E’ vero, qualcuno è tornato a casa. Come il boss dell’Uditore Francesco Bonura, condannato a 23 anni per associazione mafiosa: la pena sarebbe scaduta fra nove mesi (per via di uno sconto), ma nel periodo trascorso in carcere, a Opera, ha avuto un cancro al colon e subito parecchi cicli di chemioterapia. Così, alla sua veneranda età (va per i 79), è stato “graziato” da un magistrato di sorveglianza del Tribunale di Milano e posto ai domiciliari – tecnicamente si chiama differimento della pena – nella sua Palermo. Definito un mafioso “valoroso” dal pentito Buscetta, ha controllato a lungo i lavori pubblici e gestito il racket. Poi c’è Santo Porpora, di Monreale, che aveva accumulato 10 e 8 mesi per effetto di due sentenze che lo volevano al centro dei rapporti della mafia italoamericana (in qualità di pusher) e coinvolto nella riorganizzazione del mandamento di San Giuseppe Jato. E’ stato scarcerato per il “trattamento inumano e degradante” subito all’interno del penitenziario di Caltanissetta.
La sorte dei due prigionieri di lusso, il primo sottoposto addirittura al “carcere duro”, in regime di 41 bis, ha dato adito a parecchie ricostruzioni. Una, quella dell’Espresso, ha frantumato le certezze di Matteo Salvini, leader della Lega ed ex Ministro dell’Interno, che dopo aver rilanciato la polemica su Facebook, si è accomodato nel salotto buono di Mario Giordano, su Rete 4, per fare leva sull’indignazione e intorbidire un clima già teso: la teoria di Salvini è che anche “pericolosi mafiosi” (della partita fa parte Vincenzino Iannazzo, ritenuto boss della ‘ndrangheta) potessero usufruire dello stato di emergenza Covid-19, e della vita impossibile all’interno delle celle, per tornare in libertà. Sulla stessa lunghezza d’onda il pm della Trattativa Stato-Mafia, Nino Di Matteo, ha definito le scarcerazioni dei boss come “una ulteriore grave offesa alla memoria delle vittime e all’impegno quotidiano di tanti umili servitori dello Stato. Lo Stato sembra aver dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della trattativa. Sta dando l’impressione di essersi piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte” in carcere, all’inizio dell’emergenza Coronavirus.
Il provvedimento “liberi tutti”, secondo Lirio Abbate dell’Espresso, tornerebbe utile agli ultrasettantenni, compresi quelli del 41 bis, che non avrebbero potuto beneficiare di pene alternative. Tra i mafiosi in odor di liberazione, ci sarebbero 74 boss, tra cui Nitto Santapaola, condannato per diversi omicidi fra cui quello del giornalista Giuseppe Fava. L’equivoco – perché tale si è rivelato – è stato generato da una circolare inviata il 21 marzo scorso dal Dap (il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ai direttori delle carceri, in cui li si invita a “comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”, il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell’amministrazione penitenziaria e, inoltre, i nomi di tutti i detenuti che superano i 70 anni.
“La pazienza è esaurita. Io non ci sto. Una vergogna che va fermata dentro e fuori il Parlamento”, ha detto Matteo Salvini, appellandosi pure al Quirinale: “Ricordo che il Presidente Mattarella l’ha pagata sulla sua pelle la lotta alla mafia. Non è possibile che escano i mafiosi”. Ma oggi il Dap ha spento le fiamme prima che divampassero: non è stata diramata, infatti, “alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’art. 41 bis. Quella inviata il 21 marzo scorso agli istituti penitenziari è una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età”. Si tratta di “un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”. Per Salvini un altro buco nell’acqua. Per l’Italia solo un pericolo scampato.