“Per quello che riguarda il caso di Leonardo la Russa, comprendo da madre la sofferenza del presidente del Senato anche se non sarei intervenuta nel merito della vicenda. Tendo a solidarizzare per natura con una ragazza che denuncia e non mi pongo il problema dei tempi”. Lo ha detto Giorgia Meloni, in conferenza stampa, a margine del vertice Nato, a Vilnius.
Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato tutte le chat della ragazza che ha denunciato di aver subìto violenza sessuale da Leonardo La Russa, figlio del presidente del Senato, Ignazio. Il quotidiano di Via Solferino ha riportato i messaggi scambiati dalla ragazza con una sua amica non appena svegliatasi nuda nel letto del terzogenito di Ignazio La Russa, dai quali emerge la confusione su quanto avvenuto la sera prima, il ricordo di aver assunto cocaina, la sensazione di essere poi stata drogata da qualcuno, forse con una sostanza versata di nascosto nel bicchiere. Insomma, si tratta di messaggi che possono essere interpretati in una miriade di modi, e spetterà ai magistrati verificarli alla luce dei dati e delle testimonianze effettivamente a disposizione. Ciò che colpisce, tuttavia, è la facilità con cui queste chat sono finite interamente sulle pagine di uno dei principali quotidiani del paese.
A diffonderle, secondo quanto ricostruito dalla Verità, sarebbe stato il legale della ragazza, l’avvocato Stefano Benvenuto, che avrebbe proposto la storia del presunto stupro a una corrispondente locale del Corriere, la quale avrebbe poi girato la pratica ai redattori milanesi. Probabilmente i quotidiani abituati a pubblicare le veline provenienti dalle procure ora evidenzieranno il fatto che a diffondere le notizie coperte da segreto sia stato un avvocato, e non un magistrato o un ufficiale di polizia giudiziaria come i critici della gogna mediatico-giudiziaria denunciano da tempo. La procura di Milano, a quanto pare, sarebbe intenzionata ad approfondire le cause di questa fuga di notizie. L’auspicio è che la stessa solerzia sarà usata in futuro di fronte a tutte le violazioni del segreto investigativo, anche se commesse dalle toghe.