Un contenzioso con Roma, le proteste in piazza, i franchi tiratori. La seconda Finanziaria dell’era Musumeci non si è fatta mancare nulla. Nemmeno un vertice ad alta tensione, che il governatore fu costretto a chiedere ai suoi assessori di rientro da “Porta a Porta”, dove aveva partecipato a una trasmissione sull’autonomia differenziata del Nord, mentre a Palermo la sua maggioranza veniva rovesciata più volte dal voto segreto. E in quel vertice, convocato di prima mattina e in cui il governatore sembrava a un passo dalle dimissioni, si giocò a carte scoperte. Filtrò la voce secondo cui Mimmo Turano, assessore alle Attività produttive, era pronto a mettersi di traverso, invocando l’esercizio provvisorio rispetto a una Legge di Stabilità su cui il governo rischiava di finire impallinato. “Ma si tratta di una fake news – svela adesso Turano – una cosa inventata da “punta a punta”, come dicono dalle mie parti”.
Non fu tra i sostenitori dell’esercizio provvisorio?
“No. Quando le opposizioni chiesero di prorogare l’esercizio provvisorio, la giunta decise di condividere all’unanimità la posizione del presidente, che a me sembrò strategica: cioè approvare prima possibile il Bilancio. Cosa che è avvenuta”.
Qual è stato il prezzo da pagare per una risoluzione così rapida?
“Approvare il Bilancio così presto – ci siamo riusciti dopo 12 anni – è stato fondamentale per pianificare serenamente un anno di attività, senza ricorrere, escluso il mese di gennaio, ai pagamenti in dodicesimi. Anche tutti gli enti locali ne hanno beneficiato, perché da questo momento in poi potranno approvare i loro bilanci avendo la certezza di quanto possono spendere. Sono grato a Musumeci e a tutta la squadra per il lavoro che è stato svolto”.
Resta una Finanziaria ridotta all’osso. Nessun investimento e la scure di Roma che pende sulla testa del governo.
“Siamo stati costretti a rivedere il riordino dei conti alla luce della sentenza della Corte che ci ha imposto di trovare 150 milioni subito. Il governo, chiaramente, è andato in affanno. Per questo ci siamo impegnati a costruire una legge con adeguate coperture finanziarie, che tenga conto di una probabile autorizzazione alla spalmatura del debito in trent’anni e permetta comunque di garantire tutte le categorie”.
Quali sono le norme che riguardano le Attività produttive?
“I trasferimenti delle reti idriche e fognarie delle aree industriali, la possibilità di tutelare il patrimonio chiedendo un’autorizzazione all’assessorato, la vendita dei capannoni industriali previa valutazione da parte degli uffici competenti delle procedure di evidenza pubblica. La nascita dell’Irca. Ora dobbiamo ridefinire la riqualificazione delle aree industriali, la vendita dei beni e il mantenimento dell’indirizzo di prelazione degli asset strategici”.
Ha parlato di Irca. Il presidente del nuovo Ente, che nasce dalla fusion di Ircac e Crias, e che si occupa di credito agevolato per le imprese, non avrà uno stipendio. Ci sarà la fila…
“Io pensavo fosse corretto dare un compenso, stabilito già dalle tabelle, al presidente e al consiglio d’amministrazione. Invece l’assemblea ha votato per il mantenimento della gratuità dell’incarico. Ora, lei ce lo vede un manager che deve parlare con 180 mila imprese artigiane, e con tutto il mondo della cooperazione, svolgere un ruolo così delicato gratis? Non credo sia giusto”.
Ma le regole sono regole.
“Troveremo comunque un modo. Tornerò in assemblea e, per via amministrativa, cercherò di affrontare la questione. Il problema non è creare una nuova poltrona o dare un gettone di presenza. Bensì dare una lauta e giusta gratificazione ai soggetti che devono interloquire col mondo imprenditoriale, cercando di proporre le soluzioni. Non sono affatto contento di come vengono gestiti questi enti che rappresentano una grande opportunità per il mondo imprenditoriale. Quando si raggiunge solo 1% degli interlocutori vuol dire che non abbiamo fatto bene. Se poi pretendiamo che qualcuno faccia il lavoro gratis, siamo messi male”.
Ci sono tre o quattro elementi della maggioranza, i cosiddetti franchi tiratori, che potrebbero far cadere il governo a proprio piacimento. Come si fa ad andare avanti?
“In tutti i parlamenti del mondo il voto segreto per queste cose non è ammesso. Esiste soltanto in Sicilia ed è un po’ desueta. Tu ti puoi raccordare con la maggioranza, considerare le proposte dell’opposizione, ma non ti puoi difendere dai fantasmi. A volte non si capisce che non vale la pena dare uno schiaffo al governo quando si fa un danno ai siciliani”.
Il Movimento 5 Stelle per qualche ora vi aveva proposto una soluzione che avete rispedito al mittente. Non sarebbe il caso di cercare nuovi equilibri per far andare avanti Musumeci? Magari con un accordo di programma.
“Questa è una scelta che appartiene esclusivamente al presidente della Regione. Sulle grandi riforme tutte le forze politiche che vogliono collaborare sono ben accette. E’ chiaro che una grande riforma non appartiene al governo ma al Parlamento. Se si fa un danno a Turano non se ne accorge nessuno, ma se lo fai siciliani non rendi un buon servizio. Il voto segreto non lo chiedono i franchi tiratori, ma le opposizioni”.
Tra le critiche più veementi a questa Finanziaria si registra quella di Confindustria. Che parla di “regione incapace” e “spettacolo sconfortante”.
“Quando le critiche servono a stimolarti per lavorare di più e meglio, sono ben accette. Quando, invece, non si tiene conto del lavoro svolto ti rimane l’amaro in bocca. Cosa ci contesta esattamente Sicindustria? Di aver finanziato in un anno 1.030 imprese? Se lo avessero fatto anche i loro governi, in cui avevano degli assessori di riferimento, non saremmo così in difficoltà”.
Davvero non c’è alcun rilievo da muovere al governo sul piano degli investimenti industriali?
“Abbiamo trovato le risorse, rimpinguato le misure già pubblicate, accelerato la spesa, fatto i decreti. I decreti sono stati registrati alla Corte dei Conti e in un anno abbiamo finanziato oltre mille imprese. Non significa che ci sono mille cantieri aperti, perché in alcuni casi devono ancora cominciare i lavori. Ma noi abbiamo fatto 1.030 decreti di finanziamento per un totale di circa 500 milioni: 335 di risorse pubbliche, 135 di co-finanziamento dei privati. Che si possa fare di più, siamo d’accordo. Che non si sia fatto niente fino al nostro insediamento, beh, siamo d’accordo anche in questo”.
Capitolo Blutec. A Termini ci sono mille operai che non rientrano in fabbrica e che non si vedono rinnovare gli ammortizzatori. Cosa può fare la Regione?
“E’ una vicenda che segue personalmente il ministro Di Maio. Io sono andato al Ministero tre o quattro volte. Ho cercato di interloquire, di fare tutto quello che è di mia competenza. Poi è venuto Di Maio a Termini Imerese, fra l’altro non invitando nessuno, e ha detto che avrebbe risolto il problema. Adesso ritorna, senza invitare nessuno, e dirà che il problema è quasi risolto. Se il Ministro ha detto che ci pensa lui, crede che la Regione potrebbe mai ostacolarlo? Purtroppo, però, i lavoratori sono sempre a spasso”.
Il disimpegno di Fca e Blutec a Termini è l’esempio più lampante di una desertificazione industriale irreversibile?
“Il tessuto imprenditoriale siciliano è fragile e debole, questo lo sanno anche le pietre. Il finanziamento alle piccole e medie imprese che hanno partecipato ai bandi è stato assicurato. Ora bisogna mettere mano ai contratti di programma, agli accordi di sviluppo, e alla riqualificazione delle aree industriali. Quest’anno lo vorrei dedicare a organizzare una serie di iniziative che mirino a questo scopo”.
Capitolo aeroporti. Il governo ha stoppato – mancano i 4 milioni dell’aggiornamento contabile – il progetto di continuità territoriale per gli aeroporti minori, fra cui il “Florio” di Trapani. E’ una situazione paradossale.
“La verità è una: il ministro Toninelli vuole nazionalizzare Alitalia. I cui prezzi non sono competitivi con il resto delle compagnie. A pagarne le conseguenze sono i siciliani costretti a prendere l’aereo. Quando facciamo scappare le low cost con dei cavilli e diamo dei soldi ad Alitalia per ricapitalizzarla, mentre la compagnia di bandiera, come nel caso di Trapani, li utilizza per far ricorso e bloccare un bando per l’incremento turistico, provocando la desertificazione di una provincia intera, mi chiedo cosa possiamo fare noi… E’ chiaro l’indirizzo del governo nazionale: Alitalia va salvata. Non importa chi pagherà il conto”.