Ancora una volta la sanità risveglia appetiti difficili da tenere a freno. La nuova gara d’appalto bandita dalla Centrale Unica di Committenza, per affidare il servizio di vigilanza nelle Asp, vale 137 milioni di euro. Il triplo rispetto a sei anni fa. Ma l’incombenza della campagna elettorale, un periodo solitamente propizio per mettere a segno manovre clientelari di ogni tipo, ha scatenato le ire del Pd. Così come l’affidamento da parte del Cas del servizio anti-incendio nelle gallerie: il nuovo bando, secondo il deputato dem Nello Dipasquale, è simile a quello costato quattro misure cautelari da parte della Direzione investigativa antimafia. Da qui la nuova richiesta: ritirate tutto.
E’ il destino infausto degli appalti siciliani, da sempre nel mirino di affaristi spregiudicati che beffano un’amministrazione, talvolta, fin troppo permeabile. Il filone della sanità è il più ricco: risale al 2020, l’anno della pandemia, la mega inchiesta della Guardia di Finanza per un presunto giro di tangenti in relazione ad appalti per oltre 600 milioni che portò in carcere (fino all’ottobre scorso) l’ex manager dell’Asp di Palermo, nonché primo commissario siciliano per l’emergenza Covid, Antonio Candela. Il quale, in primo grado, è stato condannato a 6 anni e 8 mesi. Una condanna un filo più morbida (6 anni e 6 mesi) fu inflitta all’ex responsabile della CUC regionale, Fabio Damiani.
Nel mirino dei magistrati finirono quattro procedure a evidenza pubblica aggiudicate a partire dal 2016: per la gestione e manutenzione di apparecchiature elettromedicali, per la fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione di impianti tecnologici, e persino per i servizi di pulizia (quest’ultima dal valore di oltre 227 mila euro). “Le spregiudicate condotte illecite – spiegarono le fiamme gialle – garantivano l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5% del valore della commessa aggiudicata”. L’inchiesta “Sorella Sanità” ha avuto un sequel (con altre dieci misure cautelari) nell’autunno scorso, ma certe abitudini sono dure a morire. E al netto dell’aspetto penale, quasi sempre presente, svelano un malcostume sempre più diffuso.
Di sanità si continua a parlare anche oggi. E’ stato il segretario del Pd Anthony Barbagallo a rivelare alcune perplessità molto forti sull’appalto da 127,8 milioni di euro per l’assegnazione dei servizi integrati di vigilanza armata nelle aziende sanitarie siciliane. “Un boccone da oltre 130 milioni, i cui termini – guarda un po’ – scadono proprio a ridosso delle elezioni amministrative siciliane”, ha spiegato Barbagallo, annunciando un’interrogazione del Pd all’Ars. “C’è una mega torta da spartire in ballo con questa gara d’appalto, suddivisa in 18 lotti territoriali – spiega – su cui però c’è il rischio concreto di favorire alcuni operatori economici rispetto ad altri, soprattutto quelli più grossi sarebbero avvantaggiati a danno delle piccole e medie imprese”. Per i diversi lotti sono previsti identici servizi, stessi costi orari posti a base d’asta, stessi requisiti di partecipazione, uguali criteri di valutazione e di aggiudicazione. “C’è tempo per i chiarimenti da parte degli operatori economici – dice Michele Catanzaro, capogruppo PD all’Ars – fino al 18 maggio ma fin d’ora chiediamo di annullare in autotutela la gara procedendo ad un nuovo bando disponendo che, pur potendo partecipare ai diversi lotti, la partecipazione in raggruppamenti temporanei da parte degli operatori economici debba essere sempre nella stessa composizione”.
La Regione ha fatto sapere che è tutto apposto: “Il bando di gara risulta pienamente conforme alle normative vigenti”, recita una nota dell’assessorato all’Economia. “I requisiti di accesso alla procedura, stilati dalla Centrale unica di committenza regionale, rispondono ai principi di trasparenza e buon andamento e hanno lo scopo di assicurare che gli operatori di mercato partecipanti alla gara possano garantire adeguate capacità e prestazioni in linea con le esigenze delle strutture sanitarie. Per altro verso, la divisione dell’appalto in 18 lotti risponde al principio di suddivisione dell’offerta che favorisce così la partecipazione anche di piccole e medie imprese. Gli uffici di via Notarbartolo, in ogni caso, stanno approfondendo la possibilità di introdurre modifiche nell’ambito delle variazioni dei raggruppamenti di impresa, fissando limiti ancora più stringenti, al fine di garantire il rispetto del limite di aggiudicazione di tre lotti per ciascun partecipante”.
L’altra vicenda che tiene sulle spine il governo è quella riguardante il Consorzio Autostrade siciliano, che ha ripubblicato la gara per l’assegnazione del servizio anti-incendio nelle gallerie della Palermo-Messina e della Messina-Catania. C’è un precedente: qualche mese fa la Direzione investigativa antimafia (DIA) ha disposto delle misure cautelari nei confronti di quattro persone, tra cui un dirigente del Cas in pensione, per concorso in turbata libertà dei pubblici incanti. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, hanno fatto emergere come nel 2020 gli indagati abbiano posto in essere una serie di collusioni turbando il procedimento di formazione del bando di gara (dal valore di 10 milioni circa). Attraverso le loro condotte, erano riusciti a far sì che il contenuto fosse strutturato in maniera tale da indurre la stazione appaltante ad individuare il contraente in un’Ati già determinata.
Oggi, la situazione non appare molto differente. Anzi. “Il nuovo bando – spiega il deputato del Pd, Nello Dipasquale – è identico a quelli precedentemente ritirati che sono stati all’origine delle recenti inchieste. È cambiato l’importo, adesso il valore della causa è di 12 milioni per 12 mesi di servizio, e – spiega Dipasquale – sono aumentati i presidi che da 14 sono diventati 23. Ma nulla è cambiato quanto agli stringenti criteri di partecipazione che ci avevano portato a chiedere la revoca del bando nelle precedenti occasioni”.
Scendendo nel dettaglio, “su ben 75 punti di valutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico, ben 17 sono legati all’esperienza dell’operatore economico e così come congegnato – prosegue il deputato – il bando finisce per agevolare in maniera spropositata l’operatore economico uscente. Una scelta del genere non può che apparire paradossale. Si revochi l’appalto e si consenta, ad esempio, mediante la suddivisione dell’appalto in lotti, una partecipazione nel rispetto dei più ampi criteri di concorrenza. Diversamente ci vedremo costretti a segnalare nuovamente gli atti alle autorità competenti”. A parziale rettifica è intervenuto l’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, spiegando che “la revoca in autotutela del nuovo bando, firmato dal presidente Filippo Nasca, porta la data del 2 maggio scorso, quindi ben dieci giorni fa. Dipasquale non si prenda meriti che non ha pur di screditare il lavoro altrui, l’attuale CdA del Cas ha agito a tutela dell’ente molto prima rispetto all’intervento di Dipasquale mirato soprattutto ad alzare un inutile polverone”. Resta il fatto che nessuno riesce a congegnare questo bando.
Il governo in questi mesi ha dovuto ovviare a un altro pasticcio, relativo a un bando (approntato in maniera un po’ troppo superficiale) per la riscossione dei tributi negli enti locali siciliani. Il cosiddetto appalto senza gara, segnalato all’opinione pubblica dal presidente dell’Antimafia Antonello Cracolici, che ha consentito a cinque distinti operatori di accaparrarsi i cinque lotti dell’appalto. Valore: mezzo miliardo di euro. L’Avviso era stato emanato dall’Ufficio speciale – Centrale unica di committenza per l’acquisizione di beni e servizi dell’assessorato all’Economia (durante l’epoca di Gaetano Armao). A evitare il possibile eco dello scandalo è stata la decisione dell’assessore al Bilancio, Marco Falcone, di sospendere la procedura d’affidamento “per valutare attentamente ogni aspetto utile a verificare la linearità dell’iniziativa a garanzia dei principi di trasparenza e di libera concorrenza e, ove fosse necessario, a procedere all’annullamento della gara”.
Insomma, in Sicilia non c’è un appalto che nasconda un trucco, una magagna, un errore. Per Cannes, pensate, l’appalto non s’era neanche fatto. Qualcuno, all’insaputa di Schifani, aveva scelto l’affidamento diretto da 3 milioni e rotti per organizzare una mostra fotografica all’Hotel Majestic, in Costa Azzurra durante il Festival del Cinema in programma a fine maggio. Altrove sarebbero volate teste. Alla Regione hanno scambiato le deleghe dei due assessori di Fratelli d’Italia. E tutti amici come prima.