La necessità – e il dovere – di cambiare registro sulle politiche economiche della Regione. Il dibattito all’Ars, a margine delle dichiarazioni programmatiche di Renato Schifani, suona come un monito nei confronti del nuovo governatore, e soprattutto di Marco Falcone, neo assessore all’Economia (con delega alla Programmazione), che raccoglie un’eredità ingombrante e, secondo molti, deleteria: quella di Gaetano Armao, che il “rivale” Micciché, in aula, ha definito un assessore “imbarazzante” per le fregnacce raccontate al parlamento e per i risultati ottenuti ai tavoli romani.
Se sabato, giorno dell’Apocalisse, la Sicilia si troverà nuda di fronte alla Corte dei Conti, secondo Cateno De Luca, fra i componenti più battaglieri della prossima commissione Bilancio, è colpa dei “bilanci falsi” approvati da “Armao meravigliao” assieme a Musumeci, i quali avrebbero modificato “unilateralmente il contenuto pattizio” dell’ultimo accordo Stato-Regione – quello della spalmatura in dieci anni – “senza il consenso dello Stato”. A mancare, secondo De Luca, è la parte del “riscatto”. Cioè l’impianto di riforme e riqualificazione della spesa che da quell’accordo, che porta in calce le firme di Giuseppe Conte e Nello Musumeci, matura. Nero su bianco. E che il governo regionale, con l’alibi del Covid, non ha mai onorato.
De Luca, da “topo” della commissione Bilancio (presente e passata) ha regalato a Schifani alcune indicazioni per venire fuori dall’inghippo: “Non so se lei ha capito o meno che cosa ha ereditato”. E poi ha sferrato il primo attacco. Più sul metodo: “Le variazioni di bilancio prevedono carattere d’urgenza”, ma “così si comprimono i tempi utili per consentire al Parlamento di svolgere il proprio lavoro. Io non farò sconti, individuando le potenziali “marchette” nascoste dentro il testo. Partiamo male – ha aggiunto – perché se sabato va male qui salta il banco, e non so lunedì di cosa dovremo discutere”. “Se vuole la nostra collaborazione, presidente Schifani, l’avrà, ma – ha concluso il suo intervento De Luca – faccia mettere ai suoi assessori da parte i vizi e le abitudini che hanno messo in ginocchio la nostra terra”.
L’approdo in aula delle variazioni di bilancio è fissato per il 7 dicembre, anche se per il leader di ‘Sud chiama Nord’ i tempi non verranno rispettati. Per lo più è anomalo che in un provvedimento adottato d’urgenza, proprio come accadde nella scorsa legislatura (quando le Leggi di Bilancio e di Stabilità, addirittura, saltarono il regolare iter in commissione per approdare direttamente in aula), ci sia spazio per finanziare mostre e sagre. Si tratta dell’apoteosi della marchetta, a fronte di un accantonamento già previsto di 255 milioni per rimpolpare il Fondo sanitario a seguito dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale, che ha giudicato incostituzionale la “distrazione” di risorse dal capitolo dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per pagare un mutuo con lo Stato. Una situazione ereditata dalla Legge di Stabilità del 2016, che il successivo governo, però, non ha mai interrotto né voluto sindacare.
L’assessore, d’altronde, era sempre lui: Gaetano Armao. Il suo spirito ha aleggiato per tutto il giorno a Sala d’Ercole. Anche Schifani non ha potuto fare a meno di sottolineare, con delicatezza finchè si vuole, ma con assoluta fermezza, che sui conti è necessario andare oltre questa stagione nefasta: “Nel corso degli ultimi anni sono state attivate varie interlocuzioni con i Governi nazionali per discutere delle diverse criticità finanziarie che ha dovuto affrontare annualmente la Regione e che hanno determinato il concreto rischio di non garantire le complessive esigenze di spesa e di pregiudicare l’adempimento dei compiti istituzionali – ha ammesso -. Interlocuzioni che si sono tradotte in Accordi con lo Stato che, a fronte del riconoscimento di risorse aggiuntive, della riduzione del concorso al risanamento della finanza pubblica, di agevolazioni nella definizione dei piani di rientro dal disavanzo, hanno impegnato la Regione, in un’ottica di leale collaborazione, ad assicurare una serie di misure volte a realizzare la riduzione strutturale e la riqualificazione della spesa corrente e l’incremento della spesa per investimenti, ad adottare provvedimenti di riorganizzazione e snellimento della struttura amministrativa, di razionalizzazione degli Enti e delle Società partecipate, misure di semplificazione e digitalizzazione, di recepimento di principi statali in materia di dirigenza pubblica”.
Non ha aggiunto Schifani – ma i tre assessori del governo Musumeci, che tuttora siedono nell’esecutivo, lo sanno perfettamente – che nessuno di questi impegni è stato onorato. E per questo la credibilità della Regione è stata inesorabilmente scalfita. Il presidente della Regione si è limitato ad andare oltre. Sorvolando sui dettagli per non fare un torto a nessuno: “E’ intendimento del Governo regionale continuare il percorso intrapreso, tuttavia è evidente che nonostante gli enormi sforzi compiuti permangono ancora gravi problemi finanziari, aggravati dalla difficile situazione economica e sociale causata dagli ultimi anni di emergenza sanitaria, che richiedono l’avvio di un nuovo, serio confronto con lo Stato, per trovare definitive soluzioni ad alcune problematiche non più rinviabili, senza le quali, anche alla luce dei recenti atti istruttori della Corte dei Conti in sede di giudizio di parifica del Rendiconto 2020, diventa concreto il rischio di blocco dell’azione del Governo regionale”.
Il “processo” nei confronti di Armao aveva avuto come prologo le dichiarazioni rilasciate da Miccichè a Live Sicilia. Il loro rapporto non è mai stato il massimo, ma uscito dalle funzioni super partes di presidente dell’Ars, il leader di Forza Italia ha vuotato il sacco fino all’ultima mollica: “Direi a Schifani di puntare su un’operazione verità, perché se non si svela quello che è successo sul bilancio, non si potranno risolvere mai i problemi. Certe cose – ha aggiunto – o si fanno al primo anno o non si fanno più. Io credo che un’operazione verità sia necessaria, magari non sarà facile per Falcone, che era assessore nella passata legislatura. La sua nomina al Bilancio lascia intendere che non sarà semplice dire la verità”. E per concludere l’arringa: “I conti? Non torneranno… Se dai conti dovesse emergere che abbiamo un deficit bestiale, io credo che non ci sia miglior momento di questo per tirarlo fuori, perché c’è un governo nazionale in assoluta sinergia con quello regionale, non c’è miglior occasione di questa per salvare la Sicilia”.
Ma il governo nazionale non è sciocco: sta già facendo resistenza per concedere a Schifani il mezzo miliardo richiesto (una sorta compensazione per l’aumento della spesa sanitaria) che servirebbe a chiudere la prossima Finanziaria. La Corte dei Conti, sabato, potrebbe essere soltanto l’inizio del de profundis. Il vero protagonista di tutto ciò, però, osserverà dalla tv.