Dice di non rispondere alle provocazioni né agli articoli di stampa, Cateno De Luca, tanto meno “ai commenti di qualche deputato siciliano in cerca d’autore”. Un passaggio che sembra sancire, per davvero, il suo avvicinamento a Fratelli d’Italia. In modo particolare alle posizioni di Arianna Meloni, con la quale si erano già aperti dei canali in passato (smentiti però dal diretto interessato). Per carità: non c’è nulla di male a salire sul carro del vincitore, in Sicilia è una moda consolidata. Trovatene uno che transiti da un partito di maggioranza al Pd o ai Cinque Stelle: da un paio di legislature non se ne vedono. Molti hanno fatto il percorso inverso, come i cinque deputati dell’Ars che De Luca ha perso lungo il tragitto: solo l’ex Iena La Vardera ha scelto di starsene all’opposizione, pur da banchi diversi e con un partito nuovo, Controcorrente. Gli altri sono finiti alla Lega, in Forza Italia, alla DC, tutt’al più al gruppo Misto (in attesa del miglior offerente).
Quindi, lo ribadiamo: nessuna sorpresa. Ma che sia proprio Cateno il funambolo più funambolico di tutti, appare – questo sì – straniante. Se non addirittura grottesco. Aveva preso mezzo milione di voti alle ultime Regionali, lasciando credere al suo folto elettorato di rappresentare l’alternativa. Si era schiacciato – credendo di poter ottenere una nomination per diventare “sindaco di Sicilia” alle Regionali ‘27 – sul centrosinistra, che però non è neanche in grado di compattarsi stando all’opposizione, figurarsi riconoscere un leader “esterno” o ammetterlo alle primarie; e poi, alla fine, ha ceduto al fascino del governo, alle parole confortanti di Schifani, all’operosità di chi comanda.
Era stanco, Scateno, del piglio isterico di chi urla le proprie intenzioni ai quattro venti senza ottenere mai nulla; era stufo dell’uso intensivo del turpiloquio per abbindolare le masse che odiano la “casta”; non se la sentiva di rappresentare una massa di traditori che tramavano alle sue spalle per fare carriera nelle istituzioni. Ne ha persi tanti per strada: il sindaco di Cerda, l’ex Iena, la deputata Musolino (che gli è stata “scippata” da Renzi), il parlamentare De Leo, transitato in FI dopo avergli retto il gioco a Taormina, candidandosi a sindaco in una lista di “servizio”. E alla fine, forse, s’è perso anche lui. Dopo le lunghe traversate per ottenere visibilità a livello nazionale (si era proposto per il seggio di Monza, lasciato libero da Berlusconi dopo la morte del Cav.) ed europeo (con il listone da 17 simboli: un flop), è tornato a fare il mestiere di umile gregario in Sicilia.
“Mi sono rotto i c…. di arrivare sul podio, fare eleggere una pattuglia di deputati per poi farmeli sfilare da chi fa il mercato delle vacche. Voglio vincere. E amministrare bene che è la cosa che so fare meglio”, ha detto non molto tempo fa. Per questo ha abbandonato la sua creatura, Sud chiama Nord, rinunciando agli incarichi di partito, per fondarne un’altra. Che, per il momento, però, è soltanto un centro studi. Oppure un grande manifesto che bisogna riempire di contenuti: “Ti amo Sicilia”. E’ così che si chiama. “Non è un addio, ma una trasformazione – aveva detto l’ex sindaco di Messina lo scorso febbraio -. Perché io non smetto di fare politica, anzi, voglio dedicare il mio tempo a ciò che conta davvero: portare nei palazzi della politica la concretezza dell’amministrazione. La mia metamorfosi è questa: da amministratore a stratega, da lupo solitario a costruttore di alleanze per amore della Sicilia”.
Dopo averle provate tutte alla vigilia delle ultime Europee – ma non si è fidato di Renzi, tanto meno di Calenda – l’orizzonte si è spostato a destra. Dapprima ha chiesto lezioni di politica a Schifani, con il quale l’avvicinamento è nei fatti dal dicembre scorso (il governatore fu invitato a Messina per una conferenza stampa, e fu uno scambio di complimenti reciproco); poi si è rivolto ai piani alti di Fratelli d’Italia. E’ stato il Fatto quotidiano a raccontare di un approccio con il responsabile organizzativo Giovanni Donzelli, lo stesso che ha aperto la crisi del partito nell’Isola, provocando l’invio di un commissario e le dimissioni di Manlio Messina da vicecapogruppo di FdI a Montecitorio. La trattativa sarebbe stata condotta da Laura Castelli, l’ex viceministro dell’Economia, ex grillina, cui sono state affidate le chiavi di Sud chiama Nord dopo l’esilio di De Luca a Sant’Elena.
E anche il commissario Sbardella, che al momento ha la stessa credibilità del commissario Lo Gatto in missione a Favignana (non ha smosso un filo per dare prova del cambio di rotta), si bea per questo avvicinamento. Anche se fa il possibile per mantenere il profilo basso: “Ne ho sentito parlare quando sono stato nominato commissario, è vero che lui si guarda intorno e ha diversi contatti con tutti i partiti di centrodestra”. E’ come se fosse De Luca a cercare casa, e i patrioti se la tirassero un po’.
In realtà anche a Fratelli d’Italia farebbe comodo il suo nutrito consenso, forse un po’ calante (i commenti sui social sono impietosi) per arginare l’ondata centrista. Il Messinese è un feudo e ScN alle ultime Politiche è riuscito a vincere entrambi i collegi (alla Camera e al Senato) eleggendo un paio di rappresentanti. Anche se non ci sarà alcun ingresso organico a FdI, una federazione sarebbe auspicabile. A questa si sta lavorando in gran segreto. Com’era quella storia delle “sedute spiritiche”? Acqua passata…