“Il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, vuole una posizione netta del Governo sul ponte sullo Stretto? Eccola: No. Piuttosto pensi alle infrastrutture fondamentali dell’isola”. Firmato Michele dell’Orco, sottosegretario alle Infrastrutture del governo gialloverde. Correva l’anno 2019. Se non fosse Dell’Orco del Movimento 5 Stelle e questo ritaglio di cronaca estratto da Twitter, la sua affermazione si potrebbe far risalire benissimo a venti o trent’anni fa. Quando il mito del Ponte sullo Stretto era ancora più o meno giovane (si iniziò a discuterne, quasi per scherzo, alla fine degli anni ’50).
E’ come se Dell’Orco fosse il sottosegretario di Di Pietro, ministro alle Infrastrutture del governo Prodi, quello mandato a casa da Mastella nel 2008. E invece no. E’ il sottosegretario del ministro Toninelli, collega di partito di Barbara Lezzi, l’attuale ministro per il Sud che giusto prima di Natale chiamò a raccolta sette sindaci della Sicilia orientale, del Ragusano e del Catanese, per comunicare che la superstrada Ragusa-Catania si sarebbe fatta: “Nella prossima riunione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), nella prima metà di gennaio, l’opera sarà approvata” esultava la Lezzi in diretta Facebook, altro segno del tempo che scorre impetuoso ma cancella, di pari passo, i buoni propositi sulle infrastrutture siciliane.
Ebbene, sapete cosa accade? Che il ministro Toninelli, collega di partito e di governo della Lezzi, che il 20 dicembre con altrettanta gioia salutava il principio di realizzazione dell’opera – per fare questi 68 chilometri discutono ormai da quasi vent’anni – scavallata metà gennaio si arma di taccuino e passa una nota alle agenzie. Per dire che il Cipe (il comitato interministeriale per la programmazione economica) ha presentato delle prescrizioni tecniche, non meglio precisate, rispedendo il fascicolo al Ministero delle Infrastrutture. Cancellando la gioia, le esultanze e le dirette Facebook di quel partito – il Movimento 5 Stelle – che sperava di intestarsi un cambio di rotta epocale su un’opera a cui nessuno crede più.
La Lezzi, per la cronaca, ha affievolito la sua dote d’ottimismo: “Quell’infrastruttura è fondamentale per quei territori, sia per consentire un maggiore sviluppo economico sia per garantire una maggiore sicurezza di chi viaggia su quella tratta. La sua approvazione è fuor di discussione e l’obiettivo concreto è quello di partire per i lavori di realizzazione entro l’anno”. A non convincere è la sostenibilità economica, e in modo particolare il costo del pedaggio che gli automobilisti dovranno pagare su quell’arteria (10 euro a tratta) che anche la Regione, con il suo inserimento, ha provato ad abbattere: 366 milioni d’investimento più 4 l’anno per far risparmiare chi la percorre.
Sulla statale della morte – non è un modo di dire: ma sull’attuale Ragusa-Catania gli incidenti sono all’ordine del giorno – è tornato anche l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone (“Il governo ci dica se intende costruirla oppure no”) che spinge per l’ingresso del Cas nell’affare. Oltre al neo sindaco di Ragusa Peppe Cassì, che dall’alto della sua flemma immensa, ha rimarcato che “ci faremo sentire”. Vabbè. Ma ciò che rimane negli occhi, e nella mente, è il grido d’esultanza della Lezzi, sui cui Toninelli è piombato come fa un canadair in caso d’incendio e ha spento tutto. Le promesse hanno le gambe corte come le bugie.
Son grillini. Gli stessi che dicono no al ponte (forse non hanno tutti i torti) e spingono per l’invio di un commissario – richiesto anche da Musumeci – che si occupi delle strade siciliane, che la cancellazione delle province ha reso impercorribili. “Le condizioni in cui versano le strade siciliane – affermava Toninelli non più tardi di qualche giorno fa – non possono che richiedere un intervento deciso, una soluzione emergenziale. Spesso i soldi ci sono, ma non vengono spesi. E questo è ancora più grave, anzi inaccettabile”. Già, non c’è nessuno che rediga i progetti. O che sblocchi gli appalti. Una questione su cui spesso la Regione o il Ministero non possono neanche mettere il becco. Ha fatto bene Alessandro Aricò, nel corso di un’intervista a Buttanissima, a chiedere l’intervento di un commissario, nominato da Roma, ma che goda veramente di poteri speciali. Perché la situazione è critica e lo stato è d’emergenza.
Su quanto la Sicilia sia impantanata nelle sue criticità ataviche – rimaniamo sul tema delle infrastrutture – lo testimoniano gli appelli disperati di Giusy Savarino, presidente della Commissione Territorio e Ambiente dell’Ars, che da alcuni mesi lotta con gli spettri della CMC, azienda del ravennate, concessionaria di un paio di snodi cruciali: la Palermo-Agrigento e la Agrigento-Caltanissetta, entrambi ridotti a cantieri. La CMC, che è in crisi, non paga le imprese siciliane, quelle sane, coinvolte nei lavori. Che così restano a metà. La Savarino, in assenza di risposte, chiederà di rescindere il contratto con il concessionario, ma promette che le due opere non rimarranno incompiute.
“Il vento è cambiato e noi non siamo più disposti a subire i ritardi e le inadempienze della CMC – ha detto la deputata di Diventerà Bellissima -. Non possiamo permettere che la crisi economica di questa società venga pagata dai siciliani, che già pagato fin troppo per una viabilità che non è nemmeno lontanamente prossima a quella delle regioni del Nord Italia! Con il presidente Musumeci abbiamo preso un impegno che vogliamo mantenere: la Palermo-Agrigento e la Agrigento-Caltanissetta non saranno opere incompiute”. Intanto continuano blitz e ispezioni per capire a che punto siamo. E mai nessuno, sotto l’elmetto dei lavori in corso, sfodera un sorriso.
E poi, in fondo a un tunnel che non abbiamo percorso nemmeno tutto (ce ne sarebbero di incompiute da segnalare, di ponti da mettere in sicurezza, di ferrovie arruginite), spunta lui. Il Ponte sullo Stretto. Che Musumeci indica come priorità. E Cracolici come il classico diversivo elettorale. Ma vale tutto e se ne parla: “Il Ponte di Messina non è un capriccio per la Sicilia ma una necessità – ha detto il governatore – Spero che tutti abbiano capito che l’approccio non può essere ideologico e spero che abbiamo compreso anche i più recalcitranti e i più diffidenti che il Ponte sullo Stretto è una necessità ormai non più rinviabile”. Anche per permettere l’installazione, in un tempo lontano, dell’alta velocità, ora ferma a Salerno. E che un giorno potrebbe approdare a Palermo, ma via mare è impossibile.
Eppure Dell’Orco non è d’accordo. Tappa la bocca a Musumeci e dice che il governo “sta facendo la sua parte con 2,8 miliardi di nuovi investimenti ferroviari”. Ma il presidente della Regione, che non è per i giochi pirotecnici ma raramente si piega, non se l’è tenuta: “Qualcuno spieghi allo sprovveduto sottosegretario che la realizzazione delle mega infrastrutture (autostrade, strade e porti) nelle regioni spetta al governo di Roma. Quanto alle ferrovie, si faccia portare il report sugli investimenti di Rfi degli ultimi dieci anni in Sicilia. E proverà vergogna. Alle infrastrutture secondarie stiamo pensando noi, con oltre 150 milioni di euro di interventi già progettati o appaltati solo nell’ultimo anno. Se i grillini non avessero dichiarato inutili le Province, centinaia di strade starebbero meglio”. Prove di dialogo sull’asse Roma-Palermo. In attesa di un ponte. E dell’ennesimo commissario straordinario in una regione-groviera.