Nella sua visita in Sicilia, il superministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha giocato a carte coperte. Aggiungere il tema del reddito di cittadinanza a quello sul taglio immediato dei vitalizi sarebbe stato un po’ troppo. Di Maio l’ha solo annunciato: perché il reddito di cittadinanza, una bandiera della campagna elettorale a Cinque Stelle, non può che rimanere al centro dell’agenda politica (diversamente, sarebbe un suicidio). Ma bisognerà capire come farlo (tutt’altro che una babbiàta): dove reperire le coperture, quando farlo partire, stabilire i criteri… Nel contempo, però, bisognerà dimostrare che un lavoro lo si sta cercando. Non a parole, ma attraverso un’iscrizione ai centri per l’impiego che nel frattempo si punta a rinnovare.
Come si comporta un giovane-tipo, nel 2018, appena smesso di studiare:
Ipotesi 1: ti iscrivi al centro per l’impiego, compili un modulo di disponibilità al lavoro, riformano il centro per l’impiego, ti propongono un corso di formazione… che al mercato mio padre comprò. Poi aspetti che Di Maio trovi qualche soldino (solo per la Sicilia occorrono due miliardi di copertura finanziaria), che il Parlamento approvi la proposta e che questa entri in vigore. Esasperati da questo racconto “virtuale” (ma così reale) sorvoliamo sulle code chilometriche e le isterie generali che la trafila comporterà.
Ma un giorno – e qui scatta l’ipotesi 2 – capita che un giovane laureato, stanco di fare code, di inviare curriculum che nessuno leggerà mai, di iscriversi a LinkedIn, di chiedere contatti al papà dell’amico, si trovi davanti alla prospettiva di entrare in Garanzia Giovani. Una garanzia, cheffà non provo? E allora, sotto con la nuova iscrizione, stavolta online (se il sistema non va in tilt). Chi sono, da dove vengo, da quanto sto a spasso, bla bla bla. Mi chiamano, scoppio di curiosità, mi dirottano sulla mail e trovo una proposta di lavoro per diventare animatore (sottopagato) a Disneyland Paris. Papà, cheffà non parto? Ho fatto francese in terza media. Pagami il volo, merci.
Ma se al posto di partire per la reggia di Topolino (ipotesi 3) decidessi di specializzarmi ancora un po’ e ingrossare il curriculum, magari partecipando a uno di quei corsi professionali che la Regione Sicilia tanto promuove? Che male ci sarebbe, da disoccupato, prendere lezione da un altro disoccupato, per rimanere inoccupato? Fa tutto brodo, no? In realtà – mi spiegano – questa formazione dovrebbe garantirmi uno stage in azienda, o magari ho capito male. Ma è la stessa cosa che mi dicevano di Garanzia Giovani: un modo per sollevare la testa da quei maledetti libri e arrivare alla meta. A quell’assunzione che tutti quanti hanno il terrore di pronunciare.
Vabè, già che decido, vado a farmi una vacanza studio – è l’ipotesi 4 –. Che oltre a imparare la lingua, faccio un altro po’ d’esperienza. Magari quando torno Di Maio ha già approvato il reddito di cittadinanza. E sono a posto così. La pacchia, per dirla con Salvini, è appena cominciata.