Come diceva Gianfranco Funari, “Nun gna ‘a fà”. Gira attorno ai problemi, annuncia piani e contro piani, fa luccicare montagne di milioni e miliardi, istaura tavoli tecnici e cabine di regia, rassicura giornali e organi di stampa, ma alla fine del girotondo alza le mani e si arrende. Renato Schifani ha con le emergenze che affliggono la Sicilia – siccità, incendi, sanità, monnezza – lo stesso rapporto che la fattucchiera ha con la metafisica. Si illude di dominarle con gli scongiuri. O con la sola imposizione delle mani. In fondo trovare le soluzioni non gli interessa più di tanto. Lui – lo sanno pure le pietre – non è lì per governare le sventure di questa terra ma per amministrare il sottogoverno di una Regione che considera un feudo di sua esclusiva proprietà. Nominare campieri e sovrastanti è il gesto che lo diverte e lo esalta di più. Tutto il resto è noia.