La direzione regionale del Partito Democratico, all’indomani della bufera che si è abbattuta sulla sanità siciliana, ha chiesto a Roma la rimozione di Musumeci da commissario per l’emergenza Covid, e invitato il presidente della Regione a lasciare palazzo d’Orleans. “Solo i vili o i fuggiaschi si dimettono. Io sono una persona perbene”, è stata la replica. Ma Anthony Barbagallo, deputato e segretario regionale del Pd, torna alla carica, individuando le inefficienze del governatore: “Da un lato l’incapacità di gestire i dati (anche ieri sono “spuntati” 258 nuovi decessi, ndr); dall’altro il tentativo di utilizzare la pandemia per finalità di consenso”.
Se si riferisce alle carte della Procura di Trapani, Musumeci ha già replicato che non poteva esserci alcuna richiesta di consenso, avendo preteso egli stesso delle misure restrittive. Inoltre, si evince dalle dichiarazioni del Gip, sarebbe stato “ingannato” dai suoi collaboratori più stretti.
“Noi abbiamo fiducia nella magistratura. Ma seguendo l’evoluzione della pandemia nell’ultimo anno, fatico a pensare che Musumeci delegasse tutte le sue funzioni o fosse all’oscuro di ciò che accadeva. E’ inutile continuare a mettere la testa sotto la sabbia”.
Voi avete spiegato di aver presentato 50 documenti, fra interrogazioni e interpellanze parlamentari, per evidenziare le criticità. Quali sono le più pesanti?
“Il primo segnale ci arrivò a maggio dello scorso anno, sui decessi in provincia di Enna. Diminuirono anziché aumentare: su quell’episodio abbiamo presentato un atto ispettivo, ma nessuno ci ha fatto sapere nulla. Poi, il 19 giugno, in un solo giorno, sono spariti dai calcoli 394 positivi: Musumeci e Razza presentarono quel dato in maniera entusiastico, spiegando che la Sicilia stava meglio. In realtà si trattava dell’ennesimo errore macroscopico nei conteggi. Inoltre, abbiamo giudicato irresponsabile la mossa del governatore di mandare i comuni al voto nella tornata del 4-5 ottobre, due settimane dopo il referendum. Con questo coup de theatre, Musumeci ha messo a rischio la vita dei siciliani – dato che le temperature erano in diminuzione e la carica virale aumentava – facendo lievitare i costi per le casse della Regione. Ma c’è un altro aspetto: a fine ottobre, mentre alcune regioni avevano ripreso a chiudere, e prèsidi e sindaci invocavano sicurezza per gli studenti, lui se ne andava ad Ambelia e al concerto di Bocelli. C’è un filo conduttore in tutto questo”.
Musumeci in aula ha replicato alle vostre critiche tirando in mezzo Crocetta e il sistema Montante. Spiegando che voi non avete alcun diritto a distribuire patenti di moralità.
“Infatti non ha replicato ai nostri interventi. Ha spostato la partita su un altro piano, ha omesso di riferire sulla grave situazione della sanità. Da parte del presidente della Regione era lecito attendersi un intervento istituzionale, per fornire i dati completi, spiegare gli errori fatti dagli uffici, indicare una soluzione per migliorare il sistema. Lui, invece, ha preferito le accuse e gli insulti, compresi quelli fuori microfono… L’altra volta ci aveva preso per pidocchi, stavolta ha tirato fuori la storia dello sbiancamento anale. E, comunque, ci tengo a precisare una cosa: io, a differenza di autorevoli componenti di questo governo, non ho mai incontrato Montante. Altri, come si evince dalle intercettazioni di Caltanissetta, lo hanno fatto. Oppure, come nel caso di Musumeci, sono state chiamate a testimoniare come persone informate sui fatti”.
Siete reduci da un’altra polemica. Dopo l’interrogazione di Nello Dipasquale, che ha chiesto a Musumeci di fare luce sul lavoro del soggetto attuatore per l’edilizia ospedaliera, Tuccio D’Urso, il diretto interessato ha replicato minacciando querela. E il Pd è esploso…
“C’è un problema di fondo: che in questa storia il diretto interessato non è Tuccio D’Urso. Io ricordo che fra le prerogative parlamentari c’è quella di conoscere il numero degli affidamenti, lo stato di avanzamento dei lavori ecc… Non so se il comunicato di D’Urso sia stato scritto sotto dettatura da parte di qualche autorevole esponente di palazzo d’Orleans, e non mi interessa saperlo. Ma ancora una volta l’obiettivo è il medesimo di Musumeci durante il dibattito in aula: spostare l’attenzione sulla folla e su Barabba, evitare di conoscere a pieno il meccanismo che ha portato alla sua incapacità gestionale. Cioè quello che interessa ai siciliani. E mi faccia dire un’altra cosa”.
Prego.
“Qui c’è tanta gente in trincea. Medici, operatori sanitari, infermieri fanno turni massacranti per garantire un tampone in più o per permettere ogni giorno, a qualcuno, di stare meglio. Di fronte a tutto questo è necessario conoscere il numero dei test effettuati, dei ricoveri, dei posti letto disponibili. E invece stiamo camminando al buio. Fino a ieri, nei calcoli, sono comparsi 258 decessi: una cosa inammissibile. Si è persa la credibilità dell’istituzione regionale”.
L’assessore Armao ha detto, in un’intervista a ‘La Sicilia’, che Barbagallo parla senza sapere. Gli avrebbe attribuito due articoli bocciati in Finanziaria che, invece, non gli appartengono…
“Non ho letto l’intervista, ma credo si riferisca all’articolo 9. In realtà, intendevo l’articolo 8, quello sulla BEI. Costituiva il cuore della sua rubrica, che però è stata polverizzata. Credo che Armao sia il grande sconfitto di questa Finanziaria, perché esce sfiduciato dalla sua stessa maggioranza. E credo che le sue responsabilità aumenteranno non appena la Corte dei Conti provvederà alla parifica del rendiconto 2019. Non era mai successo che un rendiconto venisse ritirato in autotutela dalla giunta. Inoltre, il fatto che siamo nel 2021 e l’ultimo bilancio parificato risalga al 2018, dovrebbe indurre l’assessore a una profonda riflessione. Armao ha gravissime responsabilità, avendo ricoperto incarichi di governo in nove degli ultimi quindici anni”.
Il prossimo sarà l’ultimo, dato che l’assessore ha promesso che non sarà più all’Ars né al governo nel 2022…
“Questa è l’unica notizia che rasserena i siciliani. Noi speriamo se ne vada anche prima”.
Quando la parte finale dell’articolo 8 venne soppresso, Armao disse che sarebbe stato quasi impossibile attivare la convenzione con la Banca Europea degli Investimenti. Ora sembra che abbiano trovato la soluzione.
“Con questo governo di pasticcioni è sempre meglio usare il condizionale… Uscendo dall’aula dopo la bocciatura dell’ultima parte di quell’articolo, Armao minacciò qualche collega dicendo che avrebbe attuato la convenzione ugualmente. E comunque dovreste chiedergli a che serviva quel milione e mezzo di consulenze perché io non l’ho ancora capito”.
Non lo dica a noi. Dopo il ‘vuoto’ della Finanziaria, il governo ha deliberato 250 milioni di ristori per le imprese colpite dalla pandemia. Questi soldi, secondo lei, arriveranno in tempo?
“Non sono affatto fiducioso. Per me bisogna andare a monte della questione, cioè capire se esiste il governo, se esiste una maggioranza… Ricordo che Armao ci ha presentato una Finanziaria 2021, con metà della Finanziaria 2020 rimasta inattuata. Speriamo che coi ristori non finisca come per il Bonus Sicilia, ma ho la sensazione che questo governo non sia in grado di gestire le risorse. Mi pare il tentativo disperato di raccogliere i cocci di un vaso andato già in frantumi”.
Sui rifiuti, con la chiusura della discarica di Lentini e le continue revisioni del ddl di riforma, si rischia l’ennesima emergenza?
“I rifiuti sono il fallimento più evidente del governo Musumeci. Più della sanità e della questione finanziaria. Per la riforma bisognava fare quattro cose elementari: un numero di Ato non superiore a cinque; la natura pubblica delle SRR; il divieto di subappalto (in Sicilia continuano a esserci troppi affidamenti “compiacenti”); e una centrale unica di committenza per velocizzare gli appalti. I primi due elementi sono stati invocati anche dalla Corte dei Conti. Invece, ci troviamo alle prese con una riforma spot che prevede l’eliminazione delle SRR. Non è possibile. Sono l’unico avamposto che si occupa di rifiuti: organizzano gli obiettivi, si interfacciano coi sindaci, garantiscono percentuali importanti di differenziata. Va cambiata la loro natura giuridica, ma non si possono eliminare. Sul tema dei rifiuti servono soluzioni pronte e immediate che il governo Musumeci non ha mai saputo garantire. C’è anche la questione che riguarda i CCR, i centri comunali di raccolta: 106 comuni hanno partecipato al bando da 18 milioni previsto dalla misura 6.3.1. Sa quanti ne sono stati finanziati? Soltanto cinque. Per una capacità di spesa inferiore al 4%…”.
Sul sistema della differenziata, però, è colpa anche dei grossi centri.
“Le percentuali sono penalizzate dalle quattro grandi città. E’ impensabile che Catania raggiunga l’8%. Così viene vanificato lo sforzo di tanti comuni più piccoli… Dato che siamo all’ultimo anno, e che Musumeci è il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, dovrebbe darsi una mossa, aiutando i sindaci e le municipalità. Spedire i rifiuti all’estero, sacrificando 45 milioni di fondi strutturali, certificherà invece la resa della Sicilia”.
Con l’uscita di Peppe Provenzano dal governo nazionale, viene indebolito anche il ruolo del Pd siciliano?
“La formazione del Conte bis, per il perimetro politico e le persone che ne facevano parte, rappresentava la cornice ideale. Ma non mancano le condizioni per fare bene. Peppe è vicesegretario nazionale, anche Antonio Nicita fa parte della segreteria. Inoltre, ci sono tanti componenti che si sono battuti per gli interessi del Mezzogiorno, cioè la cosa che ci interessa di più. Inoltre, sentiamo forte la vicinanza del governo nazionale: i nostri ministri stanno facendo bene”.