Riavvolgiamo il nastro di 48 ore. Renato Schifani rimette piede all’Ars, dopo 84 giorni, per parlare di incendi e proporre lo stato d’emergenza. Le opposizioni si scagliano sul presidente, imputando ritardi su ritardi e, al termine di un pomeriggio campale, stanco di incassare, ecco la promessa: “Sarò più presente in aula quando ci saranno le riforme”. Cioè: mai. Perché non c’è un solo segnale che faccia immaginare, da qui ai prossimi mesi, un governo e un parlamento operosi. E’ arrivata, con legge, l’introduzione dello psicologo di base, unico grande evento in dieci mesi di legislatura. Mentre l’iperattivo Luca Sammartino si batterà per portare in aula la riduzione dei Consorzi di bonifica (da 13 a 4). Il resto dell’agenda è vuoto.
Alla Regione ci sono altre questioni in ballo, molto più impellenti. Le nomine della sanità, di cui s’è discusso a perdifiato; ma soprattutto le manovre elettorali in vista della scadenza di giugno, quando si terranno le elezioni Europee. Lombardo, salutando il nuovo accordo con Salvini (contrapposto al duo Schifani-Cuffaro), ha detto che la campagna elettorale è già cominciata. Non è l’unico a pensarlo. Tutti i provvedimenti adottati in questi giorni, infatti, convergono in una sola direzione: la ricerca del consenso.
Nel corso delle sue dichiarazioni all’Ars, Schifani non ha accennato alla bozza fatta con Tajani a fine luglio, mentre Palermo era devastata dalle fiamme peggio di Beirut: vale a dire l’assunzione di 300-400 nuovi agenti forestali, giacché gli attuali non bastano. Il discorso, però, è incluso nel nuovo, grande piano assunzionale consegnato a Roma, in cambio di una ridefinizione dell’Accordo Stato-Regione: l’obiettivo è riaprire i concorsi per l’arrivo di 750 nuovi dipendenti della Pubblica amministrazione. Sarà una corsa contro il tempo, ma la volontà non difetta. E siccome l’attesa del piacere è essa stessa piacere, l’idea potrebbe rinfocolare la passione per un centrodestra che, sebbene rappresenti la maggioranza dei siciliani (si è visto nelle urne il 25 settembre 2022), ultimamente è passato all’onore delle cronache per le sue profonde spaccature.
Una bella infornata di nuovi posti – tempo indeterminato e paga dignitosa – potrebbe riscaldare molti cuori e rilanciare l’immagine pubblica di uno Schifani che ha promesso di chiedere scusa solo se dovesse fallire. In questi dieci mesi si è portato avanti, ma adesso è il momento di premere sull’acceleratore. Ecco il piano: le assunzioni del comparto non dirigenziale saranno effettuate sulla base della regola del turn over al 125 per cento dei pensionamenti nell’anno precedente per il triennio 2023-2025 e al 100 per cento a decorrere dal 2026. Per il personale con qualifica dirigenziale, le assunzioni saranno effettuate sulla base della regola del turn over al 125 per cento dei pensionamenti nell’anno precedente per il biennio 2023-2024 e al 100 per cento a decorrere dal 2025. Tecnicismi che non scalfiscono di un’unghia l’idea originaria, e che comunque si accompagnano ad altre soluzioni a breve termine, già in progress.
Come la stabilizzazione dell’enorme bacino degli ex Pip (prima di passare agli Asu). Con la firma avvenuta ieri fra la Regione siciliana, le parti sociali e la Sas (una partecipata regionale), circa mille precari passeranno sotto le insegne di quest’ultima entro il 31 dicembre. Altri mille a seguire. E così un pezzo di precariato potrà finalmente respirare dopo anni e anni d’anticamera e di illusioni. In passato non sono mancate le sorprese, per questo Mimma Calabrò di Fist-Cisl ha deciso di vegliare notte e giorno: “Attraverso il tavolo tecnico permanente monitoreremo e seguiremo costantemente gli sviluppi ed il rispetto delle date che abbiamo sottoscritto. Il sindacato vigilerà su tutto questo avendo l’obiettivo – siglato nell’accordo – che i circa primi mille lavoratori dovranno essere stabilizzati entro il 31 dicembre. Successivamente bisognerà lavorare per l’inserimento”.
Le assunzioni sono una chiave. L’altra per fare incetta di consenso è rappresentata dalla prossima Finanziaria. Non è un mistero che nelle piaghe della Legge di Stabilità si inseriscono i desiderata dei singoli deputati, ricercatori d’oro per la sopravvivenza del proprio collegio elettorale (da cui si attendono di essere ripagati). Il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ha tracciato una road map un po’ diversificata ma addirittura più efficace: “In passato – ha detto a Live Sicilia – c’è stata la tendenza a ‘calare’ tutto nella Finanziaria che diventava così un ddl con dentro di tutto e di più. Ho manifestato più volte ai colleghi l’esigenza di evitare questa tendenza, tra l’altro il percorso dei ddl autonomi si rivela spesso più agevole. Se determinate norme venissero presentate sotto forma di ddl autonomi, anche brevi, avrebbero certamente un iter più veloce”. Sapranno i 70 deputati dell’Ars raccogliere il suggerimento? O si presenteranno coi soliti emendamenti fuori sacco per sostenere iniziative e sagre di paese?
Altri puntelli elettorali di un certo peso, che terranno impegnata la politica ancora per qualche mese, sono nell’ordine: il rimpasto al Comune di Palermo, dove Lagalla non è ancora riuscito a districarsi fra le richieste impossibili di Forza Italia (Pietro Alongi o morte) e i tentativi di resistenza dei patrioti (che vogliono tenersi Mineo) evitando di perdere una poltrona in giunta; la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, che rappresenta il grande, vero avamposto per una rivendicazione totale da parte di Salvini. “Avete visto? Io vi ho fatto il Ponte”. L’apertura di Schifani al co-finanziamento dell’opera, per circa 1 miliardo e 200 milioni, è grasso che cola anche per il vicepremier, che vede nella prossima estate – proprio a ridosso delle Europee – il momento ideale per aprire i cantieri e dare consistenza al sogno (che sembrava diventato un’illusione).
Poi – guai a dimenticarsene – c’è la bisca infinita per piazzare 18 manager sul trono della sanità. L’accordo fra le forze politiche fin qui sembra impossibile, ed ogni giorno subentra una novità, o una contraddizione, in grado di far slittare l’ora X. Ma il 31 ottobre qualcosa dovrà avvenire: il governo aveva previsto di chiudere la partita, ma qualcuno nella coalizione rema contro, chiedendo di dilatare i tempi per una verifica dei requisiti (dei direttori generali, che non sono stati ancora scelti). Per questo si potrebbe giungere alla proroga degli attuali commissari e rinviare di un mese o due l’avvincente finale del thriller. Anche questo, però, senza exit strategy: il riempimento delle caselle è un momento di verifica all’interno della coalizione, per valutare pesi, contrappesi e rivendicazioni. Cosa che si sarebbe voluta fare anche con le province: ma il governo Meloni fa melina sull’abrogazione della Legge Delrio e costringerà la Regione a rivedere il percorso e a rallentarlo (ci sono altre 300 poltrone di sottogoverno in ballo).
Come emerge da questo lungo catalogo autunno-inverno, le cose da fare non mancano. Ma sono tutte tangenti rispetto all’azione del governo e al bene dei siciliani. La priorità è rimettere in moto la macchina elettorale, le riforme restano sullo sfondo. Così anche Schifani sarà libero di non recarsi in parlamento. Il cuore della politica pulsa altrove.