Giorgia Meloni è inciampata sulla linea del traguardo. Fino a qualche giorno fa, a bilancio del primo anno di governo, in politica estera la premier sarebbe stata promossa a pieni voti. In barba agli allarmi e ai sospetti scattati dodici mesi fa in quasi tutte le cancellerie europee, l’inedito esecutivo di destra-centro si era mosso sui binari giusti. Anche grazie, e soprattutto, ai vincoli esterni, al rodato sistema costituzionale e agli argini e ai consigli di Sergio Mattarella. A far alzare i voti non è stata però solo diligenza e disciplina. Meloni in un anno ha costruito un ottimo rapporto con il presidente Usa, Joe Biden, in nome di un atlantismo di ferro e del sostegno all’Ucraina senza se e senza ma. Ha tessuto buone relazioni con Bruxelles, grazie al rispetto delle indicazioni contabili e dei limiti di bilancio. Ha reso l’Italia attiva in Asia e in Africa: viaggi su viaggi e incontri con i leader africani per provare a bloccare all’origine i flussi migratori. E invece, al giro di boa dei primi dodici mesi, sulla presidente del Consiglio precipita una grandinata di critiche e di incognite. Complici il fallimento della strategia anti-migranti, dell’intesa con Tunisi e di un Piano Mattei per l’Africa ancora saldamente ancorato esclusivamente alle parole. Continua su Huffington Post
Alberto Gentili per l'Huffington Post
in Buttanissimi Extra
Un rigurgito sovranista ha fatto inciampare Meloni sul più bello
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