Mettiamola così, l’atto insopportabile della Procura di Catania che ha sequestrato computer e telefono e perquisito l’abitazione del giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo non è un attacco alla libertà di stampa, ma qualcosa di peggio. Perché tocca le corde di un’inchiesta vergognosa, quella sui depistaggi di Stato per la strage di via d’Amelio, e suona sgraziata e offensiva. Nei confronti di tutti quelli che da 25 anni aspettano una parola di verità, soprattutto dei parenti delle vittime.
Ed è incredibile la prontezza con la quale alcuni magistrati si sono mossi su denuncia di addetti ai lavori, nello specifico i poliziotti accusati di avere avuto un ruolo nella gestione dell’impostore Vincenzo Scarantino, un finto pentito che ha tenuto per decenni – ripeto decenni – la macchina della giustizia lontana da un barlume di verità. Provate a farla una denuncia, voi popolo qualunque senza divisa e vedrete la solerzia… Nello specifico poi la vicenda assume i toni di farsa.
Palazzolo ha scritto della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di questi signori, notizia vera, usando tutte le cautele del caso. Gli si contesta di aver divulgato notizie segrete in un’inchiesta che dovrebbe essere urlata al mondo in ogni suo passaggio. Perché i responsabili del depistaggio acclarato e giudiziariamente provato sono stati protetti? Perché dinanzi a un’ipotesi di reato così grave, magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine coinvolti a pieno titolo (gestivano l’inchiesta, elargivano credibilità all’impostore Scarantino, chiedevano e ottenevano decine di ordinanze di custodia cautelare sulla base di menzogne scientificamente assemblate) non sono mai stati sfiorati da nulla, neanche un buffetto, ma anzi in alcuni casi hanno visto migliorare la loro posizione professionale?
Questo vogliamo sapere, non come ha fatto un giornalista a scoprire la verità, chiaro? Invece la vera urgenza per la Procura di Catania è sequestrare gli arnesi da lavoro di un giornalista per capire com’è possibile che sia stato rotto questo silenzio indecente. E non ci si appelli a codici e manuali che con 25 anni di sete di giustizia e di tradimenti di Stato sapete che ce ne facciamo di quei codicilli?