Un suicidio politico in tre mosse

C’è qualcosa che rischia di corrodere il Movimento 5 Stelle al suo interno: è la spinta a trazione leghista del nuovo governo del cambiamento. Le fauci di Salvini, che non perde occasione per apparire, postare, pubblicare e impedire, stanno fagocitando la prima forza anti-sistema del Paese, che qualche settimana fa non vedeva l’ora di trasformarsi da forza di opposizione in forza di governo. La fretta di entrare nell’esecutivo (parlare di fretta parrebbe ridicolo dato che ci hanno messo 88 giorni) in realtà si sta ritorcendo contro il Movimento, che anche a Roma, come in Sicilia, rischia il naufragio. E’ la tesi sposata da numerosi giornali, italiani e non, all’indomani della svolta destrorsa impressa da Di Maio.

Dopo aver sbandierato per anni di campagna elettorale temi di sinistra, come lavoro, giustizia sociale, reddito di cittadinanza, lotta alla povertà e “uno vale uno”, la prima mossa dei 5 Stelle al governo è aver dato carta bianca a Salvini sul tema dei migranti. Modificando a posteriori il concetto di solidarietà tipico dei grillini e del motore puritano che li contraddistingue(va). Adesso va più che bene chiudere i porti, puntare il dito contro le ong, attaccare il resto del Mondo a ogni occasione buona. E persino voltare le spalle al presidente di Malta (è successo a Palermo). E’ una trasformazione quasi meccanica e involontaria, dettata dagli eventi di un’agenda che qualcun altro impone, a far diventare il movimento di Di Maio qualcosa di molto simile al Pd di Renzi, che nella sua genesi è parso sempre più a destra di se stesso.

Il paragone, ardito finché si vuole, è opera della penna di Curzio Maltese, sull’Huffington Post, il quale fa notare come il suicidio politico dei 5 Stelle passi da tre mosse fondamentali: 1) raccogliere un enorme consenso popolare sbandierando temi sociali; 2) la grande svolta a destra, in cui la lotta alla povertà è riconvertita in guerra ai poveri; 3) il suicidio elettorale, che s’intravvede già d’ora. Una volta saliti al potere, “la resa culturale al nazional liberalismo della Lega è stata immediata e totale” sentenzia l’esperto giornalista.

A furia di governare con il Carroccio e per il Carroccio, e di risultare la stampella di Salvini, il M5S rischia una frattura con la base. Le Amministrative di domenica scorsa hanno lanciato un primo, tiepido segnale. E benché alle elezioni locali il Movimento dia un peso diverso (non per forza minore) rispetto al voto d’opinione nazionale, un po’ di preoccupazione monta. Ma l’aspetto davvero angosciante della vicenda è che di fronte alla preoccupazione, non esiste una exit strategy: mettere i bastoni tra le ruote al Carroccio, significherebbe ritrovarsi alle urne in men che non si dica. E beccare, forse, la metà dei voti di tre mesi fa. Una parte andrebbero alla destra leghista, un’altra – spiega Maltese nel suo articolo – si disperderebbero nell’astensione. Salvini, sull’altro fronte, può rompere quando vuole e fare tombola. E Di Maio, muto.

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