Così è davvero impossibile. Se diventassero definitive le condanne finora emesse avremmo il “mandante” della trattativa Stato-mafia assolto e gli esecutori condannati.
Calogero Mannino è stato scagionato in primo grado. Secondo l’accusa, sarebbe stato l’ex ministro democristiano, temendo per la propria vita, ad attivare gli amici carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe Del Donno per fermare la scia di morte.
Il punto è che Mannino e i carabinieri sono stati processati separatamente. Il giudice per l’udienza preliminare Marina Petruzzella scrive una cosa, la Corte di assise presieduta da Alfredo Montalto sostiene l’opposto basandosi su “una valutazione logica dei fatti”. Una “valutazione logica dei fatti”, di per sé dunque personale, che rende illogica e disorientante la giustizia.
Le motivazioni delle condanne della Trattativa sono piene di passaggi che cozzano con altre sentenze. Dalla mancata perquisizione – anno 1993 – del covo di Totò Riina in via Bernini, a Palermo, alla fuga concessa a Bernardo Provenzano che si nascondeva, nel 1995, nelle campagne di Mezzojuso. La Corte di assise non entra nel merito dei processi chiusi con delle assoluzioni, ma inquadra gli episodi in quel ragionamento che conduce ad affermare che Trattativa ci fu. Come dire, sotto la luce della Trattativa ogni cosa trova una spiegazione. Nella margherita delle verità, tutte plausibili, alla fine resta il petalo che tutto postula e tutto spiega. È il metodo deduttivo della giustizia dove si raggiunge una conclusione muovendo da una premessa, dentro cui quella conclusione è però implicita.
Basta leggere quanto viene scritto sulla morte di Borsellino per avere chiaro il concetto. I giudici della Corte di assise, in sostanza, ritengono che potrebbe essere stata la Trattativa ad accelerare il compimento della strage di via D’Amelio. Una conclusione per esclusione. La Corte, infatti, non ha ritenuto che la mafia avesse deciso di uccidere il magistrato per l’indagine “mafia e e appalti” a cui stava lavorando nel luglio del ’93. A questo punto l’unica risposta plausibile è che Borsellino avesse scoperto il dialogo segreto fra boss e istituzioni, la cui esistenza viene data per certa.
Poche settimane fa a Caltanissetta, nel processo Borsellino quater che ha sbugiardato pentiti e magistrati, un’altra Corte di assise è giunta alla conclusione opposta. Fu l’inchiesta “mafia e appalti” a provocare la morte di Borsellino. Così è davvero impossibile orientarsi.