Il teatrino siciliano della politica ormai produce solo macchiette. “Si placa l’ira di Schifani”, scrive Repubblica. E tu immagini che al centro del palcoscenico ci sia lui, il presidente della Regione, con gli occhi di fuoco e lo sguardo corvino, che legge gli attacchi del perfido Faraone e invoca vendetta, tremenda vendetta. Famigli e maggiordomo tentano disperatamente di inumidirgli la fronte e di ammansire i rancori. Ma lui, il Viceré, continua a battere i piedini sul solaio e a tambureggiare coi pugni sulle pareti. Tremano i mobili del trono e pure quelli della stanza accanto, dove pensa e traccheggia il Bullo. Arriva in aiuto anche Simona, la dama di corte, ma Sua Maestà non si ammorbidisce e con voce baritonale ripete: “Voglio la testa di Faraone e anche quella di Lagalla”. Altro che sceneggiata napoletana. Mario Merola non avrebbe saputo fare di meglio.