Aiuto. Che Dio ci salvi dai sedicenti scrittori che, sempre più numerosi, piritolleggiano in ogni piazza, in ogni slargo, in ogni radura, in ogni anfratto, per presentare i loro libri. Non se ne può più. Lo ha detto, sulle colonne del Corriere della Sera, Pietrangelo Buttafuoco, un intellettuale di prima fila che ora presiede la Biennale di Venezia. Lui non ne può più dei premi che sono diventati un falò della vanità. Avete presente quella gigantesca girandola narcisista che ammorba le nostre estati e che trasforma anche gli asini e gli sgrammaticati in “romanzeros”? Lo fa con la stessa insofferenza e con la stessa sufficienza con la quale Carlo V d’Asburgo, imperatore dell’Impero Romano e re di Spagna, assegnò un cavalierato ai postulanti di origine catalana che in Sardegna gli chiedevano un premio per la loro fedeltà alla Corona. Todos caballeros. L’episodio risale al 1541. Lo racconta, in apertura di un brillante pezzo, pubblicato sabato sul Foglio, Maria Pia Farinella. Che su l’invasione di queste cavallette della scrittura – altro che le locuste – ha intervistato il professore Silvano Nigro, certamente la figura più autorevole della letteratura italiana – ha insegnato anche alla Normale di Pisa – e della critica letteraria. “I romanzi? Sfornati come pani, almeno duecento al mese. Un abuso insopportabile. Scrivono tutti. Politici, calciatori, giornalisti, insegnanti di ogni ordine e grado”, annota Nigro. “Ma scrivono come parlano e come mangiano. Senza stile, senza personalità propria, senza nessun livello letterario. Direi che non hanno scrittura. I francesi hanno una espressione per definire questo linguaggio. Lo chiamano langue de bois, letteralmente lingua di legno. E’ inevitabile che il piacere della scrittura vada scomparendo”.
All’insopportabile disgusto per i romazeros, corrispondono purtroppo le cifre spaventose fornite da Nomisma: nel 2019 in Italia sono stati pubblicati 86.476 libri. Un record. Ma i lettori anziché aumentare diminuiscono. Negli ultimi dieci anni almeno il dieci per cento si è perso per strada. “In cambio – continua Maria Pia Farinella – dai monti al mare l’estate è tutt’un festival. Tutta una compagnia di giro. Che saltella da una presentazione all’altra con l’ansia dell’esserci e del farsi vedere. Con una neppure sottintesa autocertificazione: “Eccoci qua, siamo noi, siamo i romanzeros”. Soprattutto in Sicilia, dove “vanno forte i parrocchiani di Regalpetra, epigoni di Sciascia, forse. Preferiscono un Mare di libri, Il mare color dei libri (titolo sciasciano, appunto), Marine di libri, o anche solo Tramonti di parole (mai definizione fu più azzeccata) in riva al mare. Per dire, alle Egadi, tre isole, solo a luglio ci sono state due rassegne letterarie. Una a Marettimo dedicata a Libri e letture di qua e di là del mare, decima edizione. L’altra a Favignana dedicata al noir e intitolata Come è profondo il mare, terza edizione. Un cartellone che prevede, manco a dirlo, “cultura e divertimento anche per coloro che sceglieranno Levanzo”, specifica Francesco Forgione, sindaco delle Egadi. In programma a Levanzo tre scrittori e tre libri. Prosit”.
E in questo eterno festival vanno forte ovviamente gli arruffoni, i fanatici, i complottisti, i retroscenisti, i pescatori di frodo dentro il vasto mare della storia. In particolare le tante anime belle che giustificano gli anacoluti con l’impegno morale. “Poca fatica, molti strafalcioni”, prosegue Maria Pia Farinella. “Alcuni svarioni fanno scuola, vengono ripetuti nel tempo. L’identificazione del capitano Bellodi – protagonista de Il giorno della civetta di Sciascia, primo romanzo italiano a parlare esplicitamente di mafia – con il generale Dalla Chiesa sopravvive ancora nelle cronache letterarie e non. Nonostante la pubblica smentita di Sciascia che ribadì di essersi ispirato al suo amico Renato Candida, anche lui ufficiale dei carabinieri, di stanza ad Agrigento già negli anni Cinquanta. Sempre in Sicilia, tema per eccellenza della narrativa italiana, c’è chi si illumina di Gattopardo e nella luce riflessa vede un’inedita tigre dal pelo rosso proprio nello stemma tanto caro al principe di Lampedusa. Chi ha costruito una saga familiare nell’isola distrutta dalla seconda guerra mondiale. Immaginando un’inverosimile fabbrica di biciclette su un pizzo di montagna abbandonato da Dio. Un romanzo storico, senza la storia”.
Le perle si sprecano. C’è la candidata allo Strega che, scrivendo delle Memorie di Adriano, capolavoro di Marguerite Yourcenar, non sa decidere se siamo di fronte a un thriller o a un giallo. E c’è la vispa fanciulla siciliana che, non sapendo scegliere tra il teatro delle bambole e le tarantelle del suo amico del cuore, ha finito per scarabocchiare alcuni fogli bianchi con un intruglio di cucina e ora piritolleggia come scrittrice dalle Alpi a Marzameni. Todos romanzeros. E anche todos caballeros.