister sacrificati in questi anni, sia ancora lì a menar le danze. Bella domanda. Solo nell’ultimo anno a Zamparini è saltato un closing (con la Iena Baccaglini che non gli offriva abbastanza garanzie), un presidente “prestanome” (Giammarva si è dimesso), un presidente traghettatore (ma la figura di Antonio Ponte potrebbe tornare di moda al cda di venerdì, quando si dovrà anche approvare il Bilancio) e ora l’ennesimo compratore. La farsa infinita dal sapore amaro: finirà mai?