Un presidente senza stile

Il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, crede che il Tar annullerà la nomina degli assessori Scilla e Zambuto

“Se Musumeci ha deciso di non azzerare la giunta, saremo noi a farlo”. Il 16 marzo, al Tar Palermo, è prevista l’udienza di merito innescata da un ricorso del Pd contro la nomina degli assessori Scilla e Zambuto. “Siamo fiduciosi che il nostro appello sulla parità di genere e sulla presenza del 40% di donne nell’esecutivo, trovi accoglimento da parte del giudice”. Anthony Barbagallo lancia la sfida a Musumeci. Nel governo si apre un nuovo fronte di guerra che tutti gli addetti ai lavori, fin qui, avevano trascurato. “Il nostro ricorso è fondato – insiste il segretario regionale del Partito Democratico – e gli avvocati hanno fatto tutto il necessario. Crediamo che il giudice possa convergere sulla nostra tesi, cioè di una giunta in palese composizione illegittima”.

L’assalto dem risale a un anno fa, quando Musumeci, per concedere un rimpastino a Forza Italia, scalzò Bernadette Grasso, l’unica (e ultima) donna di dodici assessori. La nomina di Daniela Baglieri, alcuni mesi dopo, non ha cambiato le carte in tavola. Il Pd chiede l’applicazione della Legge Delrio. Significherebbe stravolgere l’assetto (già) precario del governo, che i partiti della maggioranza, per altro, si rifiutano di toccare.

On. Barbagallo, sembra che Musumeci non abbia alcuna intenzione di venire in aula a riferire sulla crisi di governo. Forse perché non c’è più alcuna crisi.

“La crisi è profondissima: tocca i rapporti tra le forze parlamentari della maggioranza, ma anche fra governo e parlamento. Musumeci non può mettere la polvere sotto il tappeto. Urgono spiegazioni”.

Di che tipo?

“Potrebbe spiegarci, ad esempio, perché non ha votato Mattarella”.

Questo cosa c’entra?

“C’entra. Musumeci, anziché interpretare il sentimento dei siciliani, ha scelto – trincerandosi dietro il voto segreto, che in maniera strumentale aveva sempre criticato – di votare Nordio solo per il proprio tornaconto politico. E la nota con cui Giorgia Meloni considera naturale la sua ricandidatura sta lì a dimostrare a cosa sia servita questa interminabile trasferta romana del governatore”.

Perché la considera una cosa così grave?

“Perché l’obbligo di un grande elettore è rappresentare i siciliani, non fare da galoppino alla Meloni. Ancora una volta ha dimostrato la sua coda di paglia”.

Che segnale ha dato la politica per l’elezione del capo dello Stato?

“A un certo punto sembrava di stare al Grande Fratello. Si sono viste cose surreali, specie da parte di alcuni schieramenti. Mi spiace dirlo, ma il livello della classe dirigente si è abbassato notevolmente rispetto al passato”.

Questo cosa comporta?

“Temo che allontanerà ancora di più gli elettori dalle urne”.

Anche il Pd non ne esce benissimo. Non avete mai fatto una proposta alternativa a quelle di Salvini.

“Il Pd è quello che ne esce meglio. E’ stato il più attento a condividere i passaggi con gli organi dirigenti. E Mattarella è la scelta più logica: mette in sicurezza il Paese e l’istituzione più rappresentativa rispetto a ipotesi alquanto cervellotiche”.

Durante la segreteria di partito, l’altro ieri, ha sostenuto l’esigenza di allargare la coalizione al centro. Sta ripensando anche lei al modello Draghi?

“Il modello Draghi non ci interessa. Ci interessa costruire un campo largo, come quello proposto dal Partito Socialista e dal Partito Popolare a Bruxelles. Un modello Ursula, quello sì”.

Che tradotto in soldoni significa…

“Mai con la Lega”.

Così sembrate quelli dei ‘veti’ romani.

“Come ha ribadito anche Letta, siamo pronti a discutere con quanti hanno già condiviso con noi delle esperienze amministrative: alla Regione o nei Comuni. Con l’Udc, +Europa, Italia Viva il dialogo è apertissimo. Anche Miccichè si è dimostrato più volte un interlocutore di garanzia”.

Giampiero Trizzino, dei Cinque Stelle, ha detto che il perimetro è già stato fissato. Comprende i grillini e la sinistra.

“Credo si riferisca alla questione palermitana. Amministrative e Regionali non sono sovrapponibili. Sono due campi di gioco e due sistemi elettorali diversi. Alle Amministrative c’è il doppio turno e una presenza di dirigenti locali a cui il Pd ha sempre dato grande peso. Alla Regione c’è un turno unico e un sistema proporzionale. E’ qui che bisogna allargare”.

Da segretario del Pd, teme le diatribe interne e l’instabilità politica dei Cinque Stelle? In Sicilia non c’è ancora un referente regionale.

“Eppure nell’ultimo anno abbiamo ottenuto vittorie significative e gestito fasi parlamentari delicatissime. Per cui, non mi preoccupa. Secondo me bisogna osservare con attenzione cosa accade nell’altra metà campo, seguire il dibattito fra i partiti che afferiscono al Ppe. Credo che potrebbe avere delle conseguenze anche sui territori e sulle elezioni regionali del prossimo autunno”.

Raffaele Lombardo sembra disposto ad appoggiare un’eventuale candidatura di Caterina Chinnici.

“Ma non ci sono candidature in campo. Ogni proposta che riguarda nomi e perimetro, sarà valutata dagli organismi dirigenti. Con gli Autonomisti, come con altri partiti, talvolta amministriamo insieme”.

L’audizione di Razza in commissione Salute vi ha convinto? O temete che gli 800 milioni del Pnrr per la sanità siciliana possano essere utilizzati per scopi di campagna elettorale?

“Decidere in autonomia il destino di 39 ospedali di comunità e di 146 case di comunità, non è soltanto irricevibile ma anche illegittimo. In un momento così difficile, sarebbe stato necessario un confronto coi deputati, i sindaci, le forze sociali, i sindacati. Invece quello di Musumeci è un regime che tenta di emulare le pratiche del Ventennio, arrogandosi diritti e poteri di ogni sorta. Nel caso della sanità c’è stata una palese violazione della democrazia parlamentare. Anche nei mesi scorsi, alcune scelte riguardanti l’accesso ai pronto soccorso o la costruzione degli ospedali sono state compiute senza sentire nessuno. O tutt’al più affidandosi alle decisioni incomprensibili di qualche burocrate. Razza dovrebbe venire in aula a riferire. Temo, però, che sul Pnrr rischiamo di perdere altri soldi”.

Come è già avvenuto coi progetti dei Consorzi di Bonifica sull’approvvigionamento idrico.

“E come potrebbe succedere – me lo lasci dire – coi rifiuti. Il 14 febbraio scade il bando del Ministero per la Transizione ecologica per la realizzazione di impianti di smaltimento. A dieci giorni dalla decorrenza dei termini, nonostante il commissariamento delle Srr per la progettazione da parte dell’architetto Lizzio (capo del dipartimento tecnico), la Regione non ha concertato un solo impianto d’ambito. Neanche uno. Per questo lancio un grido d’allarme. Dopo il fallimento sulle opere irrigue, sarebbe un disastro colossale”.

Anche sulla stagione dei concorsi, di recente, ha espresso le sue preoccupazioni.

“Temo il peggio. Sui Centri per l’Impiego è già pronto un ricorso da parte dei ‘riservisti’ – totalmente esclusi dall’aggiornamento del bando – che rischia di far saltare la procedura. Abbiamo chiesto un’audizione che, dopo due rinvii, dovrebbe tenersi all’Ars la prossima settimana. E’ un pasticcio che grida vendetta. Così come le ultime impugnative che riguardano il trattamento accessorio degli Asu e la norma sugli straordinari dei dipendenti dei Beni culturali. La Sicilia è la regione col numero più alto di siti Unesco, ma non riusciamo nemmeno a tenerli aperti. Per fortuna la fine dell’impero si avvicina”.

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