Un governo di risse private

Antonello Cracolici, deputato del Pd ed ex assessore all'Agricoltura, tifa per Miceli candidato a sindaco di Palermo

La baraonda all’interno del centrodestra, secondo Antonello Cracolici, non è più una questione politica. Ma personale. “In questi anni sono andati avanti per inerzia, lasciandosi guidare da interessi di piccolo cabotaggio, senza mai riuscire a darsi un profilo comune sulle questioni più importanti, a partire dalla crisi sanitaria. Tutto è stato affidato all’estemporaneità, all’improvvisazione e alla mancanza di visione. Questa situazione, che a lungo è rimasta soffocata, ora è esplosa in una crisi fra persone. Diventando ingovernabile”. Per chi osserva dall’altra parte della barricata è ancora più lampante: “E’ come se si fosse passati dalla violenza verbale a quella fisica”, dice il deputato regionale del Partito Democratico. E andrà così fino alle prossime elezioni, “in cui ognuno cercherà di dimostrare all’altro chi ha avuto ragione e chi torto”.

L’azzeramento delle commissioni parlamentari fa parte di queste logiche?

“Azzerarle a sette mesi dalla fine del mandato rischia di farlo sembrare un atto ritorsivo. Ma la cosa illogica è aver rinviato questo passaggio, previsto dai regolamenti parlamentari, per oltre un anno e mezzo. Di solito si fa a metà legislatura. E poi, diciamocelo francamente, le commissioni non funzionano da tempo, non sono più state il luogo della produzione legislativa, il motore del parlamento. La storia di questi cinque anni è stata segnata da voltagabbana e cambiacasacca”.

L’Ars ha approvato un emendamento blocca-nomine. Che segnale è per Musumeci?

“E’ la spia più evidente che non si fidano l’uno dell’altro. Si tratta di una legge che esiste dal ’95. La novità è che noi facciamo scattare il divieto da subito, e non soltanto negli ultimi 180 giorni della legislatura”.

Il movimento del governatore s’è accodato in extremis.

“M’ha fatto venire in mente quella squadra che perde 3-0 e decide di farsi due gol nella propria porta per dire di aver segnato pure lei… E’ un modo per nascondersi. Ma il dato politico è che la maggioranza non si fida più di Musumeci né della sua corte”.

Lei ha denunciato le interferenze della Regione all’Oasi di Troina dopo la revoca del direttore generale.

“E’ uno dei tanti episodi che confermano il clima attuale. Ricordo quando Musumeci ha utilizzato l’espressione ‘governo elettorale’ (dopo aver ‘minacciato’ di azzerare la giunta, ndr): una cosa inaudita. Cosa vuol dire ‘governo elettorale’? Un governo di clientele? Un governo che piega tutto al consenso e, quindi, a una logica di occupazione del potere?”.

Si sente sollevato dall’idea che non possano nominare i vertici della sanità e delle partecipate?

“Le nomine del governo sono sempre state orientate al caos. Dall’Ast alla Seus, passando per Sicilia Digitale. Ha prevalso la logica del controllo politico. Le poche volte che è arrivato qualcuno con una propria storia personale, e scevro da appartenenze, è immediatamente scappato”.

Si riferisce alle dimissioni dell’ex magistrato Ferlisi dalla Seus?

“Esattamente. Parliamo di una partecipata che per tre-quattro anni è stata guidata direttamente da Milano. La nomina del precedente direttore (Davide Croce) risale al periodo leghista di Musumeci, la cui prospettiva era cedere la società dell’emergenza-urgenza alla Lombardia. Più in generale, questo governo non ha saputo creare una classe dirigente che si facesse carico di gestire e governare i nodi, ma si è posto l’obiettivo esclusivo del ‘controllo’”.

Del controllo di che cosa?

“Assunzioni, incarichi professionali, piccole forniture. Purtroppo si sono già evidenziate le crepe di una gestione allegra nelle strutture della pubblica amministrazione”.

Lei aveva denunciato la presenza di alcuni faccendieri nelle stanze degli assessorati: sono spariti?

“Non faccio il metronotte, non ho il compito di appostarmi all’ingresso degli assessorati per vedere chi entra e chi esce. Ma penso che la mia denuncia sia arrivata. Forse hanno imparato a nascondersi un po’ meglio, evitando la spocchia da primi della classe. Tuttavia, non credo si siano ridotte le sfere d’influenza e le ragioni che hanno portato in giro questi faccendieri. In molti pezzi dell’amministrazione ci sono degli interessi in campo e si sta continuando a lavorare perché quegli interessi siano piegati a logiche politiche ed economiche. Qualcuno continua a fare affari con questa Regione”.

L’altro giorno, di fronte alla durissima critica di Compagnone nei confronti dell’assessore Messina – seguito della diatriba social col sindaco di Paternò sul passaggio del Giro d’Italia – lei ha ipotizzato una mozione di censura nei confronti dell’assessore al Turismo. Semplice provocazione?

“Non ho elementi per dire come stanno le cose. Ma le accuse di Compagnone erano pesantissime, e non si può ridurle a un fatto privato. E’ giusto che se ne parli in aula e che l’assessore sia presente per replicare. Poi si potrà determinare se quel comportamento è consono a una figura istituzionale”.

Non sarebbe il primo intervento a gamba tesa di Messina…

“A differenza di quanto accade in altre regioni, da noi l’assessore è un ‘ministro’, non un semplice delegato. Secondo le mansioni assegnate dal nostro Statuto, ha piena responsabilità sotto il profilo giuridico, politico e amministrativo. Qualcuno crede ancora che l’unico parametro per svolgere la funzione di assessore sia essere cameriere del presidente… Non è così”.

E’ lei ad aver inventato Franco Miceli sindaco di Palermo?

“Franco Miceli è un po’ più anziano di me, quindi non ho inventato nulla. Lo conosco da tantissimi anni. Quando mi è stato proposto, l’ho subito apprezzato. Sarebbe un candidato capace di coniugare la competenza politico-amministrativa, dettata dalla sua esperienza nelle istituzioni, e un alto profilo civico, legato alla sua attività libero-professionale e alla capacità di proiettare il proprio pensiero al fare, e non solo al chiacchierare. Da quindici anni ha smesso con la politica e si è dedicato alla professione: non in via esclusiva, ma in rappresentanza della propria categoria. E’ presidente nazionale dell’Ordine degli Architetti, e questo potrebbe aiutarci nel costruire una nuova dimensione nazionale di Palermo. Anche se governare questa città sarà difficilissimo”.

Crede che accetterà di candidarsi?

“Non sono nella testa di Miceli. Ma conosce lo stato delle cose e la mia opinione. Può rappresentare la sintesi migliore, ma dipende da lui. Io al massimo posso fare il tifoso”.

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