Ci sarebbe un sms non ricambiato dietro la stizza di Nello Musumeci, che da Cefalù, anziché osannare Matteo Salvini per la lauta offerta (una federazione col primo partito italiano non capita tutti i giorni), ha coinvolto nel ragionamento gli altri alleati di centrodestra: l’una, Giorgia Meloni, con cui ha rotto alla vigilia delle Europee, tanto che Stancanelli si candidò per Bruxelles in quota FdI; l’altro, Silvio Berlusconi, con cui non s’è preso mai troppo, anche a causa della presenza ingombrante di Gianfranco Miccichè, l’alter ego per eccellenza del governatore. Abbracciare in un unico discorso la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia ha quasi il sapore della “sfida”. Una sfida diretta a Matteo Salvini che, come rivelato da “La Sicilia”, non avrebbe risposto all’invito di Musumeci di vedersi privatamente per discutere di alleanze e prospettive. La Lega ha un’organizzazione gerarchica – ribadiscono dal quartier generale del Carroccio – e quella organizzazione va rispettata. Musumeci, insomma, dovrà scendere a patti con Stefano Candiani, segretario regionale del partito, se vorrà far quagliare qualcosa. Il prossimo orizzonte sono le Amministrative, e il tempo stringe.
Ma veniamo ai fatti. Nonostante la moral suasion di Ruggero Razza, la base di Diventerà Bellissima non è del tutto convinta di unirsi in matrimonio con gli ex nemici del Sud. E nei giorni scorsi, anche da parte del deputato questore Giorgio Assenza, è giunto l’invito a parlare con tutti. Una linea ribadita da Musumeci nel corso dell’assemblea promossa dal gruppo parlamentare dell’Ars, sabato scorso. Il presidente della Regione, e leader del movimento, ha deciso che una federazione ci sarà. Ma non ha detto con chi, né quanto tempo ci vorrà. La Lega si aspetta una risposta entro luglio, ma tra il coinvolgimento dei vertici e quello della base, a Diventerà Bellissima potrebbero occorrere mesi. Musumeci, in questa storia, è la “ragazza figa” quello che se la tira un po’: sa di avere per le mani un giocattolo interessante (Aricò sostiene che Db in Sicilia valga più del 10%), e pretende un trattamento da primus inter pares. Non gli è piaciuto, insomma, che la Lega abbia aperto tutte le forze civiche e sicilianiste, e sia a un passo dal chiudere l’accordo con gli autonomisti di Lombardo.
Oltre a esigere un trattamento da primadonna, Musumeci vorrebbe assicurarsi un sostegno certo per la sua ricandidatura. Una federazione tra Lega e Diventerà Bellissima, d’altronde, non potrebbe sfociare in un’altra soluzione. Ve l’immaginate Salvini e Musumeci a braccetto sulla scheda elettorale, ma con un candidato diverso alla presidenza? Certo che no. Eppure Diventerà Bellissima tentenna. Non vorrebbe stravolgere gli equilibri di un movimento che non ha correnti, ma ha già sopportato gli effetti di una mini-scissione. Quella provocata dall’addio di Raffaele Stancanelli, uno dei soci fondatori, che al progetto di una federazione aveva pensato più di un anno fa, alla vigilia delle Europee. Ma la sua mozione fu respinta dal congresso per “carenza” di prospettiva. Musumeci, commettendo un grosso errore di valutazione, ritenne Fratelli d’Italia “un partito del 2-3%” e lo snobbò. Stancanelli diede la paga a tutti, venendo eletto al Parlamento europeo e portando Fratelli d’Italia, nel giro di pochi mesi, dall’irrilevanza alla doppia cifra (lo dicono i sondaggi).
Quel momento segnò lo strappo fra Musumeci e la Meloni, che oggi qualcuno vorrebbe faticosamente ricomporre. D’altronde, per gli ex Msi, l’approdo più naturale sarebbe Giorgia, e non la Lega. Razza e Musumeci la pensano diversamente. Anche se il secondo non ha il coraggio di ammetterlo. Eppure l’inseguimento a Salvini è cominciato nel 2018, con l’apparizione (contestatissima) sul palco di Pontida, ed è proseguita l’estate scorsa, all’indomani delle Europee che hanno visto Diventerà Bellissima accomodarsi in tribuna. Musumeci, sulla base del modello sardo, aveva proposto più volte una federazione tra i due partiti. Salvini aveva preso tempo. Ma il forcing del governatore non è mai vento meno finché, con un’operazione discutibile – a posteriori è stato il secondo errore di valutazione dopo Stancanelli – nacque all’Ars “Ora Sicilia”. Voleva essere il preludio alla terza gamba del centrodestra. Ma si è rivelato un boomerang. La presenza del figlio di Francantonio Genovese, e di alcuni deputati spuri (la cuffariana Lantieri, ex Pd, e l’ex Mpa Ternullo) scatenarono l’ira di Candiani, che non ha mai sopportato i voltagabbana.
L’affare così si complica, e per ogni passo avanti se ne registrano due indietro. La strategia del gambero. Così la Lega, grazie all’impegno di Nino Minardo – la new entry che serve a distendere i rapporti con Micciché e Forza Italia, giunti ai minimi storici – decide di muovere i primi passi all’interno dei palazzi. E nel febbraio scorso annuncia la nascita del primo gruppo parlamentare a Sala d’Ercole. Ne fanno parte quattro deputati, di cui uno – l’ex Udc Giovanni Bulla – abbandona quasi subito. Anche i rapporti col governatore non migliorano: la Lega, che pretende un’azione di rilancio, vorrebbe occupare la casella dell’Agricoltura, ma dopo una trattativa estenuante in piena pandemia, deve “accontentarsi” dei Beni culturali e della successione di Sebastiano Tusa. L’atteso rimpasto di Musumeci in realtà è un rimpastino (dentro il solo Samonà) e provoca al presidente critiche feroci per aver affidato l’identità siciliana a un partito notoriamente anti-terroni, e a un assessore con un passato scomodo.
La Lega si fida poco del suo interlocutore, non l’ha mai ritenuto un grande valore aggiunto, eppure Salvini non difetta negli apprezzamenti: di Musumeci dice di non aver mai visto un politico più integro. E sebbene preferisca chattare con il sindaco di Messina, Cateno De Luca, quando i suoi gli propongono una federazione, il primo pensiero è proprio per il governatore. Sarebbe un modo per ricambiare la lunga attesa. Ma è a questo punto che la storia assume un’altra piega. Il tergiversare di Musumeci non piace affatto a Candiani, che vorrebbe dai politici siciliani un ritmo sostenuto e un decisionismo più marcato. Soprattutto da parte del presidente della Regione. E potrebbe essersi risentito per lo scarso tatto mostrato da Musumeci nei confronti della sua proposta. Ma Diventerà Bellissima non è (mai) pronta. Come non lo era un anno e mezzo fa per competere nelle urne.
La Lega, invece, sì: è entrata all’Ars, si è presa un assessorato di prestigio, ha invaso gli enti locali e si è organizzata in dipartimenti. Ha assegnato ruoli, incarichi e funzioni. Sta mettendo alla prova una classe dirigente che fino a pochi mesi fa non esisteva e che adesso, invece, ha permesso al Carroccio di strutturarsi nell’Isola. Ha dettato le condizioni (la federazione), fissato i tempi (entro luglio) e scelto gli interlocutori (i movimenti civici regionali e locali) per “la nuova alleanza”. Ha aperto a Musumeci, che però ha risposto picche. Questo eterno tentativo di melina gli si potrebbe ritorcere contro. La Lega, infatti, potrebbe sottrargli la sponda degli autonomisti, ma anche i centristi di Romano non sono così entusiasti dei primi due anni e mezzo di legislatura. Così come Forza Italia, che nelle prossime ore tornerà alla carica per un rimpasto (interno). Micciché, che con il governatore si è spesso trovato in disaccordo, si aspetta che gli venga concesso. L’ultimo appiglio per impedire lo smottamento – già prospettato dalla scelta dei candidati sindaci per le prossime Comunali – sembra rimasto il Carroccio. Il mastice mancante di una coalizione sempre più in bilico.