Non è più l’Orlando di una volta. Il Professore, quello che i cambiamenti li imponeva e non se li lasciava imporre, avrebbe agito diversamente rispetto al sindaco attuale che, sulla scia delle Amministrative del 2017 e di un “civismo” mascherato da politica, si ritrova a dover accontentare, uno per uno, gli alleati. Che da mesi lo accerchiano per un rimpasto e adesso lo ottengono. Il 2 marzo Palermo avrà una nuova giunta. Tra i nomi in uscita quello di Andrea Cusumano, che si è appena dimesso da assessore alla Cultura, ma anche quelli di Iolanda Riolo, Emilio Arcuri e Gaspare Nicotri. Tra i volti “nuovi” il fido Fabio Giambrone, ex presidente di Gesap e reduce dal flop elettorale alle Politiche, ma anche Leopoldo Pianpiano (espressione di Sicilia Futura) e Giusto Catania, un cavallo di ritorno.
Fabrizio Ferrandelli assiste alla scena quasi divertito: “La cambiale è in scadenza e Orlando non può più ritardare un processo che attende da mesi – spiega il leader dei Coraggiosi e capo dell’opposizione – Deve soddisfare gli appetiti dei partiti che, in campagna elettorale, si erano nascosti dietro le liste civiche e oggi passano all’incasso. Cinismo più che civismo. L’Orlando forte e autorevole di un tempo avrebbe “resistito”. Ma oggi che siamo di fronte a uno stallo amministrativo, a una decadenza dei conti, a una difficile gestione delle partecipate e della macchina comunale, è chiaro che il sindaco è debole. E non può più rincorrere gli alleati e subire i loro attacchi”.
Anche lei, però, ha dato spazio ai partiti durante l’ultima competizione elettorale.
“Io ho avuto la correttezza di dire quali forze politiche mi sostenevano, l’ho fatto subito. Non so se questa cosa mi abbia premiato o danneggiato, magari ha confuso qualcuno. Ma mi sono presentato agli elettori forte di un programma e di un progetto politico chiaro. Orlando invece si è mimetizzato. Non è stato eletto per la sua popolarità, ma perché trascinato a forza dalle liste che lo appoggiavano. Che poi erano dei partiti… Sono venuti allo scoperto troppo presto”.
Come?
“Il giorno dopo le elezioni lui prende la tessera del Pd. Poi il Pd costituisce un gruppo in Consiglio, come Sicilia Futura, dimostrando la vera natura di quell’alleanza. Infine il braccio destro del sindaco (Giambrone) si candida alle Politiche con il Partito Democratico e viene trombato. I cittadini sono stati ingannati”.
Al di là dei giochetti da Manuale Cencelli, non crede che il rimpasto possa garantire nuova linfa all’Amministrazione?
“Io sono curioso di capire come potranno coesistere Leopoldo Pianpiano, un ragazzo di Sicilia Futura che io stimo e apprezzo per i trascorsi comuni in Consiglio nel 2007, quando lui era in Alleanza Nazionale, e Giusto Catania, che arriva da Rifondazione Comunista. Il grande imbroglio di Orlando viene fuori in questa accozzaglia civica e con la deflagrazione della politica. Quando fui io a proporre un ragionamento moderno, sulla base di un programma scritto dai palermitani, i puristi e i radical chic della città gridarono allo scandalo. Oggi sta venendo fuori il grande inganno”.
Nicotri, Riolo e Arcuri sono in uscita. Qualcuno di loro avrebbe meritato la riconferma?
“Alcuni assessori non sono pervenuti e la città non si è nemmeno resa conto della loro presenza. Penso a Nicotri, una persona con una storia specchiata che a mio avviso ha compromesso con questa esperienza di governo. Ma anche a Iolanda Riolo che ha dimostrato la propria inadeguatezza politica. Arcuri rappresenta il trentennio di Orlando, volto conosciuto già dalle prime sindacature. Il mio giudizio su di lui è pesante perché tutti gli assessorati che ha gestito presentano forti criticità. Probabilmente per un limite caratteriale. Non perdiamo granché. Ma anche con una nuova giunta non c’è molto da guadagnare. Il problema resta Orlando: è un solitario, un solista incapace di fare squadra”.
L’assessore Cusumano si è dimesso da tecnico, dopo cinque anni al servizio della Cultura.
“Da uomo intelligente e artista apprezzabile ha capito che sarebbe stato meglio chiudere con eleganza e provare a reinserirsi nel circuito culturale da cui proviene”.
L’innesto di Fabio Giambrone, addirittura con l’incarico di vice-sindaco, cosa rappresenta in questa fase storica?
“E’ un tentativo disperato. Per un duplice motivo: intanto, per non pagare un prezzo eccessivo al Pd, che rivendica tanti assessori. In questo modo i “dem” esprimono sindaco, vicesindaco più un altro. Prendi tre, paghi uno. Poi, perché Orlando capisce che con una giunta non più sua, avrà bisogno di chi qualcuno che lo copra. Non avrà degli yes man che devono soltanto a lui la loro permanenza nell’esecutivo, bensì ai partiti. Per questo affida una casella centrale a una persona di fiducia, oscurando altri assessori che rischiano di procurargli imbarazzo. Avrà una sovranità limitata. E’ la prima volta nella storia che si inginocchia”.
A Giambrone potrebbe andare la delega al Personale. Un nervo scoperto dell’amministrazione palermitana. Solo ieri i dirigenti hanno scritto al sindaco per lamentare numerosi mal di pancia, tra cui una nuova (e annunciata) rotazione dopo il rimpasto.
“Il personale è quello che ha più disprezzo nei confronti dell’Amministrazione. Intanto, per come è stato trattato in occasione degli ultimi rilievi mossi dal Ministero dell’Economia sulla questione dei conti. A proposito, le questioni restano tutte sul tavolo, tranne quella relativa dei disallineamenti con le partecipate che è stata risolta grazie alla pressione che ho esercitato anch’io. Tornando al personale: è bistrattato e non valorizzato, c’è incertezza sia per i dirigenti che per i lavoratori part-time. Molte figure centrali dell’amministrazione stanno per andare in pensione ma non si è mai provveduto a un bilancio delle competenze per colmare i vuoti nella pianta organica. Molti settori rischiano di rimanere scoperti”.
E poi, tra i rilievi del Mef, sono finite alcune procedure concorsuali sospette.
“Il Mef ha fatto due rilievi relativi ai concorsi da dirigenti in cui non si rispettavano le procedure concorsuali pubbliche e per i contratti fatti ad alti dirigenti, in cui probabilmente è stata calcata un po’ la mano da parte del sindaco. Ecco perché mette Giambrone al personale, perché è un nervo scoperto. E può utilizzare il suo vice come arma – politica s’intende – di controllo. Insomma, da questo rimpasto stanno emergendo tutte le fragilità del sindaco”.
Un’altra questione, sempre aperta per la verità, è quella dei rifiuti. La Tari a Palermo è stata evasa per dieci milioni di euro, che adesso si cercherà di recuperare. Ma la differenziata non ingrana e la monnezza resta sui marciapiedi. Sono facce della stessa medaglia?
“Orlando, all’epoca, ha fatto una scelta: far pagare l’incapacità gestionale di Amia (l’ex partecipata che si occupava di igiene ambientale) solo a creditori e fornitori privati, la parte sana dell’imprenditoria palermitana. Che lui ha azzoppato con quel fallimento. Ma con Rap la storia non è cambiata: all’azienda mancano un piano industriale convincente, un processo di industrializzazione moderno, una copertura finanziaria. Perde un milione al mese ed è destinata a creare un disavanzo di gestione. Se oggi sommiamo a tutto questo la mancata copertura del costo del servizio e la perdita strutturale mensile, il futuro di questa partecipata è segnato”.
Qual è la colpa principale di Orlando?
“Non avere un progetto per la città. Era a proprio agio negli anni ’80, ai tempi della spesa pubblica. Oggi a un sindaco è richiesto virtuosismo amministrativo e capacità di entrare nelle dinamiche del mercato internazionale. Di fronte a questi presupporti dimostra la propria inadeguatezza”.
Dopo oltre un anno, e grazie ai recenti rilievi del Mef, lo ha rivisto in Consiglio comunale. Che impressione ha avuto?
“Di un uomo stanco e infelice di fare il sindaco. Vorrebbe essere presidente del Consiglio, ministro, ambasciatore, ma non sindaco. Ho trovato un uomo sconfitto. E le dirò di più. Se non conoscessi la sua assenza di umanità e di empatia, se non sapessi che è un uomo disposto a tutto e incattivito dalla vita, proverei tenerezza per quello che ha rappresentato un tempo. Anche se alla luce di una riflessione più profonda, credo che la primavera di Palermo sia stata determinata dai palermitani, che chiedevano di cambiare passo. E lui ha dovuto seguirli. Oggi vive la frustrazione di dover amministrare una delle città più belle al mondo”.
Alla luce di questo rimpasto, anche l’azione della minoranza dovrà cambiare passo?
“Dovremo mantenere lo stesso atteggiamento avuto finora: inflessibile rispetto ai temi, ma leale nei confronti dell’interesse collettivo. Non sono un tipo da ripicche, mi prenderò tutte le responsabilità che serviranno. Ma resto convinto che con questa nuova giunta non cambierà nulla: dopo un entusiasmo iniziale, necessario, saranno assorbiti violentemente dal disastro funzionale di questa città, da sette anni di non-scelte. La politica di Orlando è finita”.