C’è un po’ di tutto nel convegno sulle infrastrutture organizzato da Raffaele Stancanelli a pochi chilometri da Taormina, all’hotel Capo dei Greci. L’aplomb del padrone di casa, che fa la spola fra parterre e platea, e ha una buona parola per tutti (“Ma non vi dilungate troppo. Fate come me: al Parlamento europeo mi danno solo un minuto per parlare”); il volto sofferente di Giancarlo Cancelleri, che in questo periodo ha troppo di cui occuparsi (sulla camicia, però, resistono le iniziali del Movimento 5 Stelle); le battute di spirito di Gianfranco Micciché, che si prodiga in un abbraccio affettuoso col sottosegretario, come per sancire (per l’ennesima volta) la sua approvazione verso il modello Draghi; e il sindaco di Messina, Cateno De Luca, più infuocato delle temperature aride che si respirano all’esterno e che, nel corso dell’ultimo panel, si agita nel duetto con Marco Falcone.
C’è pure lui, l’assessore regionale alle Infrastrutture, che critica in maniera aspra la scrittura di questo benedetto Pnrr siglato dal governo Draghi: “Questo piano non finanzia, ma sostituisce risorse”, dice. Cogliendo in pieno lo spirito dell’iniziativa: denunciare la “distrazione” di dieci milioni a Sicilia e Calabria. Che verranno utilizzate per opere già finanziate: a partire dal raddoppio ferroviario lungo l’itinerario che va da Catania Bicocca a Palermo Centrale. Su ambedue le tratte: Bicocca-Catenanuova (già finanziata per 415 milioni); e Catenanuova-Fiumetorto (costo 6 miliardi, di cui 4,5 già finanziati): “Lo spirito del Recovery – spiega Falcone – è inserire delle opere con una progettazione già esecutiva che possano essere realizzate entro il 2026. Per questo, la scelta di escludere il Ponte sullo Stretto appare scellerata. Oggi c’è una novità: tutte le forze politiche condividono la strategicità di questa infrastruttura. Vale 8 miliardi e sarebbe possibile realizzarlo con una tecnica industriale stile ‘Lego’. Basterebbero quattro anni, dato che il progetto c’è già”.
Quello di Salini-Impregilo (oggi Webuild), che venne stoppato nel 2012 dal governo Monti e che – tuttora – il sottosegretario Giancarlo Cancelleri considera “non utilizzabile”. Ma non per un fatto ideologico. Cancelleri è uno dei grillini più ‘aperturisti’, ma “con le linee guida sulle gallerie varate dopo il crollo del ponte Morandi – dice ai cronisti a margine del convegno – quel progetto è fuori norma e andrebbe adeguato. Si perderebbero gli stessi anni per redigerne uno nuovo: che aspettiamo? Io sono pronto a lavorare da domani”. Quanto ci vorrebbe? “Secondo me dieci anni, a prescindere che si parli di una o più campate. E comunque sarebbe il simbolo di questo secolo”.
Falcone parla pure di reinvertire la rotta delle navi commerciali nel Mediterraneo, mettendo al centro il porto di Augusta. “I diritti dei siciliani sono stati mortificati. In questa terra non c’è una nuova opera pubblica ormai dal 2008. Questo Prr ha alcuni aspetti interessanti, ma è chiaro che si sarebbe dovuto fare molto di più. Col fondo complementare bisogna richiedere degli interventi correttivi. La Sicilia merita una compensazione”. De Luca gli fornisce alcuni dossier sul Cas – è uno dei momenti in cui il dibattito si surriscalda – lamentando i ritardi nella realizzazione degli svincoli di Santa Teresa di Riva e di Alì Terme, in provincia di Messina. Micciché, invece, fa l’uomo della pace: “Le infrastrutture non sono né di destra né di sinistra. Prima di pensare al Ponte, però, chiediamo che vengano completate tutte le opere rimaste a metà. Altrimenti finiremo col perdere soldi”. In apertura era intervenuta pure l’on. Giusy Savarino, presidente della commissione Ambiente all’Ars, nonché esponente di spicco di Diventerà Bellissima, il movimento di Musumeci. Che non è stato invitato e passa la giornata ad Ambelia coi suoi cavalli.
L’intervento che getta un’ombra sul futuro è quello del professore ordinario di Trasporti all’Università di Catania, Matteo Ignaccolo. Quello che col suo gruppo di studio, assieme ad altri professori di atenei siciliani e calabresi, ha suscitato la curiosità di Stancanelli: “L’attuazione di quanto previsto dal Pnrr determinerà il definitivo isolamento della Sicilia e di parte del Meridione, che saranno marginalizzati nella prospettiva di una moderna mobilità e rispetto al flusso delle merci che attraversano il Mediterraneo”. Una previsione nefasta che nemmeno il riferimento all’Alta velocità, prevista dal piano, riesce a zuccherare: “L’AVR di cui si parla, non è alta velocità come quella fra Roma e Milano, ma l’alta capacità di rete, cioè una tratta ferroviaria che serve a raggiungere una tratta ad alta velocità”. La beffa è tutta nell’acronimo.