Tanti segnali e perfino regali. Poi il gelo, le ostilità palesi fino alla guerra termonucleare di questi giorni. Renzi e Meloni: breve storia della coppia che scoppia. Eppure all’inizio ci furono i voti – non determinanti ma tranquillizzanti – per l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato per superare il muro di Forza Italia e del Cav. Operazione sempre smentita, ma condotta dietro le quinte da Francesco Lollobrigida con pezzi di Italia viva e di altre opposizioni. Poi arrivò – addirittura – un anello. Matteo Renzi regalò a Giorgia Meloni “una fede smart”, che collegata allo smartphone registra tutti i parametri vitali. Salute, tecnologia e richiamo tolkieniano: cosa chiedere di più dalla vita?
La legislatura iniziò dunque con la ricerca da parte dell’ex premier fiorentino di un canale personale e politico con la quasi coetanea assurta al soglio di Palazzo Chigi. Messaggi, consigli più o meno richiesti sulla politica estera, battute, il ruolo di pontiere di Roberto Giachetti, deputato romano renzianradicale, da sempre “amico de Giorgia”. In più di un’occasione Renzi s’offrì senza soffrire: giustizia, riforma del premierato. “Noi ci siamo”. Interviste, retroscena e ipotesi (lunari) di appoggio esterno, con Carlo Calenda che osservava queste fughe in avanti dei colleghi terzopolisti fra lo stupito e lo sconvolto.
Meloni, dice chi la conosce bene, non si è mai fidata fino in fondo del capo di Iv. Difficile darle torto, d’altronde. Tutti in Parlamento, perfino l’ultimo dei commessi, sa che Renzi prima ti avvolge e poi fa come un’anaconda: zac. Per informazioni chiedere a Enrico Letta, agli ex segretari del Pd, ma anche a Giuseppe Conte: trofei di caccia renziani. Secondo Fratelli d’Italia la rottura totale dei rapporti con il “mondo di Matteo” ha un motivo ben preciso: le prime nomine Rai. La richiesta di ascolto e posti che non viene esaudita, “al contrario di Pd e M5s”, ricordano ancora oggi dalle parti del senatore di Rignano. Meloni decide di non concedere spazi a Iv nei posti di sottogoverno e Lollobrigida, secondo indiscrezioni confermate, si rifiuta di dare udienza privata ai vertici di Iv. Vero, falso, possibile. Sta di fatto che dopo un anno di governo si rompe l’idillio. Qualcosa accade.
Nel novembre del 2023 Renzi chiederà le dimissioni proprio di Lollobrigida per la faccenda del Frecciarossa fatto fermare a Ciampino. Poi dopo un mese e mezzo condurrà una battaglia parlamentare durissima contro il sottosegretario alla Giustizia di FdI Andrea Delmastro, presente a Capodanno con il suo caposcorta durante una festa finita con il ferimento di un uomo per via di un colpo partito dalla pistola di un altro parlamentare meloniano, Emanuele Pozzolo (ora sospeso). Un crescendo. Fino allo scontro su Arianna Meloni, sorella e affetto stabile della premier. Con la batteria di dichiarazioni contro Renzi e renziani fatta scattare dai vertici della Fiamma magica. L’ex premier dipinto come “un boss di provincia”, pronto a liberare “la muta dei cani”. E lui che si difende e accusa la parentocrazia che anima il governo. E si riparla di nomine: ancora Rai e in più Ferrovie.
Segue uno scambio di strali che ancora va avanti senza sosta: complotti, pensieri di strani giochi con magistratura e stampa di sinistra. Renzi dice che nella masseria Beneficio, dove si trova la premier, si è rotta l’aria condizionata e a qualcuno è andato un panzerotto di traverso. Nel circolo ristretto del mondo meloniano c’è il timore che quando Renzi si muove dietro ci sia comunque l’anticipazione di mosse ben più ampie di pezzi dello stato. Paranoie e veleni. Canali interrotti. Renzi sotto sotto è contento: le bordate del Giornale e di FdI lo hanno rimesso al centro della scena, gli hanno dato verve per rientrare nel centrosinistra con i galloni di oppositore supremo della destra. E’ convinto che la premier non durerà. Lei scommette sul contrario, ma si guarda intorno sempre più sospetta. Chissà che fine avrà fatto l’anello che le regalò l’ex premier fiorentino.