L’idillio fra l’assessore regionale alle Attività produttive (nonché Mr. 121 mila preferenze alle ultime Europee), Edy Tamajo, e il suo partito, Forza Italia, si interrompe per venti giorni. Frutto della sospensione comminata dal collegio dei probiviri, che ha ritenuto Tamajo e Ottavio Zacco, consigliere comunale di Palermo, colpevoli di aver screditato il partito e Giorgio Mulè, attuale vicepresidente della Camera, durante un comizio elettorale a Mondello. L’artefice del discorso è stato Zacco, che il 7 maggio scorso, dal pulpito, lanciava a Forza Italia l’accusa di aver “utilizzato la Sicilia per fare diventare deputati solo dei camerieri, gente che non ha mai fatto politica, che non ha mai tenuto in mano un facsimile”. Il capogruppo di FI al comune di Palermo, poi, rincarava la dose, chiedendo scusa agli amici per avergli fatto votare “una persona alla Camera che l’indomani non solo si è scordato che è stato eletto in quel collegio, ma ha iniziato pure a fare la guerra al nostro gruppo e a questo territorio”.

Dunque l’appello: “Noi questo non lo possiamo più permettere – proseguiva Zacco, al fianco di Tamajo – adesso i consensi sono i nostri, gli amici sono i nostri e noi tutti insieme dovremo decidere chi ci rappresenta in Europa ed è Edy Tamajo”. Il fatto che lo stesso assessore abbia ripreso l’intervento di Zacco su Instagram, secondo i probiviri, comprova “la sua condivisione dello stesso e dei relativi contenuti”. La condotta dei due è stata ritenuta “evidentemente screditante non solo dei parlamentari di Forza Italia eletti nei collegi siciliani, ma anche dello stesso Movimento che selezionerebbe dei candidati del tutto incompetenti e ingrati verso il territorio”. Inoltre, “le condotte sopra censurate integrano a tutti gli effetti una violazione, oltre del principio generale di buona fede che deve presiedere in un consesso associativo, dell’art. 7 dello Statuto a norma del quale “ogni socio si impegna alla massima lealtà nei confronti di Forza Italia e a tenere comportamenti ispirati al rispetto della dignità degli altri soci”.

Il collegio dei Probiviri, accogliendo il ricorso presentato da Mulè, ha quindi comminato la sospensione a Tamajo e Zacco dal 1° al 20 settembre di quest’anno. Tamajo, che meno di due mesi fa aveva conquistato il trono di Bruxelles in versione ‘grandi numeri’, adesso si ritrova censurato dal suo partito che, al netto del provvedimento (e della sua limitatezza temporale), ha mandato un segnale chiaro e inequivocabile, oltre che di sostanza, all’ex renziano.

Tamajo, dalle elezioni dell’8 e 9 giugno scorsi, è riuscito nell’impresa di dover cedere il seggio all’Europarlamento a Caterina Chinnici per l’ordine di scuderia diramato dal segretario nazionale Antonio Tajani (scontentando una buona fetta del suo elettorato); e a non ottenere nulla da Schifani, avendo dovuto rinunciare all’assessorato alla Salute, con un conseguente upgrade, nell’ambito di un rimpasto tuttora congelato. Gli restano i piccioli delle Attività produttive e una “scomunica” che faticherà a togliersi di dosso.

Mulé: “Tamajo non sa chiedere scusa”

“Sì, ho letto il post mattutino dell’onorevole Tamajo. Noto che sia lui che il consigliere Zacco non hanno avuto alcuna forma di resipiscenza dopo la sentenza decisa all’unanimità dal collegio dei probiviri di Forza Italia. Un po’ come Fonzie che non riusciva a dire la parola ‘scusa’ che, da sola, farebbe decadere la mia iniziativa”. Intercettato a Montecitorio, Giorgio Mulè replica parlando all’Adnkronos all’assessore regionale alle Attività produttive della Sicilia, Edy Tamajo, sospeso per 20 giorni dal collegio dei probiviri di Forza Italia, insieme al capogruppo azzurro al Comune di Palermo Ottavio Zacco.

Tamajo, nella sua pagina Facebook, dopo la notizia circolata nelle scorse ore ha pubblicato un post che non chiarisce i fatti. “In merito alle notizie delle ultime ore – scrive l’assessore – abbiamo preparato il ricorso al provvedimento di sospensione, chiedendo la revoca immediata. Nel frattempo continuiamo a lavorare per la Sicilia, perché a differenza di altri non ho mai campato di rendita”.

Mulè così incalza ancora. “Me ne dolgo, non per me – dice – ma per tutte le persone che ho difeso con il mio atto e che sono state offese gratuitamente con affermazioni, cito i probiviri, ‘gravemente lesive della dignità (oltre che dell’onore e della reputazione) dei parlamentari eletti in Sicilia’ con una condotta ‘connotata da evidente slealtà nei confronti del Movimento’. Non so a chi si riferisce Tamajo – spiega – quando dice che, a differenza di ‘altri’, lui non ha mai ‘campato di rendita’. Certamente non poteva riferirsi a me. Io sono abituato a chiamare le cose con nome e cognome”. Il “dire e non dire” è “modalità che non appartiene al mio mondo e al mio modo di essere. Di sicuro è quanto di più lontano dovrebbe appartenere a chi, per dirla con Renato Schifani, ‘incarna pienamente i valori del partito’. E ora, mi scusi, ma devo incontrare due sindaci della provincia di Palermo alle prese con problemi seri. Siamo gente del fare, no? Le chiacchiere anche no”, taglia corto il vicepresidente della Camera.