La vaneggiante ordinanza del podestà siciliano vorrebbe cancellare dall’isola i migranti con la geometrica efficacia di un proclama germanico, ma è prolissa e vedovile come le giaculatorie di una prefica meridionale, e come quelle del tutto priva di effetti, se non nell’ordine psicologico delle cose. Nulla, dunque, organizza e risolve, ma in compenso addita al rancore del popolo siciliano i migranti quali presunti responsabili dei nostri mali passati, presenti e futuri. Nel frattempo in città, dove tra non molto si vota per il sindaco, sono già comparsi manifesti di propaganda elettorale con cui ciascuno è avvisato che “Agrigento non è il campo profughi d’Europa”. La costruzione del nemico, reperito tra i più negletti, è una specialità dei partiti sovranisti, che oggi puntano dritti al governo della città. Che gran colpo sarebbe, per i camerati e i padani, mettere le mani, da soli o in concorso, sul capoluogo della provincia più meridionale del paese! “Agrigento prima di tutto” afferma littoria la gigantografia riveduta e corretta di Giorgia Meloni. Agrigento prima della sua storia millenaria, che la costituisce patrimonio dell’umanità intera, faro di bellezza e di tolleranza nel Mediterraneo; Agrigento prima del suo destino di città d’arte, votata all’inclusione e alla comprensione tra i popoli. Prima di tutto questo, c’è solo un’insignificante cittaduzza, spaventata e risentita, esposta al contagio dell’arrogante viltà di chi affonderebbe, potendo, le navi soccorritrici. Questi, in estrema sintesi, sono i termini della questione che verrà regolata il 4 ottobre. E chi finge di non intenderlo, per azzardo, per vanità o per tornaconto, nella futura “Agrigento prima di tutto” troverà il premio che spetta ai futili subalterni.
Giandomenico Vivacqua
in La lettera scarlatta
La cittaduzza impaurita Ecco Agrigento al tempo dei sovranisti
agrigento
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