L’interdittiva antimafia alla società Cosiam di Gela, che spinse al suicidio l’imprenditore Rocco “Riccardo” Greco, non doveva essere emessa. Lo hanno confermato i giudici del Tar di Palermo, che hanno accolto il ricorso della società: il risarcimento, però, sarà di appena 40 mila euro.
A distanza di quasi un anno e mezzo dal suicidio, è stato rimesso in discussione l’operato della prefettura di Caltanissetta che emise l’interdittiva. I giudici rimarcano “la colpa grave della pubblica amministrazione”, che “ha palesato un’attività istruttoria gravemente carente, tale da escludere in radice che la valutazione interdittiva si fondi su un quadro fattuale dotato dei requisiti minimi di attendibilità probatoria. Rocco “Riccardo” Greco era una vittima della mafia. Fu lui a raccontare i meccanismi e i boss del pizzo sulla raccolta dei rifiuti a Gela, ma divenne imputato per concorso esterno. La vicenda giudiziaria penale, da cui uscì assolto, fece perdere alla Cosiam il “certificato antimafia” e la conseguente revoca degli appalti pubblici.
L’iscrizione nel 2015 alla ‘white list’ della prefettura di Caltanissetta avrebbe dovuto imporre “all’amministrazione che intendeva emettere informativa negativa un obbligo motivazionale rafforzato quantomeno in ordine alla attualità degli indizi – che però risultano inesistenti – denotando sul punto un evidente difetto di istruttoria e di motivazione”. Il perito ha individuato un danno economico di 40 mila euro alla Cosiam: il risarcimento dovrà partire dal Ministero dell’Interno. I legali della famiglia Greco, però, si sono riservati di impugnare la misura perché durante i tre mesi durante i quali la società è stata senza certificazione antimafia ha perduto diversi appalti pubblici. Già il mese scorso il Tar del Lazio aveva annullato l’interdittiva. Greco si era tolto la vita il 27 febbraio 2019 con un colpo di pistola alla tempia. Aveva 57 anni.