Non basterà l’incontro fra Musumeci e Miccichè – in programma oggi al PalaRegione di Catania – per appianare le divergenze all’interno della coalizione, archiviare la crisi appena nata e riprendere a duettare come se nulla fosse. Al netto dei rapporti personali fra i due leader, e delle fronde emerse all’Assemblea regionale, al momento il nodo rimane Forza Italia. Che è un universo complesso e represso da scelte che l’hanno condotta sempre più distante dall’azione di governo. Dietro il “dialoghi di più con i partiti” sbandierato da Miccichè a ogni intervista e/o occasione utile, si cela il malcontento profondo per le scelte del presidente della Regione, che in questi quattro anni, anziché rapportarsi col partito di maggioranza relativa, ha preferito schermarsi dietro la figura di Ruggero Razza e dei “quattro sciacalletti” che si annidano a palazzo d’Orleans.
Forza Italia, formalmente, esprime quattro assessori in giunta. Di cui un paio, però, appartengono ad altre “aree”. La nomina di Armao è figlia di un accordo romano con Berlusconi, e con la sua assistente Licia Ronzulli; per questo, di fronte all’ipotesi di un azzeramento, l’assessore all’Economia ha già cercato di perorare la propria causa, chiedendo il rispetto delle condizioni di partenza e la parola data all’anziano leader nel 2017. E poi c’è Marco Falcone, responsabile delle Infrastrutture, che oscilla fra la minoranza di Forza Italia (è anche commissario provinciale a Catania) e una posizione di assoluto prestigio nel cerchio magico del governatore; più che al partito risponde a Musumeci, che non vorrebbe mai disfarsene. Al netto di una copertura diffusissima a Sala d’Ercole (con 14 deputati, è seconda solo al Movimento 5 Stelle), Forza Italia gode di due assessori veri: Scilla e Zambuto.
Per questo proverà a forzare su una casella – la sanità – chiedendo la rimozione dell’ostacolo Razza. Miccichè ha già ottenuto che l’assessore non partecipasse al bilaterale di oggi a Catania. In realtà pretende che sia rimosso da piazza Ottavio Ziino, dove ha provocato parecchi problemi (secondo il vicerè berlusconiano). Micciché, dopo la rinuncia di quattro anni fa, quando cedette alla richiesta di Musumeci di amministrare l’assessorato più ambito e più ricco, ha ammesso il proprio errore e promesso che non si ripeterà mai più. A questo punto non pretende di subentrare con un suo uomo – mancano pochi mesi al termine della legislatura – ma l’accantonamento di Razza è un prerequisito per tornarsi a fidarsi di Musumeci. Difficilmente la richiesta sarà esaudita. La crisi, aperta pochi giorni fa, potrebbe durare settimane. Fino alla rottura formale. Nel frattempo c’è sempre qualche brodino da somministrare.