“Dobbiamo occuparci subito del problema della dirigenza”, aveva detto Renato Schifani, durante le dichiarazioni programmatiche all’Ars. Era il 1° dicembre. In questi due mesi, però, non s’è mossa foglia. Anzi, il rinnovo dell’Accordo Stato-Regione del 2021, con il blocco categorico a concorsi e assunzioni, e l’età media sempre più elevata dei burocrati (61 anni circa), ripropone la questione di sempre: la Regione è dotata delle risorse umane per stare al passo coi tempi, senza perdere finanziamenti e opportunità varie? La domanda è attuale. Mai, però, quanto lo spoils system: cioè la girandola delle nomine che da qui ai prossimi giorni interesserà i dipartimenti regionali e che, come sempre, solletica gli appetiti della politica. Dalla prima scrematura anche Schifani s’è accorto di un problema enorme: cioè non ci sono abbastanza dirigenti di prima e seconda fascia che possano ricoprire l’incarico più ambito (come previsto dalla legge regionale n.10 del 2000).
Bisognerà pescare nel girone della terza fascia, ossia gli ex funzionari che da un ventennio a questa parte si ritrovano “promossi” nelle posizioni apicali della burocrazia (senza averne titolo). Sarà così anche stavolta, sebbene con le dovute accortezze. Il 9 gennaio, data di scadenza di molti incarichi, la Regione ha pubblicato il primo avviso solo per i dirigenti di seconda fascia. In pianta organica ce ne sono quattro (su 783 attualmente in servizio), di cui uno – Salvo Giuffrida – alla soglia dell’età pensionabile. Pertanto non può rientrare nella lottery dei papabili: la legge prevede che, dall’assunzione dell’incarico, la posizione venga ricoperta per almeno un biennio. Così le uniche nomine confermate dal governo sono tre: Alberto Pulizzi, che continuerà a guidare il dipartimento regionale della Pesca; Antonio Cono Catrini, destinato al dipartimento Turismo e Donata Giunta che andrà al dipartimento degli Affari extraregionali.
Da ieri, invece, il dipartimento regionale della Funzione pubblica ha proceduto alla pubblicazione degli atti di interpello per i dirigenti di terza fascia, che andranno a ricoprire i vertici dei restanti dipartimenti. “Prosegue in questo modo – ha detto Schifani – la riorganizzazione della macchina burocratica che è la condizione essenziale per un funzionamento più snello ed efficiente dell’amministrazione regionale. Contiamo di completare il quadro delle nomine in breve tempo, affinché ogni dipartimento abbia un assetto definitivo”. Schifani però ha schivato il problema: cioè la riforma organica della pubblica amministrazione, che per altro è richiesta nell’Accordo Stato-Regione che l’ultimo provvedimento “Salva Sicilia”, approvato con Legge di Bilancio dello Stato, rende immediatamente esecutivo.
Il ricorso ai dirigenti di terza fascia, infatti, ha creato molti grattacapi sotto il profilo giurisprudenziale a Palazzo d’Orleans. L’ultimo verdetto l’aveva pronunciato il 14 luglio il Giudice del Lavoro di Palermo, confermando l’illegittimità della nomina di Antonio Valenti, dirigente di 3° fascia, a dirigente generale del Dipartimento Istruzione e Formazione. E altresì condannando “le Amministrazioni convenute, in relazione alle rispettive competenze, a ripetere la procedura per il conferimento del suindicato incarico, limitando la valutazione comparativa esclusivamente agli aspiranti appartenenti almeno alla seconda fascia dirigenziale”. Cosa che è immediatamente avvenuta. La Regione, infatti, ha revocato l’incarico a Valenti assegnandolo a Pulizzi (oggi alla Pesca). Le nuove precauzioni adottate – anche per evitare di incorrere in procedimenti d’illiceità e suscettibili di danno all’erario – prevedono un bando solo per la seconda fascia (non esistono dirigenti di prima), e poi il cosiddetto interpello per gli altri.
Ma il rischio, come sempre, è di far prevalere la discrezionalità. E’ anche difficile, in queste condizioni, trovare una exit strategy migliore. Nonostante il Commissario dello Stato abbia “impugnato” il ricorso alla terza fascia dirigenziale – poiché comporterebbe “la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione” – la Regione ci ricasca sempre. Perché, materialmente, non ha abbastanza personale. Da qui la pretesa di sanatoria da parte dello Stato. Che ci ha già provato nel 2021, e ci riprova adesso, imponendo di “eliminare le distinzioni tra la prima e la seconda fascia dei dirigenti di ruolo, superare la terza fascia dirigenziale avente natura transitoria con l’inquadramento nell’istituenda unica fascia dirigenziale, agli esiti di una procedura selettiva per titoli ed esami (…) con espresso divieto a regime di inquadramenti automatici o per mezzo di concorsi riservati per l’accesso alla dirigenza”.
La prescrizione, come detto, è contenuta nel Salva Sicilia, che prevede il rispetto di alcuni paletti (da parte della Regione) in cambio della possibilità di spalmare il disavanzo in dieci anni. Di questa benedetta riforma, però, non s’è più parlato. Nonostante le sollecitazioni giunte dalla stessa maggioranza in aula. Fu Giusy Savarino, nel giorno delle dichiarazioni programmatiche del governatore, a spiegare che “se non facciamo immediatamente la riforma della fascia unica dei dirigenti voi – ha detto la deputati di FdI riferendosi al governo – dovete coprirvi con un’assicurazione importante prima di mettere mano alle prossime nomine: è un rischio per voi e un vuoto nei vertici”. Schifani apprezzò la sottolineatura, evidenziando inoltre che “la carenza di personale nasce purtroppo da un Accordo Stato-Regione dove ci sono state imposte delle prescrizioni e c’è stato anche imposto il blocco delle assunzioni. Sarà la responsabilità del sottoscritto chiedere al Governo nazionale una deroga a questo vincolo”.
Ma nel frattempo l’accordo è stato rinnovato e la deroga è rimasta un annuncio. L’unica cosa certa è che, fino a prova contraria, vige il blocco dei concorsi e il divieto d’assunzione. E’ una piaga che attanaglia la dirigenza (entro il 2029, il 70 per cento dei posti rimarrà vacante causa pensionamenti) ma anche il comparto. All’ultima ricognizione (del 31 dicembre 2021), l’organico era di 11.544 dipendenti, di cui appena l’uno per cento sotto i 40 anni e il 69% (7.948 unità) tra i 51 e i 60 anni. “L’accordo con lo Stato è stato un boomerang – commentò la Cisal – perché assottiglierà le assunzioni fino al 2029, con l’effetto di una totale paralisi degli uffici da qui a qualche anno. Ad andarsene saranno soprattutto i funzionari, determinando tempi ancora più lunghi per le pratiche. A fronte di fondi europei ordinari e straordinari, la Sicilia rischia anche stavolta di vederli andare in fumo per l’incapacità di progettare e realizzare investimenti”.
E qui si torna alla domanda di partenza: davvero lo spoils system costituisce un rimedio per tutti i mali, o la Regione – con questi numeri e questi orizzonti – si troverà costretta a inseguire su ogni scelta e lamentarsi per l’inevitabile declino? Questo rischia di presentarsi al di là dei nomi e dei partiti. Un lascito condiviso di cui la Sicilia non sente alcun bisogno.