Tanti centri, nessun centro

Il vicesegretario di Noi Moderati, Saverio Romano, in compagnia del segretario nazionale della Dc, Totò Cuffaro

Il centro, in Sicilia, rimarrà una folta enunciazione di principi – a tratti davvero noiosi – finché qualcuno non riuscirà a fare breccia sull’elettorato passivo, cioè quel 50% di cittadini che non ne vuole sapere di recarsi alle urne. Fino ad allora qualsiasi tentativo rimarrà vano e pagherà dividendi solo in termini di spartizione di poltrone. A tal proposito esistono tanti centri, quasi tutti all’interno della stessa area (il centrodestra) e dello stesso governo (quello di Schifani). Il più “giovane” – non per l’età anagrafica dei suoi interpreti ma perché è nato da meno tempo – è quello messo in piedi da Raffaele Lombardo, Roberto Lagalla e Gianfranco Micciché che, per rimanere ai principi, guarda anche “a obiettivi non riconducibili ad aree conservatrici” e aspira a rappresentare “i temi della solidarietà, dell’accoglienza, dei diritti. Il nostro movimento accoglie persone con sensibilità molto diverse. Di sicuro, le nostre radici affondano nell’autonomia e nel mondo cristiano-democratico”.

Parole pronunciate da Lombardo a Repubblica, mentre il tridente comincia a confrontarsi sul nome del movimento che, a meno di scossoni, dovrebbe svelarsi al pubblico il prossimo 22 marzo a Enna. Né Palermo né Catania, ma Enna. Dove il Movimento per l’Autonomia, sempre di Lombardo, aspira a ottenere la poltrona di presidente della provincia. Ed ecco la prima anomalia: l’ex governatore di Grammichele un partito ce l’ha già e non sembra avere alcuna intenzione di azzerarlo. Il Mpa parteciperà alla prossima competizione elettorale e si è appena affiliato con Forza Italia (dopo averci provato un paio di volte con la Lega) a livello nazionale. E’ stato riconosciuto da Tajani all’indomani del determinante contributo offerto alla causa di Caterina Chinnici, che all’ex magistrata è valso il seggio all’Europarlamento. Ma che ne sarà di questo Mpa se anche “Stella del Sud” – il nome abbozzato per l’esperimento del Lo-La-Mi – aspirerà a convogliare la medesima platea di elettori? Misteri che si scioglieranno col tempo.

Prima, però, bisognerà sgomitare perché il centro è una entità inesistente ma affollatissima. Nella dimensione siciliana, ci sono ancora due o tre partiti in grado di rappresentarlo. Il primo è la Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro. Lontana parente della Balena Bianca di pre-Tangentopoli, ma comunque in grado di affermarsi al Comune di Palermo e all’Assemblea regionale e di fare incetta – anche in questi giorni – di amministratori locali a tutti i livelli. Non ci si dimentichi che alle elezioni provinciali voteranno solo sindaci e consiglieri… Dicevamo di Cuffaro: il suo partito si fonda su un “progetto libero, moderato e rispondente alla voglia di generare un futuro pieno di valori” ed è rivolto a chi “ritiene fondamentali i valori cristiani, a difesa della famiglia e all’insegna della giustizia e della solidarietà”.

Ma c’è anche un altro centro, quello dell’ex ministro Totò Cardinale. Che non è un centrino né un centro qualsiasi, bensì “il luogo del confronto, della discussione, dell’ascolto, in cui si risolvono i problemi senza enfatizzarli” e “capace di muoversi sul terreno del riformismo laico, liberale, risorgimentale e cattolico”. E’ il posto ideale per il suo pupillo, Edy Tamajo, di affermarsi. E sia l’uno che l’altro, sia Cardinale che Tamajo, oggi credono che la sua circonferenza coincida col perimetro di Forza Italia. E’ stato il “manifesto di Mondello”, qualche settimana fa, a far scattare sull’attenti Renato Schifani: “Il Paese ha bisogno di un centro forte, capace di dettare l’agenda politica e di rappresentare al meglio il mondo produttivo e professionale – disse Tamajo -. Per farlo, Forza Italia deve proseguire il suo percorso di crescita, rimanendo fedele ai suoi principi ma aprendosi sempre di più al confronto con la società civile”. Evviva Edy.

Ma Forza Italia ha una propria connotazione, di centrodestra, che al momento (è finché Marina o Piersilvio B. non decideranno altrimenti) nessuno può mettere in discussione. Grazie all’apporto di due affluenti, Mpa e DC, alle ultime Europee è riuscita a costruire una grande casa, almeno nei numeri: gli azzurri, nell’Isola, hanno raccolto quasi il 24 per cento del consenso. Tra quelli che hanno votato, sia ben chiaro…

Un altro centro ancora è quello di Saverio Romano e di Noi Moderati. Che per la verità, in questi ultimi anni, si è un po’ arenato nella sua crescita. Tanto da non essere entrato all’Assemblea regionale siciliana (l’accordo elettorale con Lombardo portò in dote solo rappresentanti autonomisti). C’è riuscito qualche mese fa grazie alla conversione di Marianna Caronia, che ad oggi è l’unica rappresentante del partito a Sala d’Ercole. Non sapremmo dire in cosa si distingua il centro di Romano da quello di Cuffaro, di Tamajo o di Sammartino (che sotto il vessillo della Lega ha, però, un po’ oscurato le proprie radici centriste). I diretti interessati rispondono sempre uguale: cioè che ogni azione è la benvenuta finché riconduce gli elettori al proprio ovile.

Ma ci sono ancora due micro-partiti che vorrebbero prendere le misure a questo enorme recinto: uno è Italia Viva di Matteo Renzi, con l’on. Faraone che risulta l’unico e vero oppositore del governo di Schifani; l’altra è Azione, la creatura di Carlo Calenda che ogni tanto si affaccia in Sicilia per ricordare ai siciliani quanto siano sfigati a farsi rappresentare da questa classe politica. Solo che lui, pur avendoci provato, non riesce a farsi spazio nelle istituzioni, ma riesce a stento a farsi vedere nei teatri per mandare in scena le solite repliche, a tratti un po’ patetiche. Eppure, con un notevole sforzo d’immaginazione, anche l’ex europarlamentare e terzopolista convinto fa parte di questa grande famiglia: il Centro è talmente grande (e inconsistente) che ce n’è per tutti.

Alberto Paternò :

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