E’ la settimana del turnover ai vertici della burocrazia regionale. Ma resta la convinzione che – se solo potesse – Schifani rimetterebbe mano, in un lampo, alla squadra di governo. Che in questi mesi è come sparita: evanescente, inefficace, a tratti persino improduttiva e dannosa. Il cambio alla Salute, con l’ingresso di Daniela Faraoni al posto di Giovanna Volo, ha provato a dare una scossa al mondo della sanità, che ha di fronte a sé un mese di grandi incertezze. E’ come se gli altri assessori dosassero gli interventi, peraltro con l’effetto di creare problemi.
Il più temerario si è rivelato Edy Tamajo, che in un colpo solo ha provato a trattenere a capo del dipartimento Attività Produttive Carmelo Frittitta (non ci riuscirà, essendo scaduti i cinque anni previsti dalla direttiva Anac) e a ricollocare Forza Italia, che non nasce come il suo partito, al centro dello schieramento politico: alla stessa distanza da Fratelli d’Italia e dal Pd, per intenderci. Che Schifani non l’abbia presa benissimo è emerso anche da un’intervista a Blog Sicilia: “Non è che io possa dare brevetti di primogenitura – ha detto il presidente della Regione – ma è evidente che non nascendo in Forza Italia, contrariamente al sottoscritto che ne è uno dei fondatori, può avere anche visioni forse leggermente diverse”. Per Forza Italia l’alleanza con FdI e Lega rimane strategica, in Sicilia come altrove.
Un altro assessore che non si vede quasi mai, ma rappresenta un problema reale per Schifani è Mimmo Turano. L’ultima uscita del responsabile dell’Istruzione è a proposito del cambio dei dirigenti. “Non sono stato ancora chiamato a esprimere il mio parere. Quando questo avverrà, dirò come la penso”, ha fatto sapere al Giornale di Sicilia. Salvo tornare, poche ore dopo, sui propri passi: “Le ambizioni e la voglia di continuare a lavorare da parte di tanti dirigenti sono sentimenti normali tuttavia il Governo della Regione è chiamato a rispondere alla legge”. Turano ha già avuto degli screzi con Schifani: la prima volta alla vigilia delle Amministrative di Trapani, quando i suoi fedelissimi – anziché sostenere il candidato della coalizione – appoggiarono il bis di Giacomo Tranchida (espressione del Pd). Già a quel tempo Schifani invocò una verifica, ma dovette fermarsi per non scontentare Luca Sammartino. Anche lo scorso novembre, a causa della misura del prestito d’onore per gli studenti universitari, alcune divergenze portarono il presidente della Regione e il leghista a un passo dallo strappo. Che non avvenne per miracolo.
A infastidire il governatore, in passato, era stato pure Roberto Di Mauro, assessore all’Energia. Critico, inizialmente, verso la realizzazione dei termovalorizzatori. La tregua con Lombardo ha evitato il peggio, ma l’assessore all’Energia, in questo iter che passa da Invitalia (per la gestione delle gare d’appalto) non ha quasi toccato palla. Si è eclissato dietro le iniziative del presidente, che in questa fase – per le sue doti di “marziano” – ha avocato a sé le principali note dolenti dell’Amministrazione. E fra le competenze di Di Mauro non si può dimenticare quella relativa all’Acqua e ai Rifiuti, e di conseguenza della gestione della Diga Trinità, nel Trapanese: il responsabile del dipartimento Arturo Vallone ha subito un duro richiamo per non aver dato seguito alla proposta della Regione di individuare un consulente che risolvesse le criticità strutturali della diga. Lo farà, per lui, il capo regionale della protezione civile.
E fin qui gli assessori problematici. Poi ci sono quelli senza verve. I tecnici, gioco forza, fanno i tecnici: la Faraoni è appena arrivata (e ha già una catasta di problemi sul tavolo); Dagnino, dopo aver dato una mano per l’approvazione della Finanziaria evitando l’esercizio provvisorio, è incappato in questa brutta storia degli indiani che hanno fornito alla Regione mascherine Covid fasulle (era consulente legale della Paramount Strategies Ltd e ha ricevuto dalla società una parcella di oltre 230 mila euro); Barbagallo, di ispirazione leghista, si muove nel solco del suo predecessore Sammartino, ma non ha avuto la spinta per riproporre l’agognata riforma dei forestali, finendo così al centro della contestazione.
L’ultima new entry è Giusy Savarino, molto attiva sotto il profilo della comunicazione: è volata persino alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano, per valorizzare “le nostre bellezze naturali, i nostri parchi, le nostre 75 riserve, i nostri geositi e i parchi tutelati dall’Unesco”. Per il resto è impegnata sul fronte dei balneari, con l’orizzonte di privatizzare altre spiagge libere da dare in concessione. A Milano c’era pure Elvira Amata, che pensava di essere la salvatrice del turismo, ma anche in questo contesto a dominare la scena è il presidente della Regione. Per fortuna, verrebbe da dire: Amata, infatti, era aperta alla proroga di un’iniziativa fallimentare come SeeSicily, inventata dal suo compagno di partito Manlio Messina, che ha aperto un buco da venti milioni nei bilanci, per non parlare della pessima figura su scala nazionale con la storia dei voucher rimasti in pancia alle strutture ricettive (che però hanno ricevuto i soldi della Regione). Anche la Amata, nonostante il sostegno della corrente turistica un po’ decadente – da quando Lollobrigida si è sfilato – è in un periodo di down. E non basteranno i selfie per cancellare questa opinione diffusa.
Poi ci sono gli altri: da Scarpinato, buono per qualche sostituzione dell’ultima ora (Schifani lo ha mandato alla conferenza stampa inaugurale di Agrigento Capitale della Cultura e tutti sanno com’è andata), ai cuffariani Albano e Messina. Due ectoplasmi. Il secondo, per la verità, ha solo creato qualche grattacapo con la riforma della dirigenza, che contemplava al suo interno un emendamento per stabilizzare i dirigenti (per lo più nomi “eccellenti”) comandati da altri enti all’assessorato alla Salute. La proposta è stata ritirata in fretta e furia. L’unico a battere un colpo, ogni tanto, è Alessandro Aricò: vuoi per la vicenda del caro-voli e la concessione di sconti ai residenti – che non intaccano di un’unghia i guadagni né i metodi delle compagnie aeree – vuoi per la forma di comunicazione aggressiva sperimentata sui social dal super pagnottista, che non perde occasione per infiltrarsi nei palazzi che contano e offrire la vetrina a enti altrimenti mummificati: dal Cas all’Arpa.
Ma queste sono eccezioni. Gli assessori, tranne qualche ospitata nel bar della domenica, per lo più tacciono. Forse perché poco abili nella pratica della comunicazione, forse perché meno laboriosi di quanto lo stesso Schifani si aspettasse. Nel dubbio, parla lui. Per tutti.